La riflessione
Dramma sfollati, la vita racchiusa in un trolley
Il mondo non fa che mostrare le sue diseguaglianze: nelle stesse ore, c’è chi sistema le proprie cose in un trolley per raggiungere un aeroporto e chi s’impacchetta la vita perché è diventato uno «sfollato».
E la chiamano estate... ecco il refrain, se a qualcuno fosse rimasta la voglia di cantare. L’orrore di questo Ferragosto non ha eguali: un ponte che crolla trascinando corpi, auto e case è un fatto doloroso e inaudito. Un ponte che crolla nell’era del populismo e nel pieno delle vacanze (altrui) è un fatto ancora più doloroso e inaudito.
Il mondo non fa che mostrare le sue diseguaglianze: nelle stesse ore, c’è chi sistema le proprie cose in un trolley per raggiungere un aeroporto e chi s’impacchetta la vita perché è diventato uno «sfollato».
«Le prime case saranno consegnate da lunedì prossimo. Il nostro obiettivo è sistemare tutti», ha detto ieri il sindaco di Genova Marco Bucci visitando il centro sfollati di Buranello, zona in cui si vive una tragedia nella tragedia, quella di coloro che in un attimo si sono trasformati da residenti predisposti alle ferie in autentici senzatetto, ai quali è impedito di rientrare in casa. Le rassicurazioni mettono i brividi. Leggete questa frase pronunciata dal nuovo commissario (ce ne sta sempre uno, in questi casi): «Una quarantina di case sono pronte da lunedì, un’altra quarantina ci sono state messe a disposizione nella zona di Quarto da Cassa depositi e prestiti dove si stanno ultimando i lavori in velocità. Ulteriori 100 case saranno pronte probabilmente per la fine di settembre, più un totale di 350 case individuate da Comune e Regione disponibili entro fine novembre». Settimane, mesi, chissà, quanti. E quante persone in difficoltà.
Di fronte all’orrore delle famiglie che hanno perso i propri cari questa è una tragedia minore, ma sempre tragedia è. Da una parte, quelli che gridano «Ce li ha ammazzati lo Stato» e dall’altra, quelli che, sì sono sopravvissuti, ma devono rifarsi i conti di un’esistenza. E le strane coincidenze: quel chiamare «Zona Rossa» il luogo del crollo in cui si stanno ancora recuperando i corpi, «Zona Rossa», appunto, come abbiamo sentito chiamare tante volte quelle sedi dell’emergenza del terrorismo, degli attentati, dei vertici internazionali...
Viviamo ormai una «Zona Rossa» perenne, in cui gli eventi sembrano succedersi così velocemente da non lasciarci lo spazio per riflettere. Un’emergenza continua che mette il fiatone agli inviati dei Tg e che fa sprecare il fiato ai tanti politici che ora si azzannano come fiere al di sopra di quel ponte crollato, metafora evocativa talmente esplicita da sembrare (speriamo) fallace.
Le gare solidali, la focaccia portata da una signora sconosciuta a sfollati e vigili del fuoco, i mutui sospesi da una banca nei confronti di chi si stava pagando quella casa investita da un ciclone di cemento, sono tutti i volti della speranza di questa immane tragedia. Sulla quale però svolazzano corvi neri alla Van Gogh che hanno i volti di quanti in queste ore si rimpallano accuse, «cinguettando» slogan e favolette (termine non casuale!), costruendo non solidi ponti ma ancora muri, così fragili da far prevedere ulteriori e dolorosi crolli (umani).