Il retroscena

Molfetta, l'ex assessore cercava notizie sulle indagini in corso

Giovanni Longo

Mazzette in cambio di appalti: per il gip, Caputo con la sua fitta rete di conoscenze potrebbe ancora influire sulle procedure amministrative

Le sue dimissioni non potevano bastare. L'ex assessore al Lavori Pubblici del Comune di Molfetta Mariano Caputo, infatti, potrebbe contare ancora sulla sua «fitta rete di conoscenze», nonché «influire sulle procedure amministrative anche “dalle quinte”». Se si aggiunge che nel corso delle indagini, alcuni testimoni tra i dipendenti comunali hanno riferito che Caputo, «nonostante le intervenute dimissioni, continua a frequentare gli uffici comunali ed intrattenersi proprio con gli altri soggetti indagati nel presente procedimento», facile concludere che le esigenze cautelari nei suoi confronti sono ancora attuali. Parola del gip del Tribunale di Trani Rossella Volpe. L’inchiesta condotta dai finanzieri del Gruppo Barletta e della Tenenza di Molfetta, coordinati dalla Procura di Trani è quella sfociata due giorni fa in 16 arresti (sei in carcere tra i quali lo stesso Caputo).

Nel mirino dei pm Francesco Tosto e Giuseppe Francesco Aiello è finito un presunto giro di tangenti in cambio di appalti per lavori pubblici in città. I reati contestati a vario titolo sono turbativa d’asta, corruzione, falso, depistaggio e peculato. Stando all’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dai pm di Trani, alcuni funzionari pubblici si sarebbero fatti pagare tangenti, denaro, regali e altre utilità, per favorire gli imprenditori «amici» nell’ottenimento di appalti e incarichi, dimostrando «una capacità di piegare e condizionare ogni evenienza - scrive il gip - trasformandola in occasione di guadagno e di interesse illecito condiviso».

Dall’ordinanza emerge anche come molti degli incontri tra indagati avvenivano «non all'interno degli uffici dei pubblici ufficiali, ma all'esterno ed in prossimità degli stessi, collocandosi in alcune ipotesi addirittura in una veranda esterna prospiciente l'ufficio del sindaco».

Secondo il giudice ricorre il pericolo di inquinamento probatorio anche perché le indagini non sono affatto concluse e la Procura ha evidenziato come «si debba procedere ad ulteriori acquisizioni documentali, molte delle quali nella disponibilità del Comune». Di conseguenza c’è da «scongiurare il pericolo di una alterazione o distruzione degli elementi di prova da parte degli indagati».

Un'attività investigativa, quella condotta dalle fiamme gialle, che si è sviluppata con estrema difficoltà, «insinuandosi nelle anse di un torrentizio e diuturno tentativo di acquisizione di informazioni riservate da parte degli indagati», scrive la Procura nella sua richiesta di arresti. E questo grazie ai numerosi contatti che gli indagati potevano vantare in ambienti istituzionali». A dicembre 2019, per dirne una, viene intercettata una conversazione ambientale tra Caputo dalla quale si evince che l’ex assessore «ha appreso dell'esistenza di una indagine di polizia giudiziaria. C’era chi temeva lo scoppio di una «bomba» giudiziaria.

Infine, agli atti c’è un tentativo di avvicinare un finanziere da parte di un’altra persona ancora che sperava di carpire informazioni utili per Caputo. A quanto pare l’ex assessore sapeva che la Guardia di Finanza stava indagando su alcuni dirigenti del Comune di Molfetta. E in giro si era diffusa la voce che le fiamme gialle avevano sorpreso qualcuno mentre riceveva una mazzetta. Il militare, ligio al dovere, tace, annota tutto e riferisce ai superiori. Insomma, il tentativo va a vuoto ma quando l’amico di Caputo riferisce l’esito del colloquio, evidentemente millanta il contenuto: «Non sta niente! Sta una.. stanno due cose ma non centri niente tu». Caputo è perplesso e fa bene. «Ah, perché mi avevano detto che poteva.. va bel Va be'», si chiede sorpreso.

A nulla, poi, sono valsi i numerosi «accorgimenti che gli indagati hanno adottato nel corso delle indagini per eludere gli sforzi investigativi degli inquirenti» come «incontri all'interno di aree di servizio; colloqui localizzati al di fuori della propria vettura; comunicazioni non orali veicolate attraverso degli appunti cartacei, redatti in presenza». Sì, c’erano persino i pizzini ritrovati al pari di una pagina di un bando e di altri documenti della contabilità illecita ritrovati a casa di Sara Castriotta anche lei in carcere con l'accusa di essere una presunta mediatrice di una mazzetta. Infine, agli atti vi sono le conversazioni tra Caputo e proprio la ex consigliere comunale di Molfetta, nel corso delle quali la Castriotta «comunica all'assessore un particolare metodo per conversare liberamente via telefono, mediante l'intestazione fittizia delle schede telefoniche utilizzate in capo a terzi estranei e compiacenti». Un comportamento che, secondo il giudice, «denota il pieno coinvolgimento».

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