L'inchiesta

Bari, «truffò Multiservizi»: a processo l'ex presidente Olivieri

Massimiliano Scagliarini

Avrebbe tentato di coprire l’ex dirigente Oronzo Cascione per salvarlo da un pignoramento di circa 60mila euro

Avrebbe tentato di coprire l’ex dirigente Oronzo Cascione per salvarlo da un pignoramento di circa 60mila euro. Per questo la Procura di Bari ha disposto la citazione diretta a giudizio dell’ex presidente della Multiservizi, Giacomo Olivieri, 57 anni. Il processo comincerà il 24 febbraio davanti al giudice Carlotta D’Alessandro della Seconda sezione penale, dove l’ex manager risponderà (insieme a Cascione) di truffa aggravata dall’abuso di autorità ai danni della società del Comune.

Trattandosi di un reato di competenza del Tribunale monocratico, il pm Bruna Manganelli ha scelto di saltare l’udienza preliminare e ha fatto notificare a Olivieri (avvocato Nicola Quaranta) e Cascione, 61 anni (avvocato Giusi Maritato) il decreto che lo trasforma in imputato. Tutto nasce dalla querela presentata dall’attuale presidente di Multiservizi, l’avvocato Francesco Biga, che ha avviato una profonda azione di pulizia presentando numerosi esposti in varie sedi giudiziarie. Biga ha scoperto la vicenda del pignoramento dalle carte di un procedimento civile, e per questo nel novembre 2017 ha licenziato Cascione. Ora la Multiservizi (avvocato Cristian Di Giusto) è parte offesa del procedimento e potrà chiedere i danni.

Le indagini, condotte dai carabinieri, sono state chiuse a inizio aprile e hanno ricostruito la vicenda. Cascione era stato destinatario di due atti di pignoramento presso terzi che gli avrebbero «mangiato» parte dello stipendio. Secondo l’accusa, Oliveri avrebbe dichiarato davanti al Tribunale che lo stipendio di Cascione era di 3.590 euro, dimenticando un’indennità accessoria da 1.650 euro al mese. La stessa dichiarazione attestava l’esistenza di un accantonamento di altri 277,59 euro mensili sulla retribuzione di Cascione a favore di una banca, accantonamento in realtà mai eseguito.

Il risultato è la diminuzione dell’importo pignorabile, che non può essere superiore a un quinto della retribuzione. A sua volta, sempre secondo l’accusa, Cascione avrebbe fatto sparire dai documenti aziendali gli atti relativi ai due pignoramenti che pure erano stati regolarmente notificati alla Multiservizi: l’allora dirigente - scrive la Procura - «godeva della retribuzione senza alcun accantonamento in favore del creditore, con conseguente danno patrimoniale per la società», dal momento che la Multiservizi è stata poi costretta a versare tutte le quote dell’accantonamento mai eseguito.

Olivieri è già a processo per la bancarotta fraudolenta (in concorso con l’imprenditore Lello De Gennaro) davanti alla Seconda sezione penale collegiale (presidente Guida). L’accusa in questo caso riguarda il crac della Ctf, una immobiliare fallita nel 2012 con 11 milioni di debiti, che sarebbe stata svuotata con una serie di operazioni ritenute illecite: a Olivieri viene contestato di aver incassato (tramite terze persone) 22 assegni per 220mila euro. Il dibattimento è in corso con l’esame dei testimoni dell’accusa (condotta dal pm Giuseppe Dentamaro sulla base delle indagini della Finanza) e riprenderà il 24 settembre.

Privacy Policy Cookie Policy