La riflessione
Un festival del teatro dialettale nel segno di Mariolina De Fano
Mariolina a vedersi osannata in questi giorni dopo la sua fine, sicuramente farebbe un bel quadretto comico dell'arte umana della memoria
È proprio vero che... non essendoci rimedio all'incedere tra vita e morte, sarebbe meglio godersi l'intervallo. Lo diceva un pensatore come Schopenhauer ma l'ironia sarebbe calzata bene anche per una di quelle battute baresi di Mariolina De Fano, che a vedersi osannata in questi giorni dopo la sua fine, sicuramente farebbe un bel quadretto comico dell'arte umana della memoria.
Godendosi l'intervallo tra l'inizio e la fine della sua esistenza, la magrissima e brillantissima attrice ci ha regalato un talento unico, del quale oggi Bari e la Puglia - al di là della furia dell'amarcord – potrebbero fare tesoro. Come? Ad esempio con un vero Festival di teatro dialettale, un progetto unico, carico non solo di sogni singoli ma di programmi e finanziamenti veri (sì, soldi!), capaci di non estinguere quel «classico» che è il sipario alzato sul Novecento del nostro Sud in scena. Un festival tipo Bif&st? Una vera scuola teatrale? Una «Casa» capace di raccontare i grandi nomi che hanno fatto epoca?
Sono tutte idee che in altre realtà regionali e in altri luoghi del mondo esistono. Da noi, diciamo la verità, quando si dice teatro dialettale c'è chi storce il naso, c'è chi pensa al dilettantismo non come eroismo ma come assenza di qualità.
Ci perdoni Mariolina, ci perdonino i tanti attori che navigano in un mare di difficoltà (non solo in era Covid) e che continuano ad allietare un pubblico che – ricordiamolo – è una larga, larghissima fetta di cittadini. Appunto, ci perdonino, se ricordiamo che fanno parte dei figli di un Dio minore, ma è così.
E che avrebbe fatto la spavalda Mariolina, passata dagli eroici teatri locali alle fiction e ritornata sui palchi locali e in quel suo quartiere Libertà che calcava a piedi, passo serrato, sigaretta in bocca e sguardo fiero? «Mè e ce cos' jè, frusche!», avrebbe commentato, (Tipo: «Siete furbi, mi elogiate da morta ma poi storcete la bocca da veri intellettuali!»).
E allora per tributare Mariolina e gli altri eroi di questo Novecento-Duemila pugliese tutto da raccontare, non possiamo che ricordare, come se entrassimo in un nuovo Museo del Teatro dialettale, che Bari ha avuto grandi nomi come quelli di Vito Maurogiovanni, autore di tante commedie in cui Mariolina si è data da fare al massimo, senza risparmiare un filo di voce, una gag, un'improvvisazione delle sue. Esiste già il Premio a lui dedicato, con lo straordinario interesse delle scuole che aderiscono portando in scena quell'arte del racconto di Colino e Marietta, esistono teatri come l'Abeliano di Bari che con Vito Signorile proseguono in quella voglia infinita di fare storia. Ma le iniziative singole, come spesso accade nella nostra Puglia, mancano di una visione d'insieme ed è un peccato. Michele Mirabella sulle nostre pagine ha definito Mariolina De Fano la nostra Tina Pica e potremmo anche dire la nostra piccola e spiritosa Franca Valeri, instancabile, volitiva, arguta, femminista senza esserlo e senza dirlo. Proviamo a scorrere con il nostro critico teatrale Pasquale Bellini le tante opere in cui Mariolina è stata protagonista... Chi aveva dimenticato che abbiamo avuto anche un Goldoni in versione barese? Un Baruffe Chiozzotte che descriveva una Bari settecentesca fatta di pescatori? E il Don Giovanni di Molière diventato Don Juan, autore Nicola Saponaro, rappresentato nel ‘77 al Purgatorio con in scena Gianni Ciardo e Nicola Pignataro, regia di Cosimo Cinieri?
E ancora, Mirabella fu regista di quel piccolo grande capolavoro di Maurogiovanni che nel titolo Aminueamare porta in sé le mandorle amare di un Sud antesignano della Xylella, pronto a soffrire fame e problemi per il fascismo, con la gente pronta a rifugiarsi nel teatro Petruzzelli (quante metafore!) dopo la strage di via Nicolò dell'Arca. E poi le tante commedie di Carmela Vincenti, la prima a creare un personaggio come la «signora barese» che nulla ha meno della «signorina milanese» della già citata Valeri. Ma il meridionale levantino, un po’ da sempre, apprezza ciò che è lontano e denigra il suo. Chissà perché.
Da Goldoni versione barese a Molière e tanti altri ironici racconti del nostro Sud, di chi siamo stati e di chi saremo. Queste sono solo alcune delle tante opere teatrali del passato, alle quali si aggiungono le tante attuali, nei teatri e teatrini di una Puglia, anzi delle Puglie (come le chiamava Cesare Brandi), ricche di centinaia di dialetti diversi, che ora si potrebbero collegare e mettere a confronto. Un festival nazionale, una Scuola, un progetto vero (astenersi disinteressate e puntuali promesse elettorali, thank’s!). Per ora, la rinascita del dialetto è un sogno giocoso che – chissà - Mariolina fa, addormentandosi sulle nuvole del cielo azzurro e cupo della sua città.