Il processo
Bari, le tangenti all’ex gip De Benedictis, Chiariello punta a dimezzare la pena
L’appello slittato a fine marzo: i difensori dell’ex legale cercano un accordo con l’accusa per scendere sotto i quattro anni
BARI - Le tangenti che l’ex avvocato Giancarlo Chiariello avrebbe pagato all’ex gip Giuseppe De Benedictis non avrebbero avuto l’obiettivo di favorire un clan mafioso, ma sarebbero state un grave errore - peraltro riconosciuto - da parte di quello che fino a due anni fa era uno dei più importanti legali baresi, e che dopo l’arresto di aprile 2021 ha definitivamente lasciato la professione. È su questo argomento che la difesa proverà a fare leva per tentare di ottenere, in appello, un sostanzioso sconto di pena rispetto ai 9 anni e 8 mesi che i due hanno rimediato in abbreviato a marzo 2022 dal gup Laura Liguori. Lo sconto e la cancellazione dell’aggravante potrebbero consentire a Chiariello di non tornare in carcere.
È per questo che le difese (avvocati avvocati Gaetano Sassanelli e Andrea Sambati per Chiariello, Gianfranco Schirone e Saverio Ingraffia per l’ex giudice) stanno esplorando la possibilità di arrivare a un concordato, l’equivalente di un patteggiamento in secondo grado. E la richiesta di rinvio del processo di appello, previsto ieri davanti al collegio guidato dal dottor Nicola Lariccia e slittato al 27 marzo, sembrerebbe indicare un tentantivo di trovare l’accordo con l’accusa (rappresentata dal sostituto pg Salvatore Cosentino). Chiariello (che ha sulle sue spalle anche l’indagine di Bari per reati fiscali) punterebbe infatti a non andare oltre i quattro anni.
Decisamente più difficile la situazione per De Benedictis, che è tuttora agli arresti domiciliari e che deve fare i conti anche con la condanna a 12 anni e 8 mesi per la detenzione di un arsenale (in questo caso l’appello è stato fissato al 31 marzo). L’ex gip, che in primo grado ha provato invano ad ottenere la seminfermità e l’attenuante della collaborazione, potrebbe se non altro puntare sulla rideterminazione delle pene in continuazione. L’inchiesta della Procura di Lecce fece emergere che Chiariello pagò almeno quattro tangenti per ottenere la scarcerazione di propri clienti: alcune delle dazioni sono state documentate dalle indagini dei carabinieri.
All’assoluzione piena mira invece Alberto Chiariello, 31enne avvocato figlio di Giancarlo, che in primo grado è stato condannato a 4 anni per concorso in corruzione in atti giudiziari. Il gup Liguori lo ha ritenuto intermediario consapevole degli scambi illeciti tra il padre e il giudice. La difesa sostiene invece il contrario, ovvero che il giovane professionista fosse all’oscuro degli accordi esistenti tra i protagonisti di questa storiaccia.