Il naufragio
Bari, un drone sottomarino cercherà i marinai dispersi del «Franco P»
Se non dovesse riuscire a entrare nel relitto, dovrà «realizzare riprese quanto più vicino possibile»
BARI - Sarà un drone sottomarino a cercare le risposte sulle cause dell’affondamento del rimorchiatore «Franco P», avvenuto nella notte tra il 18 e il 19 maggio scorsi a 50 miglia dalla costa barese. E anche a tentare, a mesi dal disastro, di ritrovare i corpi dei due marittimi molfettesi ancora dispersi.
Prosegue intanto l’incidente probatorio disposto dal Tribunale di Bari sul pontone «AD3» che era agganciato al rimorchiatore al momento dell’affondamento e che dal giorno dopo è ormeggiato nel porto di Bari sottoposto a sequestro probatorio. Ma la perizia ora si estenderà anche al rimorchiatore affondato, che si trova sul fondo dell’Adriatico a mille metri di profondità.
Tra i sospetti degli inquirenti ci sono le ipotesi che il pontone fosse sovraccarico o che il rimorchiatore abbia avuto un cedimento strutturale dovuto a un urto oppure proprio alla fatica.
Nel naufragio morirono tre componenti dell’equipaggio (il 65enne Luciano Bigoni e il 58enne Andrea Massimo Loi, entrambi di Ancona, e il 63enne di origini tunisine e residente a Pescara Jelali Ahmed) e altri due risultano tuttora dispersi, i due marittimi pugliesi Mauro Mongelli di 59 anni e Sergio Bufo di 60 anni.
Nell’inchiesta della capitaneria di porto, coordinata dalla pm Luisiana di Vittorio, sono indagati per cooperazione colposa in naufragio e omicidio colposo plurimo il comandante, il 63enne siciliano Giuseppe Petralia, unico sopravvissuto al naufragio tra coloro che erano a bordo della imbarcazione affondata, gli armatori Antonio Santini e Stefano Marchionne, rispettivamente legale rappresentante e presidente della società Ilma di Ancona proprietaria del rimorchiatore e del pontone.
Scopo dell’incidente probatorio è accertare, tra le altre cose, «la regolarità delle procedure di rimorchio del pontone galleggiante» e «le procedure di sicurezza di soccorso messe in atto dagli equipaggi, in particolare a partire dal momento di lancio dell’allarme».
I nuovi accertamenti tecnici si svolgeranno nei prossimi giorni, condizioni meteo permettendo, e avranno l’obiettivo di indagare più a fondo sulle condizioni del rimorchiatore, su «eventuali deformazioni strutturali» ma anche - grazie all’utilizzo di un apparecchio sottomarino comandato da remoto (ROV) - di «ispezionare gli spazi interni e verificare l’eventuale presenza dei corpi dei due membri dell’equipaggio oggi ancora dispersi». Se il drone non dovesse riuscire a entrare nel relitto, dovrà «realizzare riprese quanto più vicino possibile - si legge nella scheda tecnica dei periti - in prossimità delle porte di accesso in sala macchine e nella tuga che risultano essere aperte».
Le riprese, che poi saranno usate per una ricostruzione 3D dello stato dei luoghi, dovranno riguardare anche le casse di zavorra a poppa con i dadi di serraglio e, soprattutto, quel che resta del sistema di rimorchio, le catene usate per l’aggancio del pontone, tagliate la sera dell’affondamento dall’equipaggio dell’AD3 per non essere risucchiati in fondo al mare dal rimorchiatore che, hanno raccontato i marinai che erano a bordo del pontone, testimoni oculati del naufragio, sarebbe andato giù in pochi minuti.