l'amarcord
«Il mio viaggio a Mosca con le reliquie del Santo»: il ricordo di Decaro per i suoi 50 anni
«Quel giorno di 3 anni fa mi sono sentito parte di un culto mondiale»
Se mi avessero detto, quando da piccolo sognavo di diventare sindaco della mia città, che non solo avrei realizzato questo sogno ma che avrei avuto anche la fortuna e l’onore di prendere parte a un evento che rimarrà nella storia quasi millenaria del rapporto tra Bari e San Nicola, avrei certamente pensato ad una follia.
Invece così è stato, e a pensarci ora forse neanche io, nei giorni in cui una reliquia di San Nicola ha lasciato, per la prima volta, la cripta della Basilica barese per approdare in un'altra città, nella lontana Russia, mi sono reso conto fino in fondo di essere testimone di un evento straordinario.
Questo è probabilmente il momento pubblico che ricordo con più emozione nella mia vita di sindaco. Sono sempre stato un uomo di fede ma ciò che più mi ha colpito in quelle giornate non è stato tanto il sentimento religioso, che pur ci vedeva uniti alla comunità ortodossa, quanto l’incredibile movimento di popolo accorso per venerare il prezioso reliquiario.
Centinaia di migliaia di persone giunte da ogni angolo della Russia perché animate dallo stesso sentimento di fede e di speranza.
In quel momento ho capito che ci sono delle esperienze nella vita che ti fanno comprendere il senso e il significato di cose di cui spesso si è sentito soltanto parlare.
È come aver avuto la possibilità di entrare nella storia, di guardarla da vicino e di sentirne la portata. Una storia che racconta di un’identità - religiosa, culturale e popolare - che appartiene al patrimonio genetico della comunità cui appartengo e in cui sono nato e cresciuto.
Forse in pochi sanno che le reliquie di San Nicola, da quel 9 maggio del 1087, in cui la traslazione delle spoglie del santo più venerato nel bacino del Mediterraneo ebbe la sua felice conclusione, non erano mai uscite dalla nostra città. Questo non ci deve far sentire unici ma fortunati e premurosi custodi di un patrimonio che appartiene a milioni di persone sparse nel mondo che, seppur in continenti diversi, con lingue diverse, con riti diversi, credono e si ispirano nella loro vita quotidiana ai messaggi che Nicola, il vescovo di Myra, ha testimoniato.
Di quelle giornate così intense, così frenetiche ma allo stesso tempo così intime, ricordo la sensazione fortissima di essere parte di qualcosa di più grande di me.
Qualcosa di immensamente grande che va oltre le storie di ognuno di noi, di ogni singola città o chiesa in cui si venera il culto nicolaiano.
Ho compreso pienamente che davanti ad un messaggio e ad una storia di tale potenza non esistono confini, razze, lingue o preghiere: esiste un unico popolo che si riconosce in un racconto potente e nei suoi valori.
San Nicola in quei giorni del 2017 si è rimesso in cammino e, onorando la sua storia e il suo messaggio, ha avuto la capacità straordinaria di unire, ancora una volta, le persone in nome della fede.
In questi tempi di migrazioni di popoli alla ricerca di pace, in un momento in cui la malattia e la natura ci hanno messo di fronte alla fragilità di qualsiasi barriera o confine geografico o politico, in un momento in cui per la prima volta abbiamo dovuto rinunciare all’altro, è dal nostro passato, dalla nostra storia che ci giunge forte l’eco di un messaggio potentissimo di pace e dialogo.
A Mosca, in quei giorni, mi sono sentito parte di un grande popolo che non conosce confini, razze, lingue o residenze se non quelle del messaggio nicolaiano e dei valori che ci hanno uniti senza che ci conoscessimo.
Credo che questo sia l'evento che rimarrà scolpito per sempre nella mia memoria.