la storia
A Bari una nuova vita: «Stavamo per affondare e oggi sono dottoressa»
Il racconto di una rifugiata irachena neo laureata in Scienze biologiche
BARI - C’è molto più di un diploma di laurea, nella tesi in Scienze Biologiche sui nuovi traguardi nella prevenzione dei tumori del colon retto. S., 30 anni, è irachena di nascita ma del suo Paese ricorda pochissimo se non quello che i racconti dei genitori le hanno consegnato. «Come me l’hanno descritto è bellissimo - dice - ma non so se mi piacerebbe tornare. Preferisco ricordare quello che mi hanno detto perché molte cose sono cambiate nel tempo, molti posti sono stati distrutti e non voglio rimanere delusa e rovinare i bei ricordi».
Un giorno, di incoscienza o coraggio, la giovanissima madre decise di fuggire dalla guerra, abbandonare tutto e affrontare un viaggio pericoloso «perché qualsiasi cosa sarà meglio di quello che ci lasciamo alle spalle». Oggi S. stringe la corona di alloro punteggiata di nastri e rose rosse, il titolo di dottoressa con tanta voglia di proseguire gli studi specialistici, e i risultati concreti di quella chance vinta con la mamma nella sfida con il destino e il Mediterraneo.
«Siamo partiti con una barca dalla Turchia ma durante il tragitto la nave ha avuto un guasto. È iniziata ad entrare acqua e il motore non ripartiva più. Chi guidava la barca ha abbandonato tutti utilizzando una piccola barca di scorta che c’era nel retro, lasciandoci nel nulla. Mia madre era l’unica che sapesse parlare la lingua inglese ed entrò nella postazione del comandante per chiedere aiuto. La prima Guardia Costiera che rispose è stata proprio quella italiana e poi sono stati loro i primi a soccorrerci. Nel frattempo entrava l’acqua in barca e piano piano incominciava ad affondare. Non appena hanno salvato tutti quelli che erano a bordo, dopo forse neanche dieci minuti, la barca è affondata».
A raccontarlo è lei stessa riportando alla mente migliaia di storie simili, in un’estate drammatica di sbarchi e naufragi. «Sono ancora incerta su tante cose, ma quel che so per certo è che dopo questa laurea di base voglio continuare a studiare» dice la neodottoressa. All’Università di Bari è la seconda rifugiata dall’Iraq a laurearsi, la prima del corso di studi in Scienze Biologiche e l’11° dal novembre 2019, quando il rettore Stefano Bronzini consegnò la pergamena al primo rifugiato ad aver completato il percorso di formazione triennale. Da allora altri 2 studenti hanno conseguito anche il diploma magistrale e altri 5 si sono iscritti a un corso di laurea di II livello.
Nel 2018, la giovane rifugiata si è rivolta al Centro di Servizio di Ateneo per l’Apprendimento Permanente per ricevere supporto nel percorso di integrazione accademica e servizi di scambio interculturale e mentorship erogati dall’Ateneo che ha una specifica Linea di Azione per le iniziative a sostegno di rifugiati e studenti con background migratorio e che nel 2019 ha sottoscritto il Manifesto dell’Università Inclusiva di Unhcr, con cui partecipa ai Corridoi Universitari per rifugiati in Kenya, Niger, Nigeria, Sudafrica, Uganda, Zambia e Zimbabwe.
Fondamentale per gli studi di S. è stata la borsa di studio finanziata dal Ministero dell’Interno e dalla Conferenza Italiana dei Rettori che presto pubblicherà il nuovo bando (sul sito www.tirocinicrui.it). «Le 100 borse di studio per titolari di protezione internazionale, finanziate dal Ministero dell’Interno e giunte ormai all’ottavo anno, rappresentano - raconta Francesca Decorato, responsabile dei Programmi di tirocini e borse della Fondazione Crui - un importante incentivo a proseguire gli studi nel nostro Paese per tanti giovani stranieri che fuggono da situazioni di estrema difficoltà. La Crui, Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, che coordina l’intero processo di selezione e di assegnazione delle borse, ha da sempre creduto nell’iniziativa e nel dovere dell’intero sistema universitario di impegnarsi per garantire il diritto allo studio a tutte le categorie di studenti e in particolar modo a quelle più svantaggiate. L’importante traguardo raggiunto dalla studentessa di Bari - continua Decorato - rappresenta un successo collettivo, a cui hanno contribuito numerosi attori a cominciare naturalmente dall’Università di Bari, che in questi anni si è distinta per la capacità di accogliere i giovani rifugiati e accompagnarli nell’intero percorso formativo, creando le condizioni migliori per consentire loro di portare a termine gli studi e di affrontare adeguatamente l’ingresso nel mondo del lavoro».
Per Fausta Scardigno, presidente del Cap Uniba: «L’impegno di Uniba a sostegno delle persone rifugiate continua anche per sostenere i nostri studenti internazionali attraverso servizi di valutazione delle competenze in un’ottica di lifelong learning. S. ha infatti già avviato con il Cap un percorso di messa in trasparenza delle sue competenze anche professionali che è a tutti gli effetti una delle iniziative della costituenda Retap Rete Regionale per l’apprendimento permanente. Il protocollo di rete sarà sottoscritto dall’assessore Leo e dal magnifico rettore Bronzini il 25 luglio alle 11.30 in sala Rettorato».