I retroscena

Così un broker di Monopoli ha inguaiato i due fratelli Pisicchio: l'inchiesta sull'ex assessore parte dalle fideiussioni false

Isabella Maselli

Un dipendente della Regione tentò di depistare le indagini: «La Procura vuole le polizze? Gli do quelle del 1980...»

BARI - Avrebbero «spavaldamente architettato» di ostacolare l’inchiesta della Procura sulle polizze fideiussorie false nei procedimenti amministrativi di concessione per l’attività estrattiva e coltivazione di cave, cercando di inserire tra la documentazione richiesta alla Regione anche le pratiche più vecchie per appesantire l’attività di controllo, facendola diventare una «Babilonia». C’è anche il racconto di un tentativo di depistaggio nelle carte che hanno portato due giorni fa all’arresto di cinque persone (tra i cui i fratelli Enzo e Alfonsino Pisicchio).

La vicenda che documenta l’intenzione di alcuni indagati di impedire gli accertamenti degli inquirenti, coinvolge il broker di Monopoli Cosimo Napoletano (finito in carcere), l’ex funzionario regionale Vincenzo Rinaldi (non arrestato perché ormai in pensione) e la titolare di una agenzia assicurativa di Castellana Grotte, Grazia Palmitessa (interdetta per un anno).
In una intercettazione di luglio 2019 Rinaldi, all’epoca funzionario del Servizio attività estrattive della Regione Puglia, consapevole di un’indagine in corso, spiegava a Napoletano la sua «strategia» per non far «arrivare gli inquirenti da nessuna parte». «Avevo messo quelle del 1980-85... alla Procura dobbiamo mandare 2 milioni di polizze, che voglio vedere dove arrivano - diceva -. Hanno detto che le vogliono tutte? E noi dobbiamo mandare un milione di... Alla Procura più gliene mandi e più statt tranquill. Se ti hanno detto tutte, tutte devono essere... non quelle che ti piacciono a te» diceva ancora, perché «quelli - riferendosi agli investigatori - non sanno neanche quante sono, quindi si prendono quelle e finisce la storia, siccome vogliono tutte le polizze... che fin quando vanno a fare tutto il lavoro, insomma Babilonia capito?».

Quello delle polizze fideiussorie false è un capitolo rilevante dell’inchiesta, l’origine di tutti gli accertamenti. L’opera di falsificazione di Napoletano, hanno accertato le indagini della Finanza, «era tutt’altro che rudimentale», con tanto di «formazione anche di falsi indirizzi email, apparentemente riconducibili alle società assicuratrici, alle quali la Regione aveva inviato persino delle missive per avere conferma circa la genuinità delle polizze alle quali aveva risposto lo stesso Napoletano confermando falsamente la bontà della fideiussione, spacciandosi per un rappresentate della società assicuratrice (di cui era stato abusivamente speso il nome o contraffatto il logo)». In una occasione è stata persino accertata la «sottoscrizione per autentica di un sedicente notaio di Sofia», in Bulgaria.

L’indagine, partita a marzo 2019 dopo le dichiarazioni della dirigente regionale Barbara Valenzano (incidentalmente presidente del movimento politico «Senso Civico», lo stesso di Pisicchio) ha «disvelato - secondo la Procura - l’esistenza di un collaudato meccanismo corruttivo, trasformatosi nel tempo in un vero e proprio sistema, reso possibile grazie alla figura di Rinaldi che per un verso indirizzava gli imprenditori interessati ad ottenere concessioni e autorizzazioni per attività estrattive e erogazioni di contributi regionali ad avvalersi delle polizze contraffatte predisposte dal falso broker assicurativo Napoletano con la collaborazione di Palmitessa, dividendo poi con lo stesso i profitti illeciti derivanti dall’incasso dei premi delle polizze false». Il prezzo del presunto accordo illecito è stimato in 90mila euro, oltre ad un frigorifero e un computer. L’accusa, cioè, è di un «patto corruttivo stipulato a monte» tra il pubblico ufficiale Rinaldi e il broker Napoletano per omettere di effettuare i dovuti controlli sulle polizze false, truffando così la Regione per oltre 7 milioni e 700mila euro (la somma degli importi garantiti per il recupero ambientale). L’inchiesta ha documentato da luglio 2019 a gennaio 2020 almeno venti incontri tra Rinaldi e Napoletano, sempre di pomeriggio nel parcheggio di un centro commerciale, per fare il resoconto delle polizze fideiussorie emesse e da emettere nei confronti degli imprenditori procacciati da Rinaldi (secondo il giudice inconsapevoli del raggiro, sottoposti secondo gli inquirenti a «pressione ambientale»), gli illeciti compensi pattuiti tra i due e spettanti al funzionario regionale e la consegna materiale del denaro.

Da Napolitano l’indagine arriva poi ai Pisicchio perché il falso broker fornisce una fideiussione falsa alla Bv Tech, società che Enzo Pisicchio aveva aiutato a ottenere un finanziamento regionale da 18 milioni. Nella Bv viene assunto il figlio di Alfonso, e dalla società arrivano almeno 156mila euro per le attività politiche dei Pisicchio. Ma per il gip Ilaria Casu l’indagine non ha raccolto gravi indizi sulla consapevolezza dei due fratelli rispetto al meccanismo fraudolento.

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