Il punto

Caro Fedez le tue paure siano un messaggio per chi soffre

Ugo Sbisà

Dopo la confessione del rapper milanese in tv: nell'era dei social anche la malattia va ostentata

C’è stato un tempo nel quale le notizie di malattie e di problemi di salute delle persone note venivano taciute per evitare che, circolando, potessero rallentarne o addirittura frenarne le carriere. Era un’epoca che, se ci passate la forzatura, si potrebbe definire A. S., ovvero «avanti social», parafrasando la formula dell’«avanti Cristo» con cui parte il calendario inventato da Dionigi il piccolo.

Pudori, riservatezze da piccolo mondo antico che fanno quasi sorridere nell’era del D. S. (dopo social) che invece vuole esposto, quando non addirittura esibito, ogni dettaglio delle vite private delle celebrità in ossequio a un voyeurismo cibernetico che misura il successo in maniera inversamente proporzionale alla tutela del privato. Tutto ciò per dire che la «confessione» affidata da Fedez a Peter Gomez l’altra sera in televisione, rientra perfettamente in queste nuove regole.
Intendiamoci, la notizia del rischio sclerosi multipla col quale il rapper milanese - ma dalle radici lucane - ha appreso di dover convivere è drammatica, come lo sarebbe per chiunque, anche se non fosse baciato dal successo, dalla notorietà, dalla ricchezza. E una volta di più sta a ricordarci che, come recitava il titolo di una storica telenovela messicana, «anche i ricchi piangono».

Fedez ha fatto la sua confessione su un mezzo quasi... osboleto, la televisione, sul canale Nove. Ma contemporaneamente ha dovuto rassicurare i fan sui social, quegli stessi che hanno «creato» il fenomeno dell’influencer Chiara Ferragni (sua moglie, casomai qualcuno ancora non lo sapesse) e che hanno praticamente raccontato la storia del loro matrimonio in ogni minimo dettaglio, incluso l’arrivo del piccolo Leone, il loro figlioletto del quale si sa praticamente tutto. È bastato infatti che la notizia cominciasse a circolare perché le reazioni dei fan creassero un vero e proprio tsunami emotivo che ha costretto il nostro a intervenire per dire che sì, il rischio c’è, è stato diagnosticato, ma è fortunatamente ancora potenziale, per cui la vita e il lavoro andranno avanti come sempre. Potenza dei social... o vacuità dei tempi.

«È successo un evento importante, difficile, che mi ha fatto capire delle priorità» ha dichiarato Fedez a Peter Gomez, lasciando intendere che, forse, la vita ora gli appare sotto una luce diversa e, soprattutto, che gli ha ricordato di essere fragile, vulnerabile, in altre parole «reale» come un qualunque uomo della strada. Una riflessione - quella sì - che è stato giusto rendere pubblica perché arriva direttamente a un mondo giovanile sin troppo incline a considerare i propri idoli come degli esempi da seguire tanto nel bene quanto, se non nel male, almeno in quella apparente sregolatezza che contribuisce a creare mediaticamente i personaggi.

Solo pochi mesi fa, era toccato alla salentina Emma Marrone rendere noti i problemi di salute che l’hanno portata nuovamente in sala operatoria. In quella circostanza, di Emma ci avevano colpiti il coraggio, la sfida alla malattia lanciata senza spavalderia, ma con amore per la vita. Sarà forse merito della musica, che magari non guarisce i mali - non ce ne vogliano i fan del tarantismo - ma decisamente rinforza gli animi e li predispone ad affrontare anche il peggio nel migliore dei modi. E fra i tanti esempi ne scegliamo soltanto uno, quello del «piccolo» Michel Petrucciani che, finché ha vissuto, col suo pianoforte ha saputo donare al mondo una musica meravigliosa, superando i limiti fisici impostigli da una natura matrigna.

Ecco, se al di là della «socializzazione della malattia» che è figlia dei nostri tempi, Fedez sapesse e volesse ricavarne anche un altro genere di messaggi, dimostrerebbe di valere ben più dell’effimero di un singolo concerto o di «post» affidato alla rete. Se si scoprisse più uomo e meno personaggio, farebbe qualcosa di utile per sé, ma soprattutto per i tanti giovanissimi che lo seguono. Ci piace pensare che sappia e soprattutto voglia farlo. I buoni esempi non sono mai troppi. Per il resto, ovviamente, l’augurio è che possa vincere la sua battaglia. Coraggio!

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