L'analisi
Si fa presto a premiare chi forse può attendere
Una cosa, però, è dato sapere. All’indomani della peste che ha ammorbato l’intero pianeta, il mondo del lavoro sarà un altro mondo
Purtroppo non si sa quando terminerà la tragedia in atto. Una cosa, però, è dato sapere. All’indomani della peste che ha ammorbato l’intero pianeta, il mondo del lavoro sarà un altro mondo. Il nuovo modello organizzativo, già avviato dopo lo sbarco del Covid, rivoluzionerà stabilmente e strutturalmente la vita delle persone e delle aziende. Nulla sarà più come prima. Roba che, al confronto, sfigurerà, per la carica innovativa e la ricaduta esistenziale, la stessa prima rivoluzione industriale di pochi secoli fa, ritenuta da tutti gli studiosi il periodo di maggiore cambiamento socio-economico mai vissuto dal genere umano.
Ripetiamo. Nulla sarà più come prima. Il lavoro da casa ridurrà gli spazi aziendali e gli spostamenti per raggiungere la sede dell’impiego. Le videoconversazioni sostituiranno definitivamente i confronti in presenza, davanti ai tavoli e alle scrivanie, e pure davanti ai distributori di bevande. L’apprendimento a distanza (e-learning), attraverso corsi multimediali, sconvolgerà il modello d’istruzione, a tutti i livelli: dalle elementari all’università.
Sarà un bene? Sarà un male? Di solito ogni novità provoca sconcerto, apprensione, perplessità, opposizione, resistenza. La storia dell’uomo, però, corrisponde a una lunga lista di disgrazie trasformatesi in imprevedibili opportunità, a conferma della grande capacità di adattamento (resilienza, of course) di cui è fornita l’umanità.
Del resto, cosa diceva il filosofo greco Socrate (469-399 avanti Cristo)? Diceva che esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza. Quindi. Se le lezioni ex remoto contribuiscono a rendere più accessibile la conoscenza, l’istruzione, perché dolersene? L’importante è il risultato finale, non la procedura adottata per ottenerlo.
Anche il commercio affronterà uno sconvolgimento di cui, già da mesi, in piena pandemia, si avverte il potenziale dirompente. Ii negozi digitali rappresenteranno l’ordinarietà, la risposta più ecosostenibile nel futuro prossimo venturo. E ancòra. Nuove figure professionali spunteranno, nuovi problemi balzeranno sui tavoli di discussione.
Le prime sperimentazioni sul telelavoro effettuate sei anni fa avevano fornito un dato emblematico (e confortante): un aumento della produttività di poco inferiore al 10 per cento. Mica male. Ma quel test era troppo circoscritto per poter ambire a codificare una legge generale, ossia, in questo caso, che il telelavoro è garanzia di maggiore produttività. Non tutti i settori, non tutti gli impieghi, non tutte le professioni si addicono alle forme più o meno simili o distinte di smart working. Ergo...
Ad esempio. L’economista britannico Nicholas Bloom, un anno fa, mise tutti in guardia dal pericolo di cadere nella «trappola della produttività». Trappola, a suo parere, costituita dalla difficoltà di gestire, lavorando da casa, quattro complicate variabili indipendenti: i bambini, lo spazio, la privacy e le scelte personali. E poi. Certo, il risparmio di tempo e denaro per raggiungere l’ufficio costituisce una gran bella cosa, ma qualche psichiatra già paventa un rimbalzo dei problemi mentali se vita privata e vita lavorativa dovessero iniziare a svolgersi, a tempo indeterminato, nel medesimo luogo.
E comunque. Il nuovo modello organizzativo imposto frettolosamente e obbligatoriamente dall’emergenza Coronavirus sarà l’argomento clou dei prossimi mesi: nei posti di lavoro e in ogni casa. La sensazione è che indietro non si tornerà, vuoi perché la storia non è prodiga di esempi sul terreno delle retromarce, vuoi perché il lavoro a distanza produce effetti salutari soprattutto sul piano della tutela ambientale (un dato su tutti: l’abbattimento del traffico cittadino). Il che non è di poco momento, dato che l’ambiente monopolizza l’attenzione di tutti, nei tv, nei convegni e nei dibattiti domestici.
Allora. Assodato che la rivoluzione Impresa.5 è appena iniziata e che sarà foriera, grazie all’impetuoso contributo della tecnologia, di rivolgimenti radicali, non si comprende per quale ragione si continui a decidere sulla base di schemi mentali e organizzativi del passato.
Esempio: il rinnovo contrattuale dei dipendenti pubblici. Nessuna crociata contro la categoria. Ma se c’è una fascia sociale poco colpita dalle conseguenze collarerali del virus, il suo nome è pubblico impiego. I dipendenti statali, in Italia, non hanno perso né rischiato il posto di lavoro. Grazie allo smart working hanno potuto continuare ad assicurare la propria opera, registrando peraltro qualche beneficio in materia di costi suppletivi (tempo, trasporti, abbigliamento...).
Del tutto opposto lo scenario in larga parte del settore privato, dove alcune attività, dalla ristorazione all’abbigliamento, dall’artigianato al turismo, hanno subìto perdite incalcolabili, che nessuna forma di ristoro o di sostegno (come si dice ora) riuscirà mai a coprire. Molti imprenditori e dipendenti privati si sono ritrovati, improvvisamente, dalla sera alla mattina a secco di introiti, sull’orlo del tracollo.
Morale. In attesa di verificare al meglio in quale direzione, dopo la pandemia, si sarebbe incolonnato il nuovo modello organizzativo del lavoro, sarebbe stato opportuno congelare gli interventi a beneficio degli statali per affrontare - come usa dire - in modo organico e completo (nei settori pubblico e privato) gli aspetti e i problemi generati dal miglioramento dell’equilibrio tra vita personale e prestazione lavorativa, equilibrio segnato adesso dalla soppressione del vincolo temporale (si viene , si verrà sempre più giudicati per gli obiettivi raggiunti, non per l’ossequio al Fattore Cartellino).
Invece si è deciso altrimenti, iniziando a premiare gli statali. Mario Draghi ha detto che è solo il primo passo, lasciando intendere che nessuno sarà abbandonato a sè stesso. Ok. Ma forse sarebbe stato più giusto e più opportuno affrontare la questione ripartendo dalle novità di ogni tipo prodotte dalla rivoluzione del modello di vita e di lavoro innescata dalle prestazioni ex remoto.
In fondo, a partire dalla rivoluzione industriale, la storia economica, quasi ovunque, non ha segnalato altro se non la rincorsa continua tra innovazione e regolazione. Si innova sgomitando e senza permessi. Si regola correggendo le criticità e le anomalìe delle sfide prive di paletti. Nel nostro caso: prima si fa il bilancio dei danni sanitari ed economici della pandemia alle categorie, poi si decide. Alla luce delle novità in fieri.