Ambiente e salute
Ecco come l’ecologia influenza il benessere
L’ambiente è il primo dei farmaci. Ciò che respiriamo, beviamo, tocchiamo e viviamo quotidianamente ha un impatto diretto sulla nostra salute, spesso maggiore di quello esercitato dalla genetica o dallo stile di vita. La Medicina Ambientale, una disciplina in rapida espansione, studia proprio questo intreccio: il legame tra i fattori ambientali, fisici, chimici, biologici e sociali, il benessere psicofisico degli esseri umani. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, fino al 25% delle malattie globali e oltre il 33% di quelle che colpiscono i bambini sono causate da fattori ambientali modificabili. Un dato che dovrebbe far riflettere, soprattutto considerando che il contesto in cui viviamo è plasmabile: può essere progettato, corretto, migliorato. Eppure, troppo spesso lo trascuriamo. Non si tratta solo dell’inquinamento dell’aria o dell’acqua, ma di un ecosistema complesso che comprende anche le disuguaglianze sociali, le condizioni abitative, il rumore, la qualità degli spazi verdi, l’accessibilità ai servizi. Le cosiddette determinanti ambientali e sociali della salute operano insieme, influenzando il nostro stato fisico e mentale fin dalla nascita, o addirittura da prima. Le esposizioni prenatali a interferenti endocrini, metalli pesanti, pesticidi e altri inquinanti sono oggi documentate da decine di studi internazionali e rappresentano un fattore di rischio concreto per lo sviluppo neurocognitivo, immunitario e oncologico nei bambini. In Italia, la realtà è drammatica. Il cancro è diventato la prima causa di morte per malattia in età pediatrica.
Secondo i dati dell’AIRTUM, l’Associazione Italiana Registri Tumori, l’incidenza di nuove neoplasie nei bambini sotto l’anno di età è tre volte superiore alla media europea, e due volte superiore nella fascia pediatrica complessiva. Un’anomalia inquietante che non può essere ignorata.
L’inquinamento atmosferico, in particolare quello da polveri sottili (PM2.5), biossido di azoto e ozono troposferico, è stato associato con forza a malattie cardiovascolari, respiratorie, neurologiche e oncologiche, nonché a effetti negativi sullo sviluppo fetale e infantile. E non è solo questione di aria esterna. Quella che respiriamo in casa, dove trascorriamo oltre il 90% del nostro tempo, può essere anche più insidiosa. L’inquinamento indoor è spesso invisibile ma pervasivo: composti organici volatili, formaldeide, muffe, gas Radon, microplastiche aerodisperse, residui di detergenti, materiali da costruzione non certificati. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, l’aria indoor può essere fino a cinque volte più contaminata di quella esterna. Le soluzioni esistono e sono alla nostra portata. Ventilare regolarmente gli ambienti, dotarsi di sistemi di ventilazione meccanica controllata, utilizzare purificatori d’aria con filtri HEPA, ULPA o ad acqua ma scientificamente validati, scegliere materiali naturali e atossici per arredamento e superfici, evitare profumazioni artificiali e pesticidi domestici. Oggi esistono anche sistemi di monitoraggio smart che consentono di tenere sotto controllo in tempo reale i livelli di inquinanti interni, temperatura, umidità, aiutandoci a prendere decisioni informate sulla qualità dell’ambiente che abitiamo. Anche l’acqua, risorsa tanto preziosa quanto minacciata, merita un’attenzione nuova. In Italia l’acqua del rubinetto, quella che spesso chiamiamo «l’acqua del sindaco», è generalmente di ottima qualità, controllata più di quella in bottiglia. Ma le minacce ambientali, dalla contaminazione da nitrati e pesticidi alla presenza di microplastiche e PFAS, stanno rendendo vulnerabili anche le nostre fonti idriche. Le microplastiche sono ormai state rinvenute nelle acque piovane, nei laghi, nei mari e perfino nell’acqua potabile imbottigliata. Studi recenti hanno confermato la presenza di nanoplastiche nel sangue umano e nella placenta, sollevando interrogativi inquietanti sul loro impatto biologico a lungo termine, in particolare in termini di infiammazione cronica e danni cellulari. Il consumo quotidiano medio di acqua in Italia si aggira intorno ai 220 litri per persona. Un numero che può essere ridotto senza sforzi eccessivi: installando frangigetto aerati sui rubinetti, preferendo la doccia alla vasca, utilizzando lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico, raccogliendo l’acqua piovana per irrigare, segnalando tempestivamente eventuali perdite domestiche. Anche evitare l’uso di acqua in bottiglia contribuisce non solo al risparmio idrico, ma anche alla riduzione della plastica monouso e del trasporto su gomma, con un impatto positivo diretto sull’ambiente. Prendersi cura dell’ambiente è, oggi più che mai, un atto di responsabilità individuale e collettiva. Non si tratta solo di proteggere la natura, ma di salvaguardare la salute pubblica, soprattutto quella delle generazioni future. La medicina ambientale ci insegna che le malattie non nascono nel vuoto: hanno radici spesso invisibili ma profondamente intrecciate con ciò che ci circonda. E noi possiamo, e dobbiamo, agire. Cominciando da casa, da ciò che respiriamo e beviamo ogni giorno, con scelte consapevoli e informate. Perché l’ambiente non è solo il luogo in cui viviamo. È ciò che ci vive dentro.