La riflessione

Stop all’ora legale, così io torno a vivere

Raffaele Nigro

«Non dover cambiare le lancette dell’orologio e dunque poter rispettare l’orologio biologico sarà un piacere»

Non soffrirò di nostalgia per l’ora legale che se ne va. Mi ha devastato la vita per tutti gli anni che ho vissuto, regalandomi un qualche risarcimento solo in bocca all’inverno, quando se ne andava via dalle balle e mi offriva alcuni risvegli più tardi rispetto a quelli dell’estate.

Non dover cambiare le lancette dell’orologio e dunque poter rispettare l’orologio biologico che mi porta automaticamente a chiudere gli occhi o a spalancarli dolcemente, abitudinariamente, sempre secondo lo stesso meccanismo naturale e non secondo l’imposizione della sveglia sarà nei prossimi anni di sicuro un piacere. Almeno per me che sono un pigro (fa meravigliosamente rima col mio cognome!) con me che con il sonno ho sempre fatto a pugni. Anche se mi rendo conto che per paesi dove si è refrattari ai diktat della Lega nord anche sull’orologio, il fatto di svegliarsi con un sole che si va alzando forse non è boccone troppo facile da digerire.

Io non rimpiangerò l’abolizione dell’ora legale. Perché vi dico la verità, a differenza dell’inverno, d’estate faccio tutto in maniera costretta e affannosa. Sono un sedentario e non riesco ad abituarmi a questa società liquida di oggi che come ti fa correre dietro le tante politiche che indossano ogni giorno una casacca nuova (alla Salvini), così ti fa rincorrere l’orologio. Mi sveglio tardi ed è sempre più tardi di quello che pensavo, a casa mi dicono che mi perdo le albe e le mattine, che se mi sveglio alle otto secondo l’ora convenzionale sono già le nove, se non le dieci e mi perdo proprio tutto il bello del risveglio, gli odori dell’alba, i ragazzi che vanno a scuola recalcitrando. In aprile non mi godo la primavera. E tra giugno e settembre non mi godo la frescura del mattino. Sono gli osannatori dell’ora legale. E così accade che se esco non faccio in tempo a raggiungere qualche amico o a fare la spesa che già devo volare per rientrare. Con l’ora legale per me è tutto un disastro, un affanno. Sono sempre in corsa dietro le lancette dell’orologio e non sono ancora in piedi che bisogna già mettersi a tavola, farsi venire l’appetito.

Io sono anche un tiratardi impenitente, lo confesso. E penso che anche per chi non è così appassionato delle ore piccole, è piacevole a sera partecipare allo struscio o alle vasche ingannammare o alla frescura della collina. Penso ad esempio al popolo dei nottambuli di piazza del Ferrarese, a Bari. I ristoranti aperti a ore impossibili, le pizzerie e le rosticcerie che fumano odori di pizze e panzerotti, il vociare allegro dei ragazzi che scarpinano da corso Cavour al Fortino e viceversa o su e giù per il lungomare. Sprofondi intorno ai tavoli delle birrerie e ti godi la notte che scende purtroppo rapidamente, troppo rapidamente. Ogni tanto guardi l’orologio e ti dispiace, l’orologio biologico ti dice «dove vai, è presto per rincasare, troppo presto per andare a letto». Ma quello legale ti mostra le ore che sono già fuggite e scivolano rapidamente verso una notte che si affanna attorno alla luna e al sole e già pensa al lavoro. Tutto troppo in fretta. Tutta una catena di montaggio. Perciò, per favore, lasciamo che il sole faccia il suo corso, che si impigrisca insieme a me e mi porti la notte con lentezza. Che meraviglia la notte dei sud, con la chiacchiera che scorre tra i tavoli, le scarpinate che ti accompagnano in quel museo meraviglioso delle vetrine: vestiari ori lingerie libri volti gambe altri volti altri vestiari odori di caffè e artisti di strada che cantano suonano fanno chiasso. Un contrappeso al giorno fatto di cemento case alberi campagne mare auto moto bici e lavoro lavoro lavoro (per chi ce l’ha!).
L’orologio ora finalmente si è fermato e la notte è una notte più lenta, più umana, non asservita ai bisogni del lavoro e dei guadagni.

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