nel Barese
Coronavirus, Toritto è un paese «salvo» grazie alle chiusure
Boom di contagi, ma ora la curva è in discesa
La risposta di Toritto al Covid? Scuole e piazze chiuse ma anche tanto spirito di comunità.
Il pediatra Damiano Colazzo spiega così il «caso Toritto», poco più di 8000 abitanti, chiusi in casa già dal 21 ottobre dopo una preoccupante escalation di contagi, quasi da «zona rossa».
«Dopo 7 giorni, la curva dei casi ha cominciato ad appiattirsi rispetto alla tendenza media a 7 giorni», spiega Colazzo illustrando il grafico realizzato da Nicola Bartolomeo, ricercatore in statistica medica presso la scuola di medicina dell’Università degli studi di Bari, sui dati raccolti da Stefano Fasano della Asl di Bari. «Significa che - riprende il pediatra torittese - senza le chiusure, i casi di positività sarebbero cresciuti ancora e di più, rispetto a quanto poi effettivamente sono cresciuti».
Insomma, le chiusure servono e sono efficaci. «Nella piccola comunità di Toritto le chiusure hanno avuto un impatto positivo sull’andamento dei contagi. Ma altrettanto importante è stata la condivisione dei saperi e il senso di comunità che ha permesso ai torittesi di superare anche i ritardi e le mancanze del dipartimento di prevenzione della Asl».
Il focolaio di Toritto è esploso a ottobre. «Non nelle scuole, ma per casi importati da altri comuni, tramite feste e matrimoni».
La situazione a metà mese diventa da «zona rossa»: indice di contagio prossimo al 2, 25% dei tamponi positivi su quelli eseguiti, fra 30 e 40 casi al giorno. Il 21 ottobre, prima dell’ordinanza regionale di chiusura delle scuole, il primo cittadino Pasquale Regina, firma l’ordinanza di chiusura delle piazze, delle scuole e di tutti gli altri luoghi pubblici di aggregazione. «Da allora è scattato un forte senso di comunità e tutti, ognuno secondo le proprie possibilità e capacità, ha messo in condivisione conoscenze e competenze a favore della propria comunità».
La difficoltà maggiore da affrontare è sicuramente il tracciamento dei contatti dei casi positivi. «Avremmo dovuto fare come a Vo’ Euganeo, dove è scattato il tracciamento a tappeto di tutta la comunità che ha permesso di far emergere e isolare anche i casi positivi asintomatici. Qui a Toritto non è stato possibile, per la difficoltà di fare tamponi, testare gli asintomatici e quindi tracciare i contatti. Abbiamo tuttavia supplito con una rete di comunità, fatta dai medici di base, dai medici dell’Usca, l’Unità speciale di continuità assistenziale, dal medico del dipartimento di igiene della Asl». Fondamentale anche l’intervento dell’amministrazione comunale. «Non solo per la decisione di chiudere scuole e piazze ma anche perché, da subito, ha messo a disposizione il palazzetto dello sport per poter fare i tamponi».
Hanno fatto la loro parte anche le associazioni culturali del territorio, che si sono mobilitate con iniziative di sensibilizzazione. «In questo modo, i cittadini si sono sentiti coinvolti, hanno capito la necessità di ricorrere alle chiusure, di fare sacrifici e, per questo, li hanno accettati più volentieri».
Tutte le informazioni sull’andamento dei contagi vengono raccolte, analizzate, commentate da diversi medici e professionisti del paese. «A una settimana dalla chiusura, la curva dei contagi comincia ad appiattirsi. La scorsa settimana, a Toritto c’erano 259 positivi». Se non ci fossero state le chiusure, la curva sarebbe andata ancora su e i positivi sarebbero stati molti di più.
«L’analisi sul campo dei casi di Toritto è in linea con quanto riportato sulle principali riviste scientifiche: l’indice di contagio si riduce fino al 33% dopo 14 giorni di chiusura delle scuole, dei luoghi di assembramento e dal divieto di eventi. La chiusura delle scuole, seppure dolorosa, concorre ad una riduzione dei contagi di almeno un 11% a 7 giorni e del 17% a 14 giorni». Dunque niente più scuola per nessuno? «L’analisi che abbiamo sviluppato a Toritto è realizzata su un’esperienza locale, di una piccola comunità, in cui più fattori hanno concorso ad appiattire la curva dei contagi. La scuola è garanzia e salvaguardia di democrazia e, laddove possibile, deve essere garantita sempre».
Ma c’è qualcosa che il «caso» Toritto può insegnare anche alle città più grandi? «Certamente sì. Alla fine, nelle grandi aree metropolitane, ogni quartiere è una comunità che deve essere coinvolta e responsabilizzata il più possibile perché i cittadini possano accettare le restrizioni dolorose ma necessarie che questo periodo impone».