Non solo covid

Bari, sanità in tilt, denuncia delle famiglie: «Abbandonati disabili e malati»

Antonio Galizia

Il settore, piegato dalla pandemia, non riesce a garantire il sostegno. Due storie emblematiche

BARI - «Ritardi. Attese. Le difficoltà nel ricevere assistenza a domicilio. E il timore di un contagio che per i nostri congiunti, gravemente malati, potrebbe rivelarsi letale». Andrea De Silvio, di Mola di Bari, e Vita Barletta, di Monopoli, sono due degli eroi che da inizio pandemia combattono contro un nemico invisibile. «Il nostro - racconta Andrea, padre di Paolo, 37 anni il prossimo 23 febbraio, affetto dalla nascita da tetraparesi spastica - ha il volto della disorganizzazione che penalizza pazienti e famiglie dei disabili gravi». Da settembre, con la seconda ondata della pandemia, la famiglia De Silvio insieme ad altre famiglie del Barese, ha deciso di non mandare più suo figlio al centro diurno di Putignano. «Abbiamo ritirato i nostri figli - spiega Andrea, volontario e dirigente della delegazione barese di Sfida (Sindacato famiglie italiane diverse abilità) - perché secondo il nostro punto di vista non veniva garantita loro alcuna sicurezza. I ragazzi viaggiavano tutti insieme con un pulmino, stavano in 10 e a volte 15 tutti in una stanza. Parliamo di ragazzi con gravi disabilità e parliamo di un centro diurno sanitario al 100%, riservato solo a chi ha gravi patologie». Questa la prima difficoltà. Poi c’è l’assistenza domiciliare.

«In questo periodo, la gestione dei pazienti ricade spesso sulle famiglie che, come la mia, sono allo stremo». Il riferimento di Andrea è ai numerosi pazienti allettati, ai quelli affetti da malattie neurodegenerative come la Sla o la Sma che necessitano di assistenza infermieristica qualificata. È il caso della famiglia Barletta di Monopoli che denuncia la riduzione delle ore di assistenza. «Da quando è esplosa la pandemia - denuncia Vita Barletta, moglie di Pippo, imprenditore da anni in lotta contro la Sla - siamo rimasti praticamente senza una adeguata assistenza. Prima ci veniva assicurata con continuità da operatori esperti. Con l’emergenza è invece accaduto che molti infermieri sono stati chiamati nei reparti e questo, come è noto, a scapito dell’assistenza domiciliare che anche nel nostro Distretto è stata ridotta parecchio. A noi, per esempio, capita di ricevere operatori inesperti che, nel nostro caso specifico, hanno difficoltà per esempio ad usare un sondino; spesso non sono in grado di pulire le secrezioni sotto glottide o di cambiare una cannula. Li capiamo: fanno quello che possono ma non di più; non quanto richiedono questi pazienti gravi. Io spesso li mando via e faccio da sola perché in questi anni ho acquisito una certa esperienza. Mio marito vive perché attaccato da anni a delle macchine ed ogni errore può essere letale. Per questo serve personale esperto. I responsabili dell’organizzazione sanitaria territoriale devono sapere che la discontinuità assistenziale è causa di frequenti attacchi di panico da parte di mio marito e di chiunque viva nelle sue stesse condizioni. Questa difficoltà mi costringe a stare insieme a lui 24 ore al giorno. Solo in mia presenza sta sereno e tranquillo». Oltre i pazienti, chiedono un aiuto anche i familiari e i caregiver.

«In realtà nessuno si prende cura di noi - conclude Andrea De Silvio -. Lo dimostra il fatto che sia i disabili che noi caregiver non rientriamo tra le priorità del piano vaccinale regionale. E questa, ci sia consentito, è una ulteriore assurdità».

Privacy Policy Cookie Policy