Il caso

Bari, morti al Policlinico per legionella: quattro indagati

Massimiliano Scagliarini

Sono il direttore generale Giovanni Migliore, e ad altri tre tra dirigenti ed ex dell’azienda ospedaliera universitaria

BARI - La mancata messa in atto delle prescrizioni della Asl di Bari e delle linee guida regionali in materia di legionella avrebbe provocato la morte di quattro pazienti, avvenuta in diversi reparti del Policlinico tra giugno 2018 e agosto 2020. È l’accusa che la Procura di Bari, con l’aggiunto Alessio Coccioli e il pm Grazia Errede, ha cristallizzato nell’avviso di conclusione delle indagini notificato al direttore generale, Giovanni Migliore, all’ex direttore sanitario Matilde Carlucci, e ai dirigenti Giuseppe Calabrese (vice direttore sanitario) e Claudio Forte (direttore dell’area tecnica): rispondono tutti di omissione di atti d’ufficio e morte come conseguenza di altro reato.
L’inchiesta portò nel novembre 2020 al sequestro con facoltà d’uso dei due padiglioni del Policlinico in cui, secondo l’accusa, si sono registrati i decessi per legionella, e all’interdizione (poi annullata dal Riesame a febbraio 2021) per Migliore, Carlucci (nel frattempo andata in pensione) e Forte. Per un quinto indagato, l’ex direttore amministrativo Tiziana Di Matteo (ora direttore generale della Asl Bat) la Procura ha chiesto l’archiviazione. Migliore, va detto, è stato nominato a settembre 2018, cioè tre mesi dopo il primo dei decessi contestati dall’accusa.

Tutto verte sul nesso causale tra la presenza della legionella negli impianti idrici dell’ospedale e i decessi dei pazienti, rapporto che i consulenti tecnici degli indagati hanno provato a smontare durante l’incidente probatorio svolto a dicembre davanti al gip Luigia Lambriola. Secondo i periti dell’accusa (Giulio Di Mizio, Emanuele Nicastri, Francesco Enrichens e Raffaele Maio), la correlazione è dimostrata in due casi ed è solo «probabile» negli altri due: ma non esiste certezza perché non è stato effettuato l’esame decisivo (la coltura batterica) che avrebbe permesso di capire se il batterio presente nei campioni ambientali è esattamente lo stesso rinvenuto nei tessuti dei pazienti deceduti. Il contagio sarebbe insomma avvenuto in ambiente ospedaliero, e si sarebbe sommato alle patologie pregresse che in alcuni casi erano di elevata gravità. Ma secondo le difese (Carmelo Piccolo per Migliore, Michele Laforgia per Carlucci, Roberto Eustachio Sisto e Maurizio Forte per Forte) la mancanza di elementi precisi non è sufficiente a stabilire il rapporto di causa-effetto tra infezione e decesso. La Procura ritiene però che i vertici del Policlinico siano stati inerti per oltre due anni, nonostante fossero stati messi a conoscenza del problema della legionella anche dal Dipartimento di prevenzione della Asl di Bari.
Il provvedimento di sequestro con facoltà d’uso dei padiglioni del Policlinico fu emesso dall’ex gip Giuseppe De Benedictis, poi arrestato nell’aprile 2021 per corruzione in atti giudiziari. E nelle carte dell’inchiesta di Lecce c’è traccia dei giudizi sprezzanti che De Benedictis esprime su Migliore.

Il 19 marzo 2021 una cimice registra De Benedictis che parla in auto con Antonio Serafino, sottufficiale dell’esercito condannato insieme all’ex giudice per le armi da guerra trovate in una masseria di Andria. I due parlano, a quanto sembra, di una terza persona che si sarebbe rivolta al magistrato per ottenere il trasferimento di un medico del Policlinico. De Benedictis: «Lui mi chiese un piacere, io gliel’ho fatto, poi glielo hanno revocato, dice: “Quello ti ha preso per il c...” Non è così». Serafino: «Di che cosa? Della patente?». De Benedictis: «No, di una dottoressa che voleva fosse trasferita che era... (...) Ed era stata trasferita, poi è stato revocato il trasferimento, e dice: “Quello ti ha fatto il piacere, prima l’ha trasferita e poi ha revocato”. Non è così (...). Quello che l’ha trasferita era il commissario straordinario Dattoli, l’ha presa e l’ha trasferita. Quel porco di Migliore, non appena ha preso possesso ha strappato tutti i provvedimenti, tutti i provvedimenti di Dattoli, li ha annullati, per metterglielo in c..., e quindi ha revocato anche quello della dottoressa». Il colloquio tra i due va avanti per un po’, fino a che De Benedictis conclude: «Vabbè, avrà fatto la revoca, tanto che ci vuole, una firma. Visto si revoca. Pezzo di m..., ma se mi capita sotto... Gli devo mangiare il cuore a quel bastardo di siciliano». Due mesi dopo queste parole l’ex gip firmerà il provvedimento di sequestro dei reparti e di interdizione del manager.

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