L'analisi
Italia, il gioco delle coppie con Usa, Russia Europa e Cina
L’Italia poi è afflitta da un debito pubblico mostruoso, e quando un Paese, come una famiglia, chiede aiuto ai creditori, perde in automatico pezzi di sovranità
Donna Italia è l’Elena dei tempi mederni, la Grande Bellezza più contesa dai potenti della Terra. È persino più contesa, l’Italia, della stessa Europa perché all’interno dell’Unione ci sono nazioni che, vuoi per peso militare (Francia), vuoi per valenza economica (Germania) hanno i mezzi per non lasciarsi sedurre e sottomettere. L’Italia poi è afflitta da un debito pubblico mostruoso, e quando un Paese, come una famiglia, chiede aiuto ai creditori, perde in automatico pezzi di sovranità. Ma l’Italia non è una pedina qualsiasi del Vecchio Continente. L’Italia fa parte del club dei soci fondatori della Comunità Europea e tuttora può gloriarsi - nonostante la crescita zero in atto - di esprimere la seconda industria manifatturiera dell’Unione.
Il che, grazie anche a una collocazione geografica speciale (al centro del Mediterraneo) la rende molto più appetibile e appetitosa delle altre realtà nazionali circostanti.
Non a caso lo Stivale è sotto i riflettori del terzetto che domina, e si disputa, l’intero pianeta: gli Usa, la Russia e la Cina. Gli americani non sono più quelli di una volta, quelli che grazie agli aiuti militari concessi alla Resistenza contro il fascismo e agli aiuti economici concessi alla Repubblica attraverso il Piano Marshall, hanno esercitato, per dirla con il saggio di Paolo Messa sullo sharp power (potere tagliente), il soft power nella Penisola e nell’intera Europa. Adesso, con la presidenza Trump, l’America è meno predisposta a scucire dollari per la difesa degli alleati, anche se l’Europa ospita le basi militari di Zio Sam. Però l’America forse si sta rendendo conto che il Potere non ammette vuoti. Se uno Stato protagonista arretra, ci sarà sempre un altro che vorrà occupare lo spazio lasciato libero.
Infatti. Gli altri attori non stanno dietro le quinte. Vogliono recitare da mattatori sul palcoscenico della politica estera che, non dimentichiamolo, significa Politica con l’iniziale maiuscola.
La Russia da sempre vede pericoli ad ovest. Di sicuro un’Europa unita non è vista con favore dal Cremlino. E disponendo di validi argomenti, vedi il possesso di decisive fonti energetiche (petrolio e gas), Mosca sa come farsi valere e ascoltare anche nelle capitali occidentali. Un’Italia sovranista e anti-europea rappresenta il top per i piani di Vladimir Putin, quasi certamente il leader più allenato alle prove del realismo politico. Un’Italia smarcata o addirittura «divorziata» dall’Europa costituirebbe per lo zar russo l’inizio della disarticolazione del Vecchio Continente, il principio della fine del sogno unitario che già fu di Carlo Magno (742-814). Di qui la strategia dell’attenzione moscovita a beneficio di Matteo Salvini, cui la avvicina anche il comune credo «Dio, patria e famiglia».
La Cina non vuole stare a guardare. A Pechino non basta acquisire la Pirelli e i due più importanti club calcistici italiani dopo la Juve. Pechino vuole incidere di più, non solo sul piano della penetrazione economica. Il suo arco di munizioni comprende una freccia assai convincente: i quattrini, la possibilità cioè di sottoscrivere quote del debito pubblico italiano. I cinesi non hanno fretta. Né vogliono muoversi con l’indelicatezza di un elefante in una cristalleria. I cinesi sanno che è sufficiente ricercare il «vantaggio minimo», in ossequio al principio del gradualismo che ispira la loro strategia di crescita economica e geopolitica, per acquisire posizioni su posizioni in terra straniera. La via della seta è lo strumento ideale per mettere piede in Italia, ad esempio cominciando dai porti, sulla scia dell’approdo al Pireo, in Grecia, dove ormai si parla più la lingua di Confucio (551-479 avanti Cristo) che il lessico di Aristotele (384-322 avanti Cristo).
Se Salvini sembra l’italiano più vicino a Putin, nella cui filiera di amici il vicepremier leghista ha soffiato il primo posto a Silvio Berlusconi, il vicepremier grillino Luigi Di Maio, eccezionalmente in tandem con il ministro dell’Economia Giovanni Tria, sembra l’italiano più sensibile all’ingresso in grande stile dei cinesi sulla Penisola (anche se i due cercano di rassicurare il Magnate della Casa Bianca). Del resto, è sufficiente leggere dichiarazioni e interviste per dedurre che è questo l’ordine delle coppie interne-esterne nel valzer delle relazioni Italia-Resto del mondo.
E l’Europa, l’Occidente? Chi è rimasto a presidiare il campo delle tradizionali alleanze del Belpaese? Un nome. Sergio Mattarella. Per storia e cultura politica, il presidente della Repubblica è filo-atlantico e filo-europeo. E non fa nulla per nasconderlo.
Ma cosa accadrebbe in Italia e, a questo punto, anche sullo scacchiere internazionale, se al Quirinale salisse una persona lontana dalla linea Mattarella sulla politica estera e sulla collocazione euro-occidentale del nostro Paese? I contraccolpi si avvertirebbero in mezzo mondo, non solo in Italia e in Europa. Per la prima volta verrebbe messa in discussione seriamente e, forse definitivamente, l’assetto dell’Unione così come si è sviluppato negli ultimi decenni. E anche al di là dell’Atlantico, qualcuno comincerebbe a porsi più di una domanda sui rischi, per gli stessi States, di uno sfarinamento del sodalizio europeo.