Il caso

Bancarotta, Giancaspro rischia 6 anni di carcere per il crac Finpower, ma «nessun ricatto mafioso»

Isabella Maselli

Per entrambi (l'altro è Giovanni Ferrara) è stata chiesta l’assoluzione per una delle contestazioni di bancarotta, relativa alla presunta distrazione di circa 3,4 milioni di euro

L’ex patron del Bari Cosmo Antonio Giancaspro rischia una condanna per bancarotta fraudolenta a 6 anni di reclusione. La vicenda, che nel settembre 2018 portò anche l’imprenditore molfettese agli arresti domiciliari, riguarda il fallimento della società Finpower. Giancaspro, a giudizio anche per il crac del Bari Calcio (il processo inizierà ad aprile 2023), è accusato di aver svuotato le casse della Finpower trasferendo circa 20 milioni di euro sui conti di altre società (sempre a lui riconducibili).

Il pm Giuseppe Dentamaro, che ha coordinato le indagini della Gdf con la collega Larissa Catella, ha chiesto quindi per Giancaspro - assistito dall’avvocato Felice Petruzzella - la condanna a 6 anni di reclusione e per il co-imputato Giovanni Ferrara (legale rappresentante della Finpower) 3 anni e 6 mesi di reclusione per la presunta falsificazione delle scrittura contabili inserendo debiti inesistenti.

Per entrambi è stata chiesta l’assoluzione per una delle contestazioni di bancarotta, relativa alla presunta distrazione di circa 3,4 milioni di euro, nel maggio 2013, versati nelle casse di Kreare Impresa (società della quale Giancaspro era pure amministratore). La Procura ha insistito, invece, per la responsabilità (contestata al solo Giancaspro) relativa alla dissipazione dei fondi aziendali, realizzata - secondo l’accusa - anche svendendo le quote della società a meno di un terzo del loro valore.

Giancaspro rispondeva anche di una presunta estorsione, risalente al novembre 2017, inizialmente contestata in concorso con Orlando Malanga, noto in città per essere l’ex gestore di fatto di Torre Quetta e del bar di Pane e Pomodoro e, anni fa, anche dei bar interni allo stadio San Nicola. L’imprenditore - ipotizzavano i pm - avrebbe istigato Malanga a «convincere» un creditore a rinunciare a un decreto ingiuntivo nei confronti del Bari Calcio. In particolare la Tds, una cooperativa di Bari che si era occupata dei parcheggi, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo da circa 30mila euro nei confronti della Fc Bari, salvo poi rinunciare - avevano documentato le intercettazioni - dopo l’incontro tra Malanga e il vicepresidente della ditta in un bar del quartiere Mungivacca. Da questa accusa, che era addirittura aggravata dal metodo mafioso perché si ipotizzava «l’appartenenza di Malanga a consorterie criminali» (stessa ricostruzione che negli anni scorsi ha portato alla interdittiva antimafia della società delle spiagge baresi, poi revocata e ad un lungo contenzioso con il Comune), Malanga era già stato assolto nel processo parallelo celebrato con rito abbreviato nel novembre 2019 e ora, al termine del dibattimento, è stata la stessa Procura a chiedere l’assoluzione anche per Giancaspro.

Si tornerà in aula il 6 dicembre per le arringhe difensive. Nel processo è costituita parte civile la curatela fallimentare Finpower, rappresentata dall’avvocato Francesco Rotunno.

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