25 novembre
Violenza donne, a Bari un grido che è una sfida: «Basta stare in silenzio»
La mobilitazione della società civile: troppe morti, ora stop ai femminicidi
BARI - Da qualsiasi prospettiva li si veda i numeri sono da brivido. Si passa dalle oltre mille denunce in meno di un anno presentate alla Procura di Bari per i reati previsti dal codice rosso, ai 130 casi di violenza gestiti dal Pronto soccorso di Bari in sei anni, fino alle quasi mille e duecento donne che hanno contattato il Centro antiviolenza del Comune da quando è stato attivato.
E nella stragrande maggioranza questi casi sono rimasti nell'ombra, confinati come dato statistico o nei faldoni di indagini e tribunali.
Poi ci sono le storie di cronaca nera, quelle che hanno insanguinato Bari e che nella «Giornata contro la violenza sulle donne» non si possono dimenticare, vittime che nessuno è riuscito ad aiutare. Da Santa Scorese uccisa nel 1991, con strascichi giudiziari che continuano a coinvolgere la sorella minacciata dallo steso stalker omicida; ad Anna Costanzo che ha perso la sua vita nel 2009; o Chiara Brandonisio massacrata a sprangate nel 2010; fino a Palmina Martinelli bruciata viva nel 1981 a 14 anni perché si era rifiutata di prostituirsi.
Vite di donne che non si devono dimenticare, attualissime nel loro dramma, tra carnefici che non hanno mai pagato per il loro crimine e altri che dopo dieci anni sono già fuori dal carcere.
«Questi drammi come quello di Giulia interpellano tutti noi e ci chiamano alle nostre responsabilità – sottolinea l'assessore al Welfare, Francesca Bottalico -, in particolare nei confronti dei più giovani, a quella responsabilità educativa che attraversa tutti i contesti, la famiglia, la scuola, i media, il mondo degli adulti, le istituzioni, la società. Perché nessuno è escluso ed esiste una responsabilità collettiva di comunità che si deve attivare per far sì che tutto questo non accada più».
Nel periodo tra il primo luglio 2022 e il 30 giugno 2023 la Procura di Bari ha ricevuto 1.016 denunce per i reati previsti dal «codice rosso», ovvero maltrattamenti, stalking, violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, aggressioni. Di questi, 625 sono stati definiti con richieste di rinvio a giudizio o archiviazione, 91 sono già arrivati a sentenza.
Su un binario parallelo l’impegno dei Cav su Bari: ad oggi ci sono state 1181 donne che hanno chiamato per richiedere aiuto o informazioni (il numero verde è 800.202.330). Di queste, nel 2022 sono state 199 mentre nel 2023 alla data del 22 novembre già 182.
Infine tra il 2017 e la metà di novembre di quest'anno sono 130 i casi di violenza transitati attraverso il Pronto soccorso di Bari, con il 65% donne e tra queste il 30% con violenza fatta da un marito, fidanzato o convivente.
Italiane, con una percentuale di straniere in crescita, di età molto variabile (le giovanissime insieme a donne anziane), è difficile tracciare un profilo di massima di quante si avvicinano ai centri antiviolenza. L’89% sono di nazionalità italiana. La fascia di età riguarda tutte senza alcuna distinzione, con varianti che oscillano dai 20 ai 60 anni e anche oltre. Il 35% sono sposate, il 60% mamme.
«Abbiamo notato – ha spiegato il questore, Giovanni Signer durante l'inaugurazione della panchina rossa all'interno del Cto – che anche le donne straniere iniziano a chiedere aiuto nonostante i retaggi culturali e la dipendenza economica assoluta: grazie al lavoro delle associazioni è aumentato il numero di quante si rivolgono alle forze dell’ordine».
«I dati in crescita e le loro caratteristiche devono essere trasformati in un appello alla responsabilità e all’impegno di tutti e tutte – conclude l'assessore Bottalico -, nella quotidianità quanto nella politica, nello sport, nel lavoro, nello spettacolo, nella formazione in ogni discorso sociale e culturale, a partire dai percorsi di autodeterminazione delle donne. L’educazione all’altro, al rispetto, alla parità di genere, alla libertà, alla capacità di rielaborare i fallimenti, le separazione, il rifiuto andando oltre stereotipi, l’oggettivazione del corpo della donna, le dinamiche di potere tra generi, deve passare in qualsiasi contesto e forma».
«Ogni occasione mancata nel fermare queste violenze è un'occasione che perdiamo nel dare alle donne un futuro dove possano vivere senza paura e agli uomini la possibilità di liberarsi da standard di comportamento aggressivi - afferma la presidente provinciale Acli Bari Bat, Flora Menolascina -. Ci viene chiesto, oggi, di guardare in faccia la violenza, anche se il contrasto alla violenza contro le donne in Italia sconta mancanze normative e politiche. Serve una strategia di lungo periodo per cambiare la società, a partire da interventi educativi e formativi, dentro e fuori dalle scuole cambiando il paradigma sociale e culturale in cui è radicata. Per questo proponiamo un minuto di rumore, per porre fine al velo omertoso che copre ogni forma di violenza».