La mobilitazione

«Ripartiamo», sindacati in piazza anche a Bari. Lavoro, Bombardieri: «Bomba sociale, a rischio 2 mln di famiglie»

Redazione (foto Luca Turi)

Nel capoluogo pugliese l’intervento del segretario generale della Uil

«Bisogna fare attenzione, ci sono crisi e situazioni che rischiano di esplodere, dobbiamo evitare che questo diventi una bomba sociale a partire dal 1 luglio». Lo ha detto il segretario generale della Uil, Pier Paolo Bombardieri, a Bari per la mobilitazione nazionale «Ripartiamo, insieme» di Cgil Cisl Uil in tre piazze italiane (oltre Bari, Torino e Firenze). Il rischio di tensioni sociali «noi lo denunciamo da un po' di tempo - ha detto -, quando lo facciamo noi ci dicono che siamo dei terroristi, noi abbiamo, purtroppo o per fortuna, la capacità di ascoltare le persone che soffrono, che oggi vedono messo a rischio il loro futuro».

«Noi pensiamo che, per quello che riguarda i licenziamenti, sia opportuno prolungare di quattro mesi ancora il blocco, fino ad ottobre. Le tre piazze in Italia, Bari, Firenze e Torino, così partecipate e piene di gente nonostante il caldo, - ha detto - chiedono alla politica e al governo di fare attenzione al lavoro, di far ripartire questo Paese dal lavoro e di dare dignità e rispetto a quei lavoratori a quelle lavoratrici che hanno sacrificato la vita durante quest’anno di pandemia».

«Quando si parla di selezionare i licenziamenti chiediamo qual è la logica, quella dei codici Ateco? C'è una Procura a Bergamo che indaga su come sono stati utilizzati quei codici durante il periodo di lockdown». Lo ha detto il segretario generale della Uil, PierPaolo Bombardieri, a Bari per la mobilitazione nazionale «Ripartiamo, insieme» di Cgil Cisl Uil. "Noi siamo sempre aperti al dialogo, ci siamo confrontati con il presidente del consiglio, con i partiti e tutti i gruppi parlamentari. Abbiamo spiegato - ha detto Bombardieri - che rispetto alle proposte che ci vengono formulate dei 'licenziamenti selettivì c'è una difficoltà tecnica ad identificare le filiere. Faccio l’esempio sempre delle camicie: se blocchiamo i licenziamenti nelle aziende tessili, quelle che producono le camicie, quelle che producono i bottoni che applicano il contratto della gomma e della plastica chi li blocca». "E poi c'è un problema di principio - continua - : in questo anno noi abbiamo dato per aiuti più di 170 miliardi alle aziende e ai lavoratori privati, giustamente perché era un periodo di crisi e nessuno di noi ha sollevato problemi. Ma vorrei ricordare che quei soldi sono stati dati senza nessuna selezione, a tutti e anche a chi ha la sede legale all’estero, produce in Italia e paga le tasse all’estero, quando le paga. Allora noi chiediamo lo stesso trattamento per i lavoratori e le lavoratrici di questo paese».

NON SI RIPARTE LICENZIANDO - «Chi pensa che si riparta licenziando, in una fase che dovrebbe vederci tutti insieme ragionare sul miglior uso delle risorse comunitarie, non vuol bene al Paese. Servono provvedimenti che vadano sulla strada della redistribuzione e della giustizia sociale. Al Governo chiediamo maggior coraggio, a partire dal blocco dei licenziamenti che non può essere selettivo a fronte della crisi che ha colpito tutti i settori. Lo chiedono con forza le migliaia di lavoratori e pensionati scesi in piazza oggi». E’ la dichiarazione unitaria dei segretari pugliesi Pino Gesmundo (Cgil) Antonio Castellucci (Cisl) Franco Busto (Uil) a margine della mobilitazione nazionale «Ripartiamo, insieme» di Cgil Cisl Uil, che a Bari ha avuto una delle tre piazze impegnate per l'evento, con Torino e Firenze. Gli organizzatori parlano di oltre 3 mila persone in piazza a Bari, provenienti anche dalle altre regioni del Sud. "La Puglia in piazza - dichiarano i tre segretari regionali - ha voluto ricordare l’operaio agricolo originario del Mali stroncato da un malore dopo una giornata di lavoro sotto il sole cocente nelle campagne del Brindisino. In piazza anche tantissimi giovani, segno di quanto sia sentita la fase politica e sociale che vive il Paese e le risposte che questi territori e il mondo del lavoro si aspettano dal Governo». 

