Il commento

Dal Gargano a Matera in bici: il futuro sulle «strade bianche»

Oscar Iarussi

Una dozzina fra docenti universitari e operatori culturali hanno percorso trecentocinquanta chilometri in bicicletta dalle antiche faggete della Foresta Umbra fino a Matera

Uno non si distrae al bivio - si potrebbe dire parafrasando un titolo di Rocco Scotellaro - quando ci arriva a piedi o in bicicletta, con il ritmo giusto. È il bivio delle scelte cruciali tra modelli di sviluppo assai diversi, fonti di energia, infrastrutture etc. Proviamo allora a giungervi lungo le cosiddette «strade bianche» che portano dal Gargano nelle terre del poeta lucano Scotellaro (gli Oscar Mondadori ne hanno appena ripubblicato l’opera). Sono strade secondarie, a volte poco più di un sentiero o resti di un tratturo per la transumanza; le stesse che un tempo erano segnate in blu nelle cartine d’America e furono raccontate da uno struggente reportage di William Least Heat-Moon (Strade blu, Einaudi 1988). Gli itinerari «nascosti» rispetto alle arterie del traffico sono essenziali per la custodia e la vitalità dei territori, irrorano il paesaggio e l’antropologia culturale. Geografia e storia, o, se volete, passato e futuro on the road.
Nei giorni scorsi una dozzina fra docenti universitari e operatori culturali hanno percorso trecentocinquanta chilometri in bicicletta dalle antiche faggete della Foresta Umbra fino a Matera capitale europea della cultura. Un itinerario a tappe con poche decine di chilometri di «raccordi» coperti in treno.

La piccola carovana ha esplorato i sentieri e forato à gogo, costeggiato le ferrovie minori e l’autostrada, e pedalato lungo le condotte dell’Acquedotto pugliese, toccando cinque siti patrimonio dell’Unesco: la Foresta Umbra, il Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, Castel del Monte, i Trulli di Alberobello e i Sassi di Matera. E il giro ha attraversato i due Parchi nazionali del Gargano e dell’Alta Murgia raccontati in un recente libro di Antonio Canu (il Mulino), e i due Parchi regionali Terra delle Gravine e Murgia materana.

L’«evento di prova» è stato progettato dall’Osservatorio E-Scapes del Politecnico di Milano, che si dedica «allo studio e alla valorizzazione delle connessioni lente tra borghi e città e allo sviluppo dei territori attraversati». A curarlo sono stati Francesco Tarantini, neo-presidente del Parco dell’Alta Murgia, e Domenico Nicoletti che dirige il Parco, forte dell’esperienza nell’integrare saperi diversi maturata nel Cilento e in Abruzzo. Parecchi i soggetti coinvolti: la Regione Puglia e il Polo museale pugliese, i Comuni lambiti dal tour, l’Aqp, l’Ente della Regione Piemonte che gestisce i Sacri Monti, gruppi di cappelle dedicate alla vita di Cristo. Fra i partner, ecco ancora la Fondazione Matera 2019 e la Commissione nazionale italiana per l’Unesco presieduta da Franco Bernabè, il quale ha accolto i ciclisti al «traguardo» nel Palazzo dell’Annunziata di Matera.
In sella, fra gli altri, c’erano il segretario generale della Commissione Unesco Enrico Vicenti, il regista della Rai Guido Morandini che ha documentato in video la spedizione, gli urbanisti Andrea Rolando e Alessandro Scandiffio del Politecnico di Milano, che prefigurano un futuro vivido per questi luoghi. Ma qual è il fine del «gioco»? Promuovere il patrimonio culturale e naturalistico attraverso percorsi lenti. «Pensare a piedi», come per primo invitò a fare il sociologo Franco Cassano nel suo classico Il pensiero meridiano (Laterza 1996). In questo caso, pedalare per scandagliare la modernità, senza rimpianti dell’arcadia contadina.
Anzi, affiora l’idea dell’inutilità di certi tic o esorcismi anti-traffico, «come la costosa mania di costruire piste ciclabili ovunque», dice Nicoletti. «Sono care e non servono - spiega -, quando invece basterebbe curare le strade minori e renderle più sicure da percorrere in bicicletta. Un po’ dei soldi europei pronti per le ciclabili vanno destinati a questi percorsi». Magari per connetterli con le infrastrutture principali - aggiunge Rolando, un piemontese innamorato del Sud: «Per esempio Ruvo di Puglia è uno snodo che si può raggiungere in treno direttamente dall’aeroporto di Bari-Palese».

Nel 2019 dedicato al turismo lento, la scelta di muoversi in bicicletta è un contributo allo sviluppo sostenibile che piace tanto a Greta Thunberg e sarebbe da diffondere tra i suoi coetanei dei «Fridays For Future». Gargano, Tavoliere, Ofanto, Murge, lame e gravine sostanziano o delimitano la dorsale dell’Appennino che è anche una riserva simbolica, a vario titolo in luce nelle pagine di Raffaele Nigro, Mariolina Venezia, Giuseppe Lupo, Franco Arminio, Andrea Di Consoli, Mimmo Sammartino, Claudia Durastanti, Gaetano Cappelli, Dora Albanese, ma anche sullo schermo, da Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo a Il bene mio di Pippo Mezzapesa con Sergio Rubini.

A ogni tappa i ciclisti hanno incontrato le istituzioni locali e a Matera, in pantaloncini e giacche a vento, hanno fatto il punto in un meeting concluso dall’assessore ai Sassi, l’architetto Angela Fiore. Qui il presidente della Fondazione Matera 2019, Salvatore Adduce, ha suggerito di esplorare la prossima volta i sentieri «segreti» che nei boschi di Ferrandina e Pisticci portano ai pozzi di metano dell’Eni, da tempo in disuso. «Non dobbiamo sempre scegliere fra l’essere straccioni o postmoderni - sostiene Adduce - una via intermedia è possibile». E la paesaggista Maria Valeria Mininni, docente all’Università della Basilicata, ha proposto di adottare la visione delle strade «laterali», più ampia perché include quanto accade «dietro le quinte» rispetto alle carreggiate di grande scorrimento. Così rinnovando l’immaginario del Sud, l’infrastruttura decisiva per andare oltre gli stereotipi.

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