Il caso

Bari, taroccava denunce e tamponi Covid: condanna a 5 anni per un militare

Isabella Maselli

Inflitte pene fino a 4 anni e 4 mesi di reclusione ad altri cinque imputati

BARI - Truffe assicurative, falsi tamponi Covid, certificati di malattia fasulli ma anche furti di auto, ricettazione di pezzi di ricambio e multe annullate agli «amici». C’è tutto questo nell’indagine della Procura di Bari che nei giorni scorsi si è conclusa con la condanna in primo grado di cinque persone e il rinvio a giudizio di un’altra trentina di imputati, tra cui anche alcuni carabinieri.

L’inchiesta, coordinata dal pm Baldo Pisani e delegata ai militari baresi, colleghi di alcuni degli indagati, è partita da verifiche su presunte false pratiche automobilistiche ottenute - secondo l’accusa - con la complicità di un appuntato scelto, il 44enne di Cellamare Francesco Vito Piccirillo, all’epoca in servizio, tra il 2020 e il 2021, nella stazione dei carabinieri di Conversano. Piccirillo, al termine del processo celebrato con rito abbreviato, è stato condannato a 5 anni e 2 mesi di reclusione.

Le presunte truffe assicurative sarebbero state messe in piedi dall’agenzia Squeo di Capurso, gestita dalla moglie di Piccirillo e dal fratello di lei, Maria e Vito Giuseppe Squeo (la prima condannata a 3 anni e 6 mesi, il fratello a 1 anno e 1 mese, con pena sospesa). Il presunto «falsario», Piccirillo, è accusato di aver contraffatto non soltanto le pratiche auto dell’agenzia della moglie, ma anche certificati medici e l’esito di tamponi Covid, per sé e per amici, «attraverso un minuzioso lavoro di “taglia copia incolla”». «Ti ho mandato via mail il certificato, gli metti il cinque sopra» diceva il militare alla consorte in una telefonata, e lei gli rispondeva: «Vedi che il certificato sembra tutto sporco e si vede che è stata aggiustata la data». In una occasione, con la complicità del fratello, all’epoca guardia giurata al pronto soccorso dell’ospedale Di Venere, avrebbe tentato di farsi refertare un falso incidente sul lavoro per ottenere il riconoscimento della causa di servizio. E, oltre a falsificare i certificati Covid, il 16 gennaio 2021 - risultato positivo - avrebbe violato la quarantena domiciliare. Avvisato dalla suocera telefonicamente del controllo a casa, mentre lui era uscito, Piccirillo le avrebbe risposto: «Potevi dire che stavo dormendo, hai visto i carabinieri, non aprire», per poi contattare il comando e inventare la scusa che si trovava in cantina.

Al procedimento sulle false assicurazioni se n’è aggiunto poi un altro su una presunta associazione per delinquere finalizzata a commettere furti di decine di auto e ricettazione di centinaia di pezzi di ricambio che ha portato, nello stesso processo con rito abbreviato, ad altre tre condanne: 4 anni e 4 mesi di reclusione per Annakatia Bari, 3 anni per Vito Cecere e 2 anni di reclusione per Patrizio Pistoia.

Vicende che, stando agli atti, rappresenterebbero solo la punta dell’iceberg di quello hanno scoperto, come un carabiniere accusato di aver derubato un detenuto che scontava i domiciliari all’interno della comunità terapeutica, rubandogli persino ciabatte e calzini o, ancora, la presunta frode sui pasti di cui un militare si sarebbe rifornito per tre mesi senza averne diritto e un ordine di una ventina di mascherine con il logo dei Carabinieri del valore di 50 euro mai pagate.

Privacy Policy Cookie Policy