L'evento a Parco 2 Giugno

Decaro lancia «Bari per Bari» e commenta: «Vorrei fare ancora il sindaco»

Ninni Perchiazzi

Le parole del primo cittadino: quattro anni fa ero dubbioso, ora abbiamo dato una nuova visione alla città

BARI - Palloncini arancioni, tanti bambini intenti a giocare e divertirsi, famiglie a passeggio, clima disteso e accogliente. Il sindaco Antonio Decaro sceglie lo scenario «simil bucolico» del parco di Largo Due Giugno per connettersi con i cittadini, confrontarsi, riallacciare fili in fondo mai interrotti in quattro anni di mandato. Il programmato happening «Bari per Bari-metti in gioco la tua idea di città», diventa una sorta di risposta non programmata, ma quanto mai necessaria in seguito alla vergognosa aggressione di venerdì sera che in città ha rievocato tempi bui distanti quarant’anni.

A otto mesi dall’appuntamento della primavera 2019 con le urne, la giornata sa tanto di un avvio ufficioso di campagna elettorale, anche se il primo cittadino chiosa con una battuta. «Per un sindaco la campagna elettorale è tutti i giorni - dice -. In realtà, non ci abbiamo pensato, era un’attività programmata da tempo legata ai fondi europei». Sulle grandi chiazze verdi del polmone verde del quartiere Carrassi, si stagliano i tabelloni con le opere strategiche fatte, in corso e da avviare, Municipio per Municipio, quartiere per quartiere con tanto di mappe, fotografie e progetti. Ricucitura della città col mare, riqualificazione della costa e rivitalizzazione dei grandi contenitori (e spazi) cittadini abbandonati, ma soprattutto i progetti sociali «Urbis» e «Reti civiche», rappresentano la ribadita visione del capoluogo, mentre la gente usa post it e box per lasciare messaggi, suggerimenti, lamentele e rilievi ai progetti in mostra. Assessori e presidenti dei Municipi sono un front office sparso lungo l’aiola e mischiato con i tanti curiosi che si cimentano nell’esemplare esercizio civico di partecipare alla vita della propria città. Quindi, l’arrivo sulla scena del presidente dell’Anci (Decaro è a capo dell’Associazione dei Comuni d’Italia), subito assediato dai bambini a fare da apripista agli adulti con domande e richieste. Microfono alla mano, Decaro si trasforma in Cicerone per quello che diventa lo storytelling di oltre quattro anni di lavoro a Palazzo di Città. Spiega, risponde, interroga. «Siete mai stati a Torre a Mare? E a Pane e pomodoro?», chiede ad alcuni piccoli interlocutori, alternandosi nelle repliche agli adulti.
Non mancano i siparietti. A un bimbo che mostra di conoscere approfonditamente Bari dice: «Da grande potrai fare il sindaco, sei davvero preparato». A un altro che lo compulsa sul Bari calcio, gli chiede di cantare l’inno biancorosso, puntualmente eseguito stile inno di Mameli (ci manca solo la mano sul cuore). È la potenza dello sport. E ancora, due domande sul Castello Svevo e sulla regina Bona Sforza, un suggerimento su largo Albicocca, alcune rivelazioni sulle future isole pedonali in largo De Nicola e al Libertà.

Immancabile qualche rimbrotto - piazzetta dei Papi, le buste di rifiuti lanciate dai finestrini, i disagi a Sant’Anna -, ma il tour procede con successo fino al calare delle prime ombre.
«La gente ora mi chiama per nome. E questo mi piace, significa che ho eliminato distanze e barriere tra cittadini e istituzioni. Mi piace stare tra la gente, ascoltare e condividere esperienze ed emozioni», commenta il sindaco. «L’ho fatto durante la campagna elettorale, è stato importante perché mi ha permesso, il giorno in cui sono diventato sindaco, di sapere già cosa dovevo fare. Questi 4 anni mi sono serviti per fare quanto mi ero prefisso nel programma, ma anche a progettare la città del futuro». Con una differenza fondamentale che Decaro ci tiene a sottolineare. «Mentre la prima volta, quattro anni fa, ero titubante, quasi non volevo fare il sindaco, adesso ci terrei a farlo per il semplice fatto di godermi la realizzazione di tutte queste opere», dice indicando i tabelloni intorno ai quali si è assiepata la gente. E aggiunge. «È questa la mia visione della città».
«Qualcuno forse pensa di tornare alla città del passato, quando c’erano spranghe e catene. Ma quella città non tornerà più. La Bari di adesso è un posto dove si sta insieme, si discute, si ragiona e si può anche litigare, però nel rispetto reciproco delle proprie idee», dice stigmatizzando i fattacci di via Crisanzio. «In ogni caso spero di poter lasciare ai tantissimi bambini che ci sono qui oggi una città dove libertà e democrazia siano i due pilastri fondamentali del vivere insieme», conclude.

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