La riflessione

Libertà di stampa, vietato distrarsi

Giuseppe Dimiccoli

La stella polare, che oggi 3 Maggio «Giornata mondiale della libertà di stampa», traccia la riflessione per riflettere in merito a cosa accade nella galassia dell’informazione

È doveroso partire da questa lettura: «Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera»; «La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati».
Quanto appena letto è l'articolo 11 della «Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea».

La stella polare, che oggi 3 Maggio «Giornata mondiale della libertà di stampa», traccia la riflessione per riflettere in merito a cosa accade nella galassia dell’informazione.
La situazione fotografata dal Reporter senza frontiere (Rsf) evidenzia che «la pratica del giornalismo, il principale vaccino contro il virus della disinformazione, è gravemente ostacolata in 73 dei 180 Stati nella classifica e limitato in altri 59, vale a dire un totale del 73% dei Paesi valutati».

L'Italia anche quest'anno si è attestata al 41esimo posto della classifica che vede al primo posto, già da cinque anni, la Norvegia seguita da Finlandia, Svezia e Danimarca. La Germania è scesa in 13esima posizione, la Francia è al 34esimo posto.
Queste situazioni, sommate a quelle degli altri paesi del Vecchio Continente, fanno dell’Europa la regione più sicura nell’ambito del report. Doveroso sottolineare però che l’Ungheria del premier Victor Orban è una nazione dove sempre più vengono effettuate manovre governative al fine di ridurre la libertà di stampa.

L’Unione Europea nel corso degli anni è intervenuta a tutela della libertà dei media solo in relazione a singole situazioni problematiche nei singoli Stati ponendo la sua azione giuridica facendo leva sull’Acquis comunitario.
«Nel 2020 il giornalismo libero e indipendente ha subito enormi danni», come dimostra il numero record di segnalazioni sugli attacchi ai media e ai giornalisti registrati durante l’anno scorso sulla piattaforma creata dal Consiglio d’Europa per monitorare lo stato della libertà della stampa nei 47 Paesi membri, tra cui anche Turchia e Russia.
Il numero di segnalazioni nel 2020 è aumentato del 40% rispetto all’anno precedente. Sul totale di 201 casi segnalati, 52 riguardano attacchi fisici di cui sono stati vittime i giornalisti, e 70 le minacce e le intimidazioni che hanno subito durante il 2020. Tutto questo presente nell’ultimo rapporto annuale redatto dalle 14 organizzazioni internazionali di giornalisti e per la libertà di stampa incaricate dal Consiglio d’Europa di gestire la piattaforma su cui sono pubblicate le segnalazioni sugli attacchi ai media e chi ci lavora nei 47 Stati membri.

Chiaramente la situazione del Covid 19 ha giocato un ruolo di «acceleratore dalla censura» secondo quando affermato da Christophe Deloire segretario di Rsf ponendo in essere «gravi difficoltà di accesso alle informazioni, confisca di materiale giornalistico, con il rifiuto spesso da parte dei funzionari di sottoporsi a qualsiasi tipo di interrogazione».
Ad esempio in Egitto, presente al 166esimo posto, a causa di disposizioni del regime di Al-Sisi, è vietata qualsiasi pubblicazione di numeri riferiti alla pandemia se diversi da quelli del ministero della salute.
Sempre rimanendo in tema di problematiche legate al Covid 19 è opportuno ricordare una preoccupazione espressa da parte del Parlamento europeo legata alla circostanza che la pandemia abbia creato le condizioni economiche di sofferenza per il sistema dei media.

Nel rapporto, inoltre, è evidenziato che i giornalisti più attivi nella denuncia delle difficoltà legate alla possibilità di ottenere informazioni ufficiali sono quelli che operano in Brasile Venezuela e El Salvador. Nella parte bassa della classifica trova ospitalità la Russia attestata al 150esimo posto anche alla luce della sua scandalosa azione legata alla possibilità di stroncare le manifestazioni a sostegno di Alexei Navalny. Ben 20 posti più giù, ovvero al 170esimo posto, si colloca l’Arabia Saudita mentre al 173esimo posto la Siria.

In ultimo, ma non per ultimo, così come riportato nel blog della professoressa Marina Castellaneta - marinacastellaneta.it - è utile ricordare che «l’accesso ai dati telefonici di una giornalista, deciso dalle autorità giudiziarie nazionali per individuare l’autore di un reato, è una sicura violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura il diritto alla libertà di espressione, con particolare riguardo alla libertà di stampa» stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza Sedletska contro Ucraina depositata il 1° aprile «con la quale Strasburgo ha blindato le fonti giornalistiche da ingerenze delle autorità nazionali, compiendo un ulteriore rafforzamento della libertà di stampa essenziale non solo per permettere al giornalista l’esercizio della libertà di espressione, ma anche per consentire alla collettività di ottenere informazioni di interesse generale, fondamentali per la democrazia nel suo insieme».

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