L'inchiesta

Bari, lotta aperta alla ludopatia: «Ma attenti a non bruciare tantissimi posti di lavoro»

G. Flavio Campanella

Nel capoluogo pugliese si giocano due miliardi all'anno. I dati e il confronto con la Regione

BARI - Nel settore del gioco d’azzardo, che muove decine di miliardi di euro, l’attività di lobby di solito prevale su chi cerca di contrastarne il fenomeno (definito «devastante» dai sociologi), soprattutto quando la politica non interviene per porre dei limiti. Il legislatore nazionale ha il compito di armonizzare e definire il quadro normativo, ma intanto a livello locale può anche capitare di rimettere in discussione le decisioni prese, soprattutto se, come in Puglia, la Regione sente sul collo la pressione non soltanto delle aziende, ma anche dei lavoratori del comparto.

La disputa è sulla legge regionale numero 43 del 2013 sul «Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico» che fissa al 20 dicembre prossimo la scadenza per rispettare l’obbligo (immediato per chi, dall’entrata in vigore della normativa, ha aperto una nuova sala giochi) di distanziare l’attività (pena la decadenza di tutte le licenze) ad almeno 500 metri dai luoghi cosiddetti sensibili: scuole, luoghi di culto, oratori, centri giovanili e sociali, impianti sportivi e strutture sanitarie.

La Commissione sanità ha approvato a fine settembre scorso l’emendamento di modifica per posticipare il termine entro cui spostare le sale fino alla indefinita «data di emanazione del Testo Unico in materia di prevenzione e trattamento del gioco d’azzardo patologico votato dalla Conferenza Stato-Regioni», cioè fino all’approvazione di una legge nazionale sui giochi. Il consigliere regionale Mimmo Santorsola ha però affermato nelle ultime ore che «l’esame del testo unificato contenente le proposte di modifica tornerà in Commissione sanità massimo entro un mese perché su questa legge saremo fermi: la ludopatia è una piaga sociale che va combattuta». Imprenditori e dipendenti del comparto, dunque, temendo per la sopravvivenza delle aziende, hanno programmato per martedì un sit-in via Capruzzi proprio nel giorno in cui se ne discuterà in consiglio regionale.
Si accettano scommesse (i bookmaker pagano poco nel caso la modifica passi, perché evidentemente la ritengono probabile...), ma dall’altro lato del campo c’è da fare i conti con avversari agguerriti, anche all’esterno delle aule consiliari. A osteggiare la revisione del testo legislativo sono le sigle che aderiscono alla campagna nazionale «Mettiamoci in gioco» e che chiedono al governatore Emiliano «di non cedere alle lobby dell’azzardo e di difendere il diritto alla salute dei cittadini»: si va dalle associazioni dei consumatori all’Anci, da Libera all’Uisp, dalla Consulta Antiusura al cartello «Insieme contro l’azzardo», fino ad arrivare ai sindacati, cui spetta però, a livello locale, l’improbo compito di dover cambiare pelle per salvaguardare l’occupazione di circa 20mila persone.

Dal 2003 sono trascorsi cinque anni e i gestori, piuttosto che adeguarsi (operazione peraltro non facile), hanno scelto di rischiare la chiusura in Puglia «di circa l’80% delle sale da gioco presenti sul territorio, tra cui 800 agenzie di scommesse», scenario che si concretizzerebbe appunto nel caso le regole restino inalterate. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, i «territoriali» pugliesi, nella lettera in cui spiegano le ragioni della mobilitazione del 30, si dimostrano preoccupati «per lo scenario devastante sul piano occupazionale, con centinaia di persone senza lavoro e centinaia di famiglie senza reddito, visto che le associazioni datoriali hanno preannunciato l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo». Inoltre, non credono che «il proibizionismo sia la cura a una piaga sanitaria sociale» (parole che sono tutto un programma), ma ammettono (appunto) la presenza di «problematiche sociali e familiari» derivanti dal gioco d’azzardo, auspicando una «normativa che persegua il giusto obiettivo della tutela sociale, cioè educare al gioco misurato e contrastare il rischio della dipendenza da gioco, senza però causare traumi occupazionali».

In fondo, afferma Domenico Distante, presidente regionale della Sapar (Servizi apparecchi per le pubbliche attrazioni ricreative), l’associazione che raccoglie gli operatori del settore, nei 41 Comuni del Barese «la spesa media procapite giornaliera è stata nel 2016 pari a circa 70 centesimi», secondo i dati forniti dall’AdM (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato) e riferiti a tutti i giochi «terrestri», quindi «non solo Videolottery ed Awp (le new slot, n.d.r.), ma anche Lotto, Superenalotto, Gratta e Vinci e Scommesse per un totale annuale complessivo di 339 milioni di euro».

Glissando sul messaggio (innocuo?) secondo cui la somma giornaliera giocata da ciascuno sia inferiore a quella necessaria per gustarsi un caffè, va puntualizzato che le statistiche indicano che solo un terzo della popolazione è solito tentare la buona sorte (triplicandosi così la spesa quotidiana pro-capite fino a due euro). Inoltre è da sottolineare che, per quanto l’80 per cento delle somme destinate al gioco rientri in vincite, la distribuzione della... fortuna non è uniforme (come dimostra la teoria del pollo: se io vinco 1 milione di euro e tu nulla la tua vincita di mezzo milione è solo apparente...), mentre le probabilità di sviluppare una ludopatia sono considerevoli, come dimostra il numero sempre più crescente di persone in cura presso i Dipartimenti dipendenze patologiche delle Asl.

Ne consegue, in conclusione, che la media di due euro (di cui sopra) vada quintuplicata, arrivando a 10 euro al giorno a testa (300 euro al mese in media), con l’effetto di stimare il volume di gioco annuale in provincia di Bari in 1 miliardo e 700 milioni di euro. Aggiungendo poi che, nel dato considerato (quello disaggregato per Comuni e tipologia di gioco), non sono conteggiate, come espressamente evidenziato dai Monopoli, le puntate on line, per le quali non possono darsi ripartizioni territoriali, a voler essere eccezionalmente prudenti, si potrebbe fissare in almeno 2 miliardi la spesa «effettiva» dei baresi per il gioco d’azzardo (è di 5miliardi e 650 milioni quella di tutti i pugliesi), col capoluogo di gran lunga in testa con circa 700 milioni di euro.

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