Il caso
Norman Atlantic, pene dimezzate: «In Grecia condanne a pene pecuniarie. Manca nesso tra condotte e naufragio»
Gli imputati per i quali il Tribunale del Pireo ha dimezzato le pene in appello trasformandole in multe - ha detto la difesa - sono Ioanni Verdinoyannis, Pavlos Fantakis, Georgios Katsavenaki e Lazaros Chatzavramidis.
BARI - In Grecia i principali esponenti della società Anek Lines, imputati per il naufragio del traghetto Norman Atlantic, hanno ottenuto pene dimezzate in appello, poi convertite in pena pecuniaria perché accusati di reati colposi, con sentenza diventata definitiva. Uno di loro, Dimosthenis Sotiropoulos, è stato invece assolto. Lo hanno fatto presente oggi al Tribunale di Bari gli avvocati Mario Scopesi e Nicola Scognamillo nel corso del processo per il naufragio avvenuto a largo delle coste albanesi nella notte tra il 27 ed il 28 dicembre 2014 e che causò la morte di 31 persone e il ferimento di 64 passeggeri.
«Il principio secondo il quale non si può essere giudicati due volte per lo stesso reato dopo una sentenza diventata definitiva è stato riconosciuto a livello di Unione europea con diverse norme - hanno fatto presente -. Il Tribunale italiano dovrebbe verificare se i fatti contestati siano gli stessi, come noi riteniamo. E poi, eventualmente, dichiarare il non doversi procedere perché esiste già una sentenza diventata definitiva in Grecia».
Gli imputati per i quali il Tribunale del Pireo ha dimezzato le pene in appello trasformandole in multe - ha detto la difesa - sono Ioanni Verdinoyannis, Pavlos Fantakis, Georgios Katsavenaki e Lazaros Chatzavramidis. Verdinoyannis, rappresentante legale di Anek, è accusato di naufragio e omicidio plurimo colposo con l'aggravante della colpa cosciente, per lui i pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano hanno chiesto nove anni di reclusione. Per Fantakis, supervisore a bordo della stessa azienda noleggiatrice, e Katsavenaki (legale rappresentante di Anek) la richiesta è di otto anni. Per Chatzavramidis, infine, la richiesta della Procura è di otto anni di reclusione.
«Non esiste un nesso di causa ed effetto chiaro fra la condotta dei nostri assistiti e gli eventi che hanno portato al rogo e al conseguente naufragio del traghetto Norman Atlantic». Questa in sintesi la posizione che i difensori degli imputati greci della società Anek Lines nel processo per il naufragio avvenuto a largo delle coste albanesi nella notte tra il 27 ed il 28 dicembre 2014 e che causò la morte di 31 persone e il ferimento di 64 passeggeri. I legali hanno chiesto ai giudici del Tribunale di Bari l’assoluzione dei loro assistiti.
L’avvocato Nicola Scognamillo è partito dalla posizione di Georgios Katsavenaki, legale rappresentante della società noleggiatrice del traghetto, per il quale i pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano hanno chiesto otto anni di reclusione con le accuse di naufragio colposo di nave adibita a traporto passeggeri, omicidio colposo e lesioni colpose. «Non esiste prova che le criticità della nave evidenziate dall’accusa fossero conosciute e fossero state accettate dal nostro assistito», dice il legale. All’imputato si contesta di aver consentito la partenza della nave in mancanza di un piano di carico, con il carico mal distribuito sul ponte quattro e nonostante condizioni meteo proibitive e un sistema anti incendio inadeguato. Su questo punto l’avvocato precisa che Katsavenaki «non aveva alcuna posizione di garanzia relativa al contratto di noleggio.
Inoltre non è mai venuto a conoscenza di eventuali criticità perché il suo ruolo non era farsi carico della soluzione di quelle criticità supposte dalla pubblica accusa». Per quanto riguarda invece Dimosthenis Sotiropoulos, assolto in Grecia con sentenza definitiva, l’allievo elettricista è accusato di naufragio colposo, omicidio e lesioni personali colpose con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. I pm gli contestano di non essere stato abilitato all’allaccio dei camion frigo alla rete elettrica della nave. «Contestualmente gli si contesta di non aver allacciato tutti i camion - prosegue il legale -. Siamo di fronte a una evidente contraddizione. In ogni caso nessuna delle condotte da lui seguite configura i reati contestati». L'incendio, secondo quanto emerso nel corso del processo, sarebbe stato causato dal motore accesso di uno dei camion frigo presenti a bordo, «non da collegamenti difettosi fra camion e rete elettrica della nave, fatto che avrebbe potuto coinvolgere l'imputato», dice il legale
L’avvocato Scognamillo ha chiesto anche l’assoluzione, perché il fatto non sussiste, per Georgios Touzloudis. Il cuoco di bordo è accusato di aver ritardato la distribuzione dei dispositivi di salvataggio durante le fasi di evacuazione della nave e di aver abbandonato il traghetto senza il consenso del comandante. «Durante la sua testimonianza il capo squadra del punto di riunione A, al quale era assegnato Touzloudis, ha raccontato che al momento dell’evacuazione l’area era già completamente distrutta dal rogo - ha detto il legale -. I passeggeri venivano raccolti dove possibile e non ci sono prove che l’imputato sia arrivato in ritardo». Ricostruendo le fasi concitate dell’evacuazione, il legale ha ricordato che «la gente si accalcava, tutti spingevano ed entravano nella lancia in maniera incontrollabile, senza aspettare le disposizioni del personale di bordo, che anzi veniva travolto dalla folla. Touzloudis potrebbe quindi essere stato anche lui travolto e spinto nella lancia», ha precisato. Per Pavlos Fantakis, supervisore a bordo della stessa azienda noleggiatrice, i pm hanno chiesto otto anni di reclusione.
L’avvocato Scognamillo ha ricordato che il suo ruolo era quello di «primo ufficiale in sovrannumero o super cargo». «Durante l’udienza dello scorso 29 marzo il comandante Giacomazzi ha raccontato che questa figura per l’equipaggio era un estraneo - ha detto l’avvocato -. Era prevista la sua presenza, ma non aveva alcuna responsabilità». Il suo compito sarebbe quindi stato di mera rappresentanza. Il legale ha infine chiesto l’assoluzione, già richiesta dai pm, per Cristos Laios.
«Non ci sono state ingerenze dell’azienda noleggiatrice rispetto all’armamento della nave e all’utilizzazione pratica della stessa». Lo ha detto l’avvocato Mario Scopesi, difensore del legale rappresentante di Anek, Ioanni Verdinoyannis, nel corso del processo per il naufragio della Norman Atlantic, avvenuto a largo delle coste albanesi nella notte tra il 27 ed il 28 dicembre 2014 e che causò la morte di 31 persone e il ferimento di 64 passeggeri. Verdinoyannis è accusato di naufragio e omicidio plurimo colposo con l’aggravante della colpa cosciente, per lui i pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano hanno chiesto una pena a nove anni di reclusione. Il legale ha spiegato che «non competeva a lui consentire o meno la partenza del traghetto, come recita lo stesso Codice della navigazione. E non ci sono tracce di interferenze nelle fasi che hanno condotto alla partenza da Patrasso». Infine non c'è stato «alcun incoraggiamento, da parte della società rappresentata dall’imputato, di prendere il mare nonostante le condizioni meteo difficili», ha evidenziato Scopesi. La prossima udienza è stata fissata il 4 gennaio 2023.