Per il quinto giorno consecutivo in Puglia il numero dei nuovi casi si mantiene intorno a quota 100, stavolta con un lieve calo. La curva dei contagi, insomma, da qualche giorno è una linea retta. «In Lombardia cominciamo a vedere un rallentamento della crescita - analizza il professor Pier Luigi Lopalco, epidemiologo della task force della Regione -, mentre la situazione pugliese è in una fase di crescita costante dei casi. Speriamo non ci sia un aumento».
Tradotto dalle parole di Lopalco, è comunque una buona notizia. Perché la previsione iniziale dell’epidemiologo salentino era di gran lunga più alta. «Avevamo stimato una ondata di 2mila casi entro il 25 marzo, grazie a dio ne abbiamo registrati la metà. La risposta della Puglia è stata tarata su quella cifra, possiamo dunque dire che la Regione si è mossa in maniera molto più ampia rispetto a quello che stiamo osservando».
Ma non è il momento di abbassare la guardia. «L’epidemia italiana - spiega Lopalco - non è una unica epidemia, ma la somma di tante epidemie regionali, provinciali e addirittura comunali. Quindi dobbiamo fare massima attenzione perché al calo dei casi in una regione potrebbe essere collegato l’aumento in un altra». È il motivo per cui le misure di lockdown devono rimanere in vigore per il maggior tempo possibile: viaggi e spostamenti, anche brevi, potrebbero spostare il contagio da una parte all’altra. E questo vale soprattutto per il Sud che, ad oggi, è stato risparmiato dall’emergenza di Lombardia e Veneto. «Il problema della fuga dal Nord ha avuto un certo impatto. Abbiamo ricoverato in ospedale i genitori dei ragazzi che sono tornati a casa perché sono stati presi dal panico. Non bastano due settimane per quantificare questo fenomeno, e soprattutto stiamo vedendo la prima generazione dei casi ma bisognerà vedere se non ce ne sarà una seconda».
Ecco perché il lavoro non finisce qui. La Puglia, ricorda Lopalco, sta tentando di fare qualcosa in più. Cercare «i casi con pochi sintomi», quelli che magari non si sono presentati in ospedale avendo scambiato la febbricola per una influenza, oppure gli asintomatici, che - secondo alcune valutazioni - potrebbero essere cinque, sei o anche 10 volte più dei casi finora censiti. E se non creano carico sul sistema ospedaliero, sono però fonte costante di contagi, in famiglia e sul posto di lavoro: il test rapido (che da ieri viene sperimentato sul personale dell’Oncologico di Bari) potrebbe servire a dare una valutazione percentuale degli asintomatici. Che, una volta individuati, devono andare in quarantena.
Ma guardare avanti è inevitabile, così come fare delle valutazioni. Il nuovo decreto di Conte, che conferma il 31 luglio come termine dell’emergenza, prevede la possibilità di rimodulare le misure di contenimento anche su base geografica. E dunque una ipotesi potrebbe essere quella di cominciare a riaprire dal Sud. Ha senso? «Potrebbe - risponde Lopalco -. Ma questa è una situazione in grossa evoluzione e bisogna vedere luogo per luogo. Dipende molto anche da che misure verranno prese». Una grossa mano potrebbe arrivare proprio con la ricerca degli asintomatici, perché eliminerebbe una grande fonte di contagio. Ma servirebbe anche una stretta alle quarantene, da effettuare in strutture protette e non in casa: l’isolamento in famiglia spesso non funziona e genera altri casi. Per questo la Regione è pronta ad individuare immobili da destinare alla quarantena.
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