Economia
L'autunno caldo delle tasche degli italiani
Quest’anno ad aggravare la pressione fiscale si aggiungono altre due voci: un ennesimo nuovo governo e i raid contro gli impianti petroliferi in Arabia Saudita
Si prepara un autunno caldo per le tasche di noi poveri italiani. Certo, ogni anno, dopo la consueta caduta delle «foglie morte», arriva puntale la stangata legata alla Finanziaria che deve, o almeno dovrebbe, servire a riportare in ordine i conti del nostro sgangherato Paese sempre più oberato da un debito pubblico che, unico, non conosce «crisi». Aumenta sempre nonostante gli strombettanti annunci che i nostri infaticabili governanti, da decenni, riversano sulle nostre menti ormai obnubilate dalla caterva di tasse, tributi, imposte: pagare sempre pagare.
Ma quest’anno ad aggravare la pressione fiscale, diretta o indiretta, che preme sui nostri sempre più sottili portafogli, si aggiungono altre due voci: un ennesimo nuovo governo e i raid contro gli impianti petroliferi in Arabia Saudita.
Una Finanziaria ordinaria già promette una bella mazzata, ma un nuovo governo, per sua stessa natura, non può che finire con l’aggravare le cose. Al momento dell’insediamento, infatti, il presidente del Consiglio di turno, illustra un libro dei sogni che comunque vanno alimentati con denaro contante. Mai le lacrime sudore e sangue che annunciava Winston Churchill ai cittadini britannici nel drammatico maggio del 1940. Per noi solo rosee prospettive come la piuttosto recente «eliminazione della povertà».
Fra le tante promesse di razionalizzazioni e riorganizzazioni, naturalmente a esclusivo beneficio dei contribuenti, questa volta c’è l’unificazione di Imu (Imposta municipale unica) e Tasi (Tributo per i servizi indivisibili). La saggezza che deriva dall’età, leggasi vecchiaia, porta ad assodare che dietro una razionalizzazione contributiva non possa che esserci un aumento complessivo: nonostante la matematica non sia un’opinione, una tassa più un’altra tassa porta al risultato di tre anziché due. Ci piacerebbe sbagliare ma così purtroppo temiamo non sarà. Del resto qualcuno il conto delle promesse dei nuovi governi lo deve pur pagare ed è, inevitabilmente, il solito noto, il contribuente, quello già randellato mille volte.
Come non bastassero i problemi di casa nostra, dal momento che «il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo», ecco che i raid contro gli insediamenti petroliferi in Arabia Saudita rischiano di innescare una corsa sfrenata del prezzo dei carburanti nel resto del mondo. E questo è particolarmente grave in Italia dove il livello delle accise sui prodotti petroliferi non conosce rivali. Alcuni analisti, speriamo si sbaglino, prevedono che il costo della benzina possa arrivare a superare i due euro. Con tutto quello che ne consegue riguardo all’ulteriore aumento generalizzato dei prezzi a causa della crescita dei costi di produzione e trasporto di qualsiasi cosa.
Più ancora che caldo sembra che ci aspetti pertanto un autunno, e pure un inverno, entrambi roventi. C’è da restare traumatizzati in un Paese, nel quale, proprio in questi giorni, tra il serio e il faceto, si parla, di una «tassa sulla pipì», ma si profila, tra le altre, anche una più intricata e controversa tassa sui contanti. Però rassicuriamoci. Tutto servirà a migliorare ulteriormente il nostro tenore di vita e combattere gli sprechi nella spesa pubblica. Non accade già così da tempo immemore?