La riflessione
Il bello in mascherina di chi getta la maschera
Da quando usciamo mascherati, abbiamo sagome diverse
Da quando usciamo mascherati, abbiamo sagome diverse. Il vicino di casa dal baffo sexy si è trasformato in un insignificante commercialista con occhialini tondi; la mora aggressiva che è alla cassa del panificio, con cuffietta e mascherina, ha assunto l'aria di una suora-laica-infermiera, tra l'altro un po' ingrassata. Quanto toglie alla nostra identità quella parte inferiore del viso che il virus ci costringe a mandare in quarantena rispetto agli occhi del mondo? Il tema è decisamente secondario rispetto a tutto quello che sta accadendo, in un anno che manco l'invasione delle cavallette o dei marziani di Orson Welles potevano farci presagire. Sembra di vivere in un film (speriamo a lieto fine), sembra di ripercorrere le ere più buie del passato.
Guardatevi attorno: molti di noi hanno già l'aspetto di zombie, ancora prima che scatti l'ora disgustosa e cretina – parafrasando il presidente della Regione Campania De Luca! - della notte di Halloween. Alcuni psichiatri lanciano l'allarme depressione, altri dicono che il mondo non dorme, che stiamo abusando di melatonina, che servono aiuti psicologici e non solo economici. Il male oscuro dilaga tra noi e pure il “respiro corto” (hai voglia a fare yoga...): tanto per confermare che i corsi e ricorsi storici esistono, ecco che si diffonde un piccolo brano scritto dal poeta e scrittore austriaco Stefan Zweig, il quale – erano i tempi della prima guerra mondiale – descriveva appunto il respiro corto e agitato di milioni di essere umani dicendo che “Più breve è ora il sonno del mondo... più lunghe le notti e più lunghi i giorni”. E ci risiamo, anche se per fortuna siamo in tempi di pace e non ci scoppiano granate sotto i piedi o non ci bombardano sulla città (ci manca solo quello!). E però il virus che dilaga ci intimorisce. Come reagire? Impossibile una ricetta unica, a ciascuno la forza di scovare nell'infinito mare di risorse che è l'animo umano e di trovare la forza per “scavalcare” il periodo e proiettarsi verso tempi migliori.
Se proprio non ci riusciamo, tentiamo con la fantasia, che alla fine fa parte del nostro corredo naturale intoccabile persino dalla più potente carica di goccioline. E allora, eccoci a guardare il mondo mascherato, a inventare personaggi, a trasformare visioni. Se vi sembra un gioco perverso per distanziarvi (verbo non casuale) malamente dalla realtà, lasciate stare. Ma se v'intriga, provateci. Perché in fondo, lasciando in pace Pirandello e le sue profetiche maschere (“Incontrerai lungo il tragitto della tua vita tante maschere e pochi volti”), il nostro “coprifaccia” attuale non è poi tanto distante dall'essere nati umani. Non ci credete? Andate a cercare l'origine della parola “persona”: ebbene, viene proprio da una piccola voce dotta etrusca, phersu, che era riferita alla maschera teatrale. Incredibile, qui il cerchio si chiude: siamo persone, siamo maschere e ora siamo pure imbavagliati dalle mascherine. Che destino. Gianni Rodari ci avrebbe fatto una filastrocca.
Uomini e donne perdono charme, riconosciamolo. Sorridiamo sotto la chirurgica e chi ci sta guardando non lo capisce (addio ironia); parliamo sotto la Fp2 e il nostro interlocutore non sente (addio comprensione); ci imbellettiamo, ci tiriamo le rughe, ma chi ci osserva chiede se usiamo “quella con la valvola” perché protegge di più. Che tempi aridi... in assenza di droplets! Ma giocare con l'immaginazione, che – ricordiamolo – Cartesio metteva al primo posto nel percorso verso la ragione, si può. Yes, you can. Puoi divertirti e sorprenderti nel vedere che il collega incontrato in assemblea ha assunto la possanza mussoliniana ora che lo scalpo della calvizie domina il volto mascherato; o che tua suocera è talmente magra da richiedere mascherine su misura e da somigliare ad Angelina Jolie quando pesava 34 chili. Mille altre vaghe e ilari affinità possono riempire il vuoto delle nostre serate pronte al coprifuoco. In un mondo che sembra un teatro e che un amore globale vero, un afflato non mascherato verso l'Altro, può rendere meno tragico. Il premier Conte si è rivolto alla ditta Fedez-Ferragni per diffondere il verbo della mascherina. Noi, con meno scalpore, rivolgiamoci a noi stessi: indossiamola e ridiamoci sopra. Anzi, sotto.