il caso

L’Università di Bari «rompe» con Israele

Barbara Minafra

L’Ateneo non parteciperà al bando sull’Accordo di Cooperazione: il rettore Stefano Bronzini si è dimesso dal comitato scientifico della Fondazione Med-Or (nata su iniziativa di Leonardo Spa)

L’Università di Bari «ribadisce il ripudio della guerra nel rispetto dell’art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana» e prende ufficialmente posizione: all’unanimità ha deciso che «non presenterà progetti per il bando sull’Accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica tra Italia e Israele». Il rettore Stefano Bronzini, che si è dimesso dal comitato scientifico della Fondazione Med-Or (nata su iniziativa di Leonardo Spa; ndr), ha detto: «L’Università è per definizione luogo di dibattito e riflessione aperta alla collaborazione con studiosi e atenei di tutto il mondo ispirandosi sempre ai principi di Pace sanciti dalla nostra Costituzione».

LA PROTESTA- Bandiere palestinesi, megafono, striscioni e cartelli con su scritto: «Questa università non ci rappresenta. Studenti contro gli accordi con la filiera bellica!». Tra i corridoi e negli atri del Palazzo Ateneo di Bari, una trentina di ragazzi e ragazze di Cambiare Rotta hanno manifestato per diverse ore, aderendo alla manifestazione nazionale contro Israele in oltre 25 università. Hanno chiesto al Senato accademico di Uniba di sospendere tutte le cooperazioni scientifiche in corso e di non aderire al bando Maeci. In scadenza oggi, promuove progetti congiunti in tre ambiti di ricerca: tecnologie per suoli sani (ad esempio nuovi fertilizzanti, impianti del suolo, microbioma del suolo e altri); tecnologie idriche, tra cui trattamento dell’acqua potabile, delle acque industriali e fognarie e desalinizzazione dell’acqua; e ottica di precisione, elettronica e tecnologie quantistiche, per applicazioni di frontiera, come i rilevatori di onde gravitazionali di prossima generazione.

«Il bando in questione è solo la punta dell’iceberg. Basta complicità con aziende belliche, Israele e Nato. Boicottare è giusto» recitava uno striscione davanti alla Farnesina dove nel pomeriggio si è riunito uno dei tanti presidi di protesta.

All’Università di Firenze oltre 200 tra professori, assegnisti e dottorandi hanno sottoscritto un appello per chiedere di non aderire al bando. Così anche alla Normale di Pisa. Al Politecnico di Torino, gli studenti hanno organizzato un sit-in chiedendo la «rescissione immediata degli accordi con Israele, Frontex, Leonardo e tutte le aziende belliche». Alla Federico II di Napoli alcuni studenti hanno occupato il rettorato per dire «Basta agli accordi con Israele». Tre le manifestazioni contestuali ai Senati accademici: a Padova, Siena e Bari. Qui, Cambiare Rotta, che prima del Senato è stata ricevuta in delegazione e che dopo ha accolto con soddisfazione la delibera, ha scandito le ragioni della protesta attraverso un dossier. In 17 pagine ha elencato tutti i progetti in corso nei Dipartimenti Uniba e le ragioni per cui sarebbero “problematici”.

LA DECISIONE DI UNIBA - «Il Senato accademico – dice una nota Uniba - riaffermando il ruolo di Istituzione di formazione e di ricerca nella promozione della conoscenza, quale fondamento per la costruzione della Pace, rinnova con forza, alla luce della risoluzione Onu del 25 marzo e nel rispetto dei diritti civili e umani, la richiesta di cessare il fuoco per una pace giusta al fine di scongiurare l’ulteriore aggravarsi della situazione umanitaria in difesa delle popolazioni». All’unanimità ha deliberato anche: che sarà parte attiva nelle consultazione della Commissione Ue sulle Tecnologie dual use (cioè quelle che possono avere impieghi sia militari sia civili; ndr) in scadenza il 30 aprile; che supporterà attività finalizzate alla costruzione della Pace; che aderirà all’albo regionale degli operatori di partenariato, cooperazione internazionale e promozione della cultura dei diritti umani del 28 aprile; che candiderà Uniba al Programma UniTwin/Unesco Chairs; che promuoverà un Dottorato di Ricerca di Interesse Nazionale sui temi della pace e prevenzione dei conflitti.

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