L'AVVERTIMENTO AL GOVERNO: A RISCHIO DUE MILIONI DI FAMIGLIE (di Roberto Calpista) - Proroga del blocco dei licenziamenti, investimenti in politiche attive del lavoro, riforma degli ammortizzatori sociali e maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. Sono questi i temi «bollenti» che oggi Cgil, Cisl e Uil porteranno nelle piazze di Torino, Firenze e Bari. Nel capoluogo pugliese, in piazza Libertà, alle ore 11 è in programma l’intervento del segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri.

Bombardieri, anche il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha lanciato l’allarme sul rischio polveriera sociale. Una questione strettamente collegata allo sblocco dei licenziamenti. Il suo punto di vista?
Ci sono in piedi 160 vertenze in grossi gruppi industriali, a cui si aggiungono migliaia di piccole e medie aziende. La platea dei lavoratori a rischio arriva a 2 milioni di unità. Da tempo chiediamo attenzioni per ripartire senza lasciare indietro nessuno. Tra l’altro parliamo di lavoratori che durante il lockdown hanno dato un contributo decisivo al Paese.

Il governo sta lavorando ad un decreto in cui si prolunga la cig Covid per alcuni settori in crisi, come il tessile, legandola al blocco dei licenziamenti. La soddisfa?
No. Oltretutto è molto complicato agire per settori. Le faccio l’esempio dell’azienda tessile che produce camicie. Il blocco non varrebbe per la fabbrica di bottoni che appartiene ad un’altra tipologia contrattuale. Quindi noi chiediamo di fermare i licenziamenti fino ad ottobre per tutti. Oltretutto la Cassa Covid nel corso dell’anno non ha pesato sulle aziende e infatti il programma Sure della Ue ha messo a disposizione 24 miliardi che le aziende non hanno pagato di tasca propria. Finora le risorse impegnate dal governo sono andate per il 70% direttamente alle imprese colpite e ai lavoratori autonomi senza criteri selettivi. Perché invece i licenziamenti dovrebbero essere selettivi? E la coesione sociale dov’è?

Al ministero del Lavoro c’è un esponente del Pd, Andrea Orlando. Non c’è dialogo?
La prima proposta del ministro era una buona mediazione tra sindacati e Confindustria. Poi è arrivata la spinta di Draghi che è solo Confidustria.

Da anni si parla della riforma degli ammortizzatori sociali e il varo di politiche attive del lavoro. Non crede sia il tempo di produrre qualcosa di concreto?
Sugli ammortizzatori sociali c’è finalmente stata un’accelerata, con una bozza all’attenzione del governo. Ci aspettiamo presto una discussione più articolata. Noi abbiamo due principi fermi. Il primo di tipo assicurativo: oggi tantissime aziende non contribuiscono alla cassa integrazione straordinaria o in deroga. Noi siamo per un sistema che ricalchi quello del bonus malus. In secondo luogo occorre coprire tutti i settori.

A proposito della difficoltà di trovare gli stagionali, secondo lei il reddito di cittadinanza favorisce questa «rilassatezza» o c’è altro?
C’è che non si applicano i contratti e non si paga bene questo personale.
La Uil, ma il tema è unitario, è in prima linea per la sicurezza sul lavoro. Solo giovedì in Puglia ci sono state altre due vittime...
È un’emergenza nazionale che richiede un tavolo di crisi per studiare misure che guardino in prospettiva. Ma c’è scarsa attenzione. Le cifre parlano da sole: 300 morti nei sei mesi del 2021. Nella strage della funivia del Mottarone sono morte 14 persone, ma non c’è stata dalle Istituzioni la reazione che ci saremmo aspettati. Pensi a cosa sarebbe invece accaduto se la mafia avesse ucciso 14 persone in un sol giorno. Su 10mila ispezioni effettuate, ci sono state 8mila sanzioni, altro che morti bianche, qui ci sono precise responsabilità, ma non se ne esce. Oltretutto il neo presidente dell’Ispettorato del lavoro, Guido Giordano, un magistrato da anni impegnato su questo fronte, attende ancora il nulla osta del Csm. Un ritardo incomprensibile.

Privacy Policy Cookie Policy