Il punto

Che bella polemica

Roberto Calpista

Bruciando i tempi, le forze di centrosinistra, Pd-M5s-Leu, fanno muro in difesa del rapper, mentre il sindacato interno Usigrai mette sotto accusa, scoprendola improvvisamente, «la partitocrazia» dell’azienda pubblica

Fedez di lotta, di governo e di furbizia. Martire e Santo subito. Nonostante la memoria labile. Tutto dipende dalla prospettiva con cui si guarda al rapper-manager di se stesso e consorte (vale anche al contrario): ieri indecente capitalista o, per altri, generoso e solidale, quando in Lamborghini distribuiva banconote ai poveri. Oggi icona del mondo libero e impegnato o «politicamente ignorante» dopo il suo discorso contro la Lega e a favore del «dl Zan» contro l’omofobia dal palco del concertone del 1° Maggio.

In un mondo distratto e dimentico del testo di una vecchia canzonetta in cui un giovanissimo tatuato se la prendeva con il coming out di Tiziano Ferro, «uno che ha mangiato più wurstel che crauti».
Magari Federico Lucia (veri nome e cognome) è cambiato - nella vita si cambia per fortuna - e ora pare non sbagliarne più una. Diventando finanche unico divino protagonista del giorno in cui si celebra il lavoro, in un Paese in cui il valore «occupazione» è ampiamente defunto e degli operai non parla più nessuno, «che tanto quelli votano a destra», senza chiedersi il perché.

L’ennesima polemica insomma che va «oltre», con lo strascico sulla presunta tentata e non riuscita censura da parte della Rai. Fedez ha infatti accusato i vertici di Rai3 di avergli chiesto di omettere nomi e partiti dal suo intervento sul palco del Concertone. I vertici avevano smentito pressioni e censure. Ma il cantante non si è arreso: «Ecco la telefonata intercorsa, dove la vice direttrice di Rai 3 Ilaria Capitani insieme ai suoi collaboratori mi esortano ad “adeguarmi a un sistema”». Il tutto tramite twitter e instagram, sacri mondi di chi vive di like, compreso il video della telefonata Fedez-Capitani.
Eppure la tivù pubblica, prima del putiferio, aveva già diffuso una nota facendo notare come il video fosse stato tagliato e che «le parole realmente dette erano altre», tra cui «la Rai fa un acquisto di diritti e ripresa, quindi la Rai non è responsabile né della sua presenza, ci mancherebbe altro, né di quello che lei dirà (...). Ci tengo a sottolinearle che la Rai non ha assolutamente una censura», e anche «dopodiché io ritengo inopportuno il contesto, ma questa è una cosa sua».

Caso chiuso. Grazie a Federico Lucia e tutti felici. Ora parliamo della disoccupazione che galoppa? Macché. La carne a cuocere è molta. Innanzitutto, impegno, satira e pure ideologia sono il sale delle democrazie, ma può un artista approfittare della sua posizione privilegiata per entrare nel dibattito politico, assumerne ruoli che appartengono ad altri e stravolgere equilibri delicatissimi, magari con l’aggravante - se verrà dimostrato - di cambiare, o non comprendere, le altrui parole?

Tant’è. Bruciando i tempi, le forze di centrosinistra, Pd-M5s-Leu, fanno muro in difesa del rapper, mentre il sindacato interno Usigrai mette sotto accusa, scoprendola improvvisamente, «la partitocrazia» dell’azienda pubblica. Il primo a ringraziare il cantante è stato il deputato Pd che ha dato il nome al disegno di legge, Alessandro Zan. Poi le prese di posizione si sono moltiplicate tra Pd e M5S. L’ex presidente del Consiglio e leader grillino Giuseppe Conte scrive: «Io sto con Fedez». Poco prima parla il segretario dem Enrico Letta: «Voglio ringraziare Fedez, le sue parole forti che condividiamo in pieno, rendono possibile rompere un tabù, cioè che non si può parlare di diritti perché siamo in pandemia. Occuparsi di pandemia non vuol dire che non si possono fare battaglie per i diritti».

Per eventuali distratti, la legge targata Zan prevede l’estensione dei cosiddetti reati d’odio per discriminazione razziale, etnica o religiosa a chi compia discriminazioni verso omosessuali, donne, disabili.
Ognuno è libero di pensarla come crede, ma resta la questione della presunta censura: tutti con Fedez, tutti contro la Rai, tutti a favore della libertà di espressione. Per carità.

Voce critica solo da Confindustria che - dice il presidente Bonomi - «con il precedente governo, sul Tg1 non c'è mai andata. Penso che un artista, ma in generale tutti debbano poter esprimere il proprio pensiero, rispettoso delle leggi» ma sul caso Fedez «c'è anche il tema della ipocrisia da parte di chi oggi commenta il fatto, perché i vertici di questa Rai qualcuno li ha nominati, e mi sembra che sono gli stessi che oggi stanno contestando».

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