IL PUNTO

Da Parigi a Roma con amore per segnare un nuovo corso del Pd

Michele de Feudis

L’ex premier Enrico Letta domani sarà incoronato dall’assemblea nazionale come nuovo segretario dem

Da Parigi a Roma per segnare un nuovo corso del Pd sulla strada del «riformismo gentile»: l’ex premier Enrico Letta domani sarà incoronato dall’assemblea nazionale come nuovo segretario dem. E la sua svolta, tutta costruita su riformismo e Ue, rappresenta innegabilmente la rivincita non solo di una proposta politica ma soprattutto di uno stile sobrio e misurato, antitetico rispetto alle proposizioni populiste che hanno albergato (e albergano) nei partiti italiani, anche al Nazareno.

Conclusa l’esperienza di Palazzo Chigi nel 2014, congedato bruscamente da Matteo Renzi, Letta ha dedicato gli ultimi anni all’accademia e alla guida della della Scuola di studi internazionali di Sciences Po di Parigi, scrivendo saggi densi come «Contro venti e maree – Idee sull'Europa e sull’Italia» (il Mulino). C’è infatti un filo rosso tra la sua ricerca politico-culturale e la direzione che imprimerà al Pd nel prossime settimane: quello lettiano sarà un riformismo concreto, con punti di riferimento solidi che vanno da Romano Prodi a Lilliana Segre, evocata con post su Twitter nel quale richiamava l’invocazione della senatrice a «non essere indifferenti». Dovrà non solo consolidare una coalizione progressista con M5S e Leu, ma anche guardarsi dalla seduzione che eserciterà il nuovo leader grillino Giuseppe Conte sull’elettorato storico del centrosinistra, evitando così un sorpasso dei pentastellati nei sondaggi dal sapore davvero beffardo.

Proprio in una intervista del dicembre 2017 alla Gazzetta prefigurò la necessità di una nuova visione per l’Europa, poi configuratasi con il Recovery e un orizzonte comune antipandemia: «Il discorso sull’Europa - spiegava - si cambia andando alla sostanza, lasciando da parte i tecnicismi. Chi è favore dell’Europa deve parlare il linguaggio della vita e della realtà, evitando formule respingenti che danno l’idea di una Unione fredda e lontana». Nella stessa conversazione riservava parole lusinghiere per l’allora presidente della Bce, Mario Draghi, definito «Colui che ha salvato l’Europa. Va messo insieme ai grandi come Robert Schuman e Alcide De Gasperi. La storia gli darà il merito delle sue azioni». E la sintonia con Palazzo Chigi sarà uno dei punti di forza della segreteria Letta, coadiuvata dai rapporti consolidati con il sottosegretario alla presidenza del consiglio Roberto Garofoli, e con il ministro alle Infrastrutture Enrico Giovannini.

L’ex premier immetterà nel partito, ridotto a un corpo lacerato dalle guerre tra bande, anche una iniezione di intelligenze vivaci: dalla portavoce e spin doctor Monica Nardi, al consigliere Marco Meloni, al giovane Michele Bellini, suo assistente a Parigi. Nella squadra del segretario ci saranno anche Alessia Mosca (ex deputato, esperta di commercio internazionale) ma soprattutto Filippo Andreatta, accademico dell’università di Bologna, figlio dell’ex ministro Beniamino. Il dialogo con la sinistra interna ai dem, orfana delle liturgie della «Ditta», lo perseguirà grazie ai buoni uffici dell’ex ministro Peppe Provenzano, e al sottosegretario Enzo Amendola, con il quale condivide una profonda e radicata sensibilità europeista.

Nel videomessaggio con cui ha ufficializzato l’accettazione della sfida della segreteria dem, ha messo in chiaro che non inseguirà unanimismi di facciata, ma chiederà l’adesione a un percorso politico: «Io cerco la verità nei rapporti tra di noi per uscire da questa crisi e guardare lontano». L’obiettivo è favorire un dibattito nei circoli dem e poi «fare sintesi», con «le idee migliori per andare avanti insieme». L’unica strada possibile, al momento, non potendosi celebrare un congresso, per la pandemia, ma soprattutto e per il rischio verosimile di vedere l’arcipelago dem frantumato dalle troppe lotte fratricide.

Privacy Policy Cookie Policy