L'analisi

Puglia e Sud: le buone abitudini ci salveranno

Tonio Tondo

La nostra nuova responsabilità non è soltanto quella di rispettare le regole stabilite dalle autorità, il distanziamento fisico negli spazi sociali, ancora in gran parte bloccati, e del lavoro, ancora parziali

La Puglia e il Mezzogiorno ripartono. Ciascuno di noi avverte, prima di tutto nella nostra coscienza, una nuova responsabilità. Il caso ha voluto che il coronavirus venuto dalla Cina abbia scelto come primo bersaglio l’Italia a maggiore intensità di aziende produttive e di strutture di servizi sociali che poi coincide con l’Italia più densamente popolata. Abbiamo seguito per due mesi la drammatica sequela dei dati giornalieri sui contagi e sui decessi e abbiamo confrontato, in uno scatto di automatismo, le cifre della catastrofe in Lombardia e della pandemia in Puglia e nelle altre aree del Sud, con un virus quasi ridotto della sua tragica potenza.

La nostra nuova responsabilità non è soltanto quella di rispettare le regole stabilite dalle autorità, il distanziamento fisico negli spazi sociali, ancora in gran parte bloccati, e del lavoro, ancora parziali.

Ma è chiamata ad una prova storica inevitabile e forse unica: quella di riprendere le nostre attività avendo imparato le tante lezioni impartite da un virus che ha bloccato l’economia globale e l’umanità per mesi. Ovviamente si tratta di lezioni diverse (scientifiche, tecnologiche, di organizzazione produttiva, politiche e burocratiche), ma ciascuno è chiamato e sarà sempre pressato dalle urgenze a ridefinire idee, programmi, relazioni, interventi, uso della tecnologia e abitudini sociali nel nuovo contesto che si prepara. E’ umano pensare a ritornare a , ma questa terribile sfida ci terrà impegnati fino a quando non riusciremo ad elaborare una nuova visione.

Su di noi pugliesi e meridionali incombe la responsabilità di affrontare una doppia sfida: riprendere a lavorare con maggiore lena e alzare l’asticella delle nostre ambizioni perché è probabile che molti nostri corregionali decideranno di ritornare nella loro terra e noi dobbiamo aiutarli a ritrovare qui, nelle nostre comunità, le ragioni di una vita degna. Questa doppia sfida, psicologica e culturale-organizzativa, la possiamo affrontare solo se ci libereremo dalle nostre cattive abitudini, dalle presunzioni provinciali e dall’arroganza di sapere già come muoverci e operare.

Osservando con rinnovata attenzione gli altri, proprio a cominciare da ieri, tra coloro che sono tornati nei luoghi di lavoro della manifattura pugliese, incontriamo già i buoni esempi. Quasi tutti gli imprenditori pugliesi non hanno mai abbandonato la loro azienda. Sia chi ha continuato a produrre per garantire i servizi essenziali, dalla pulizia delle strade alle imprese a supporto della sanità e dell’igiene, sia coloro che hanno dovuto aspettare il quattro maggio per riaprire i cancelli. Ogni giorno gli imprenditori e i loro staff hanno presidiato i luoghi di lavoro, per ristrutturare e riordinare ambienti e organizzazione produttiva e per ripensare collocazione e rapporti che inevitabilmente potrebbero essere modificati dalla nuova fase della globalizzazione che si annuncia, molto diversa da quella che abbiamo conosciuto.

Dice Luciano Barbetta, amministratore e fondatore nel 1973 insieme alla moglie Ileana, dell’azienda omonima di Nardò, saldamente posizionata nella catena del lusso made in Italy. . In fabbrica sono tornate tutte e 200, ma anche le 100 artigiane che nei loro microlaboratori lavorano con sapienza hanno riaperto. .

DINAMISMO - Barbetta non è mai rimasto con le mani in mano. Nella quarantena ha prodotto mascherine di qualità con un gruppo di lavoratrici, lo ha fatto per una scelta morale di solidarietà sociale perché una mascherina fatta bene non può subire la mannaia dei 50 centesimi. Ma la vocazione etica dell’azienda vince anche contro le scelte politiche sbagliate, perché proprio lo spirito morale spinge e motiva le persone a migliorare sé stessi e il risultato del proprio operato.

Uno studio del professore Federico Pirro del 2019 ha messo in luce la nuova realtà delle imprese del Tac (Tessile, abbigliamento e calzaturiero) che a Barletta, Putignano, Martina Franca, Casarano e Nardò, sono riuscite a riposizionare le produzioni nella fascia della media e alta qualità delle filiere. La selezione è stata dura, in 20 anni di crisi a seguito dell’apertura dei mercati ai Paesi con un basso costo del lavoro. Tra questi la Cina che ha tratto un grande vantaggio in questi anni. Molti posti di lavoro sono andati perduti. Adesso, con la riapertura, in uno scenario completamento nuovo, con i mercati in subbuglio, i nostri imprenditori pugliesi dovranno tradurre i loro sforzi nella grande partita: recuperare le quote di mercato cresciute tra il 2018 e il 2019 e stare in guardia giorno e notte sui cambiamenti di filiere e alleanze, di assetti tecnologici e di nuove ondate di ristrutturazioni.

Ma contro il coronavirus la lotta deve essere sistemica, non può essere sostenuta solo da una pattuglia, se pure valorosa, di protagonisti. Occorre il coraggio, la disciplina e lo spirito di intraprendenza di ogni cittadino e dei responsabili politici locali, nazionali e globali. Però sono indispensabili decisioni chiare e proporzionate alla complessità e alla gravità delle conseguenze della pandemia. Dice Giancarlo Negro, amministratore della Links, un’azienda del digitale con centinaia di dipendenti, e presidente della Confindustria della provincia di Lecce: . Questa la grande questione, politica e di potere tecnico giuridico della burocrazia nei suoi intrecci con la politica, che come un macigno sempre più insopportabile rischia di vanificare lo spirito di iniziativa e la creatività di tanti italiani a cominciare dal Mezzogiorno.

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