la tragedia

Bari, gara di velocità causò un morto: «Sconsiderati e irresponsabili»

isabella maselli

Omicidio stradale, ecco le motivazioni della sentenza di condanna dei due automobilisti

BARI - «Sconsiderati», «irresponsabili», «privi di senso civico». Sono queste alcune delle parole che la giudice Anna De Simone usa per descrivere il comportamento del 22enne Francesco Abbinante e del 25enne Giuseppe Oreste, presunti responsabili dell’incidente stradale, provocato durante una gara di velocità tra due auto nel centro di Bari, che la sera del 29 ottobre 2020 causò la morte del 34enne Onofrio Ricupero. I due sono stati condannati a settembre, al termine di un processo celebrato con rito abbreviato, rispettivamente a 8 anni e a 8 anni e 4 mesi di reclusione.

Nelle motivazioni della sentenza, depositate due giorni fa, la gup ripercorre la vicenda, ribadendo più volte le «manovre imprudenti e pericolose effettuate dagli imputati nel corso della gara di velocità». Secondo la giudice, che ha ritenuto le condotte di Abbinante e Oreste talmente gravi che «non appaiono meritevoli di concessione delle attenuanti generiche», condannandoli a pene più elevate di quelle che la stessa accusa aveva chiesto, «la dinamica del sinistro consente di escludere che si sia trattato di mere trasgressioni dei limiti di velocità, dato che la rapidità delle manovre e le modalità della marcia, che denotano una generale noncuranza delle regole cautelari imposte dalla normativa in tema di circolazione stradale, consentono di attribuire rilievo causale al contesto della gara di velocità rispetto agli eventi verificatisi».

L’auto sulla quale viaggiava la vittima, hanno ricostruito le indagini della Polizia locale coordinate dalla pm Chiara Giordano, venne travolta frontalmente su via Napoli da uno dei due mezzi in gara che durante una manovra di sorpasso invase la corsia opposta. «Che lo svolgimento della gara sia connotato dalla violazione di plurime regole imposte dal codice della strada - ricostruisce la sentenza - , tra cui l’omesso rispetto dei segnali di stop, delle precedenze, dei semafori proiettanti luce rossa, le numerose manovre azzardate di sorpasso con invasione della corsia avente l’opposto senso di marcia, e dalla notevole velocità tenuta dalle auto coinvolte, è comprovato dalle rilevazioni gps del sistema satellitare dei due veicoli, da cui emerge una velocità di marcia oltre i 130 km/h». A confermare la dinamica ci sono anche le immagini dei sistemi di videosorveglianza pubblici e privati lungo tutto il percorso, oltre alle dichiarazioni dei testimoni oculari. Guidavano «a folle velocità» hanno riferito i testimoni. I due, sintetizza la giudice, «non si sono limitati a superare notevolmente i limiti di velocità imposti dalla segnaletica stradale, ma hanno posto in essere manovre spericolate e altamente rischiose», «ma è la partecipazione a una gara automobilistica, condotta nel centro abitato, lungo una via intersecata da altre strade e in presenza di altri utenti, - secondo il Tribunale - a costituire la violazione della regola cautelare posta a presidio dell’incolumità e della vita delle persone».

Sulla omissione di soccorso da parte di Oreste, la sentenza evidenzia che «dileguandosi, si è dimostrato totalmente insensibile al tragico epilogo che la sua condotta aveva contribuito a determinare». «Dalla fuga e dall’omissione di soccorso stradale nell’immediatezza del sinistro - si legge nelle motivazioni - emergono l’assenza di resipiscenza e di senso civico».

I due sono in carcere da dicembre 2021. Oreste - ricorda la gup - «ha ammesso gli addebiti solo una volta che il fatto risultava pienamente provato e documentato, avendo in precedenza reso dichiarazioni false e pretestuose. Peraltro, a riprova dell’assoluta superficialità della condotta e mancanza di rispetto e spregio della vita altrui, nell’interrogatorio ridimensionava la propria condotta, definendola solo come una “bravata”, sminuendo il tragico epilogo ed esprimendosi con la frase “queste qua sono bravate alla fine ha portato a una cosa grave”». Abbinante, invece, nell’interrogatorio avrebbe mentito dicendo addirittura di essere stato tamponato dall’auto della vittima. Tutti elementi che «indicano - secondo la giudice - il totale dispregio delle regole, la superficialità della propria condotta e la totale sottovalutazione delle conseguenze della stessa, l’assoluto dispregio della vita altrui e del rischio cui si espone il prossimo (oltre che se stessi e i propri trasportati) con la propria condotta sconsiderata».

Oltre alla sospensione della patente per tre anni, i due sono stati condannati anche a risarcire le parti civili, i famigliari della vittima, moglie e due figli minorenni, i genitori e i fratelli di Ricupero, con provvisionali complessive di 500mila euro. Altri 5mila euro di provvisionale dovranno essere pagati all’altra parte civile costituita, l’associazione «Ciao Vinny», impegnata in progetti di sicurezza stradale.

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