L'INDAGINE

Conversano, dal sogno del parco a tema all’indagine per bancarotta

Massimiliano Scagliarini

La Procura: altra ipotesi di bancarotta dopo il crac PopBari. Nei guai Fusillo e Venerito

BARI - Dagli squilli di tromba di fine anni ‘90, a una inchiesta per presunti reati ambientali chiusa nel 2006. Quello che resta del progetto del parco a tema «Elementa», che sarebbe dovuto sorgere sulla strada provinciale tra Cozze e Conversano, è qualche vecchio comunicato stampa in cui si magnificavano i 300 posti di lavoro previsti in un luogo dove il «visitatore vivrà l’emozione di vedere tra l’altro un “vero”, grande vulcano in eruzione, ristorarsi alle sue pendici nella “Pizzeria del Fuoco” dove le pizze sono cotte nella “lava”, i piatti sono piccanti e i camerieri vestiti da diavoli e apprendere come si forgiano i metalli». Un esercizio di immaginazione che è al centro della nuova indagine della Procura di Bari nata dagli accertamenti sulla Banca Popolare di Bari: la presunta svendita del suolo su cui doveva sorgere il parco a tema avrebbe infatti contribuito al «crac» della Maiora, una delle società di Vito Fusillo.

Il pm Lanfranco Marazia contesta l’ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione all’imprenditore di Noci, 65 anni, in concorso con Donato Venerito, 73 anni, ex direttore generale della Bcc di Conversano e attuale presidente, al figlio Alessandro Venerito, 44 anni, e all’imprenditore agricolo Orlando D’Attoma, 45 anni. Al centro del fascicolo c’è la cessione del suolo del parco, 41 ettari a picco sul mare (fino a una grotta carsica) che a dicembre 2017 la Maiora di Fusillo ha venduto ad una società agricola appena costituita, la Masseria del Monte, per 500mila euro: la Procura di Bari ritiene che il valore del suolo sia in realtà non inferiore a 4,7 milioni di euro. Donato Venerito, per decenni ai vertici della Bcc di Conversano, è considerato l’«amministratore di fatto» della società agricola di cui sono soci il figlio e l’altro imprenditore: la banca locale al momento non è coinvolta nell’indagine (potrebbe risultare parte offesa), ma sono agli atti i finanziamenti concessi dalla Bcc a società della famiglia Fusillo per l’acquisto di altri immobili di pregio in zona. Chi indaga vuole chiarire se esista o meno un rapporto illecito tra le diverse operazioni. Sul suolo del parco era iscritta una ipoteca da 10 milioni a fronte di un finanziamento concesso a Fusillo dalla PopBari, ipoteca cancellata al momento della vendita. Che si perfeziona quando il parco a tema era diventato ormai irrealizzabile: dopo un sequestro disposto dalla Procura di Bari a seguito di un esposto di Legambiente, i permessi (rilasciati a seguito di una variante al piano regolatore del 2001) erano ormai scaduti. Il primo preliminare di vendita prevedeva per i suoli e la masseria un prezzo di 6,7 milioni, di cui appunto solo 500mila euro pagati come caparra. Somma che poi diventerà il prezzo definitivo una volta accertata l’impossibilità di far ripartire il progetto.

Il suolo di contrada Monte San Michele (su cui c’è anche una masseria di grande valore storico, sottoposta a vincolo) è al centro anche dell’azione revocatoria avviata dai curatori della fallita Maiora nei confronti della Masseria del Monte di Venerito. In quella sede, una prima perizia degli ingegneri Di Lalla e Quagliariello ha definito «manifestamente incongruo» il prezzo di vendita perché il valore corretto sarebbe di 4,4 milioni: è sempre possibile - secondo i consulenti - chiedere una nuova variante di piano regolatore per realizzare strutture turistico-alberghiere. L’imprenditore di Noci, però, sostiene che non sia questo il caso. «Si tratta - dice l’avvocato di Fusillo, il professor Vito Mormando - di un suolo che aveva perduto la propria vocazione originaria, non potendosi più realizzare il parco a tema. Per questo il valore era consistentemente diminuito. La società aveva interesse a realizzare liquidità e quindi ha inteso vendere all’unico offerente, e comunque la liquidità realizzata è stata destinata a parziale rientro dell’esposizione nei confronti di Bpb». In altre operazioni simili, la difesa ha già sostenuto che Fusillo era stato «costretto» dalla Popolare a svendere le proprietà immobiliari per tentare di ridurre il debito con la banca (arrivato a quasi 200 milioni) e quindi salvarsi dal fallimento. Ma nel 2019 sono saltate sia Fimco che Maiora, le due società di Fusillo, che poi hanno trascinato nel baratro anche la Popolare.

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