La strada

Regina Viarum, la storia della strada nata tra il IV e il III secolo a.c.

Enrica Simonetti

Da Roma a Brundisium o viceversa? Paolo Rumiz: l'idea del mio cammino è nata qui

La fine, a volte, può anche essere un inizio. Siamo a Brindisi, davanti alle antiche colonne che chiudono l’antica Via Appia e qui, tenendoci alle spalle il mare e osservando l’imponenza della scalinata e delle colonne, pensiamo a come il percorso della “Regina Viarum” possa essere capovolto, possa essere letto e interpretato storicamente anche dalla antica Brundisium verso Roma e non viceversa.

La Storia non ha percorsi definiti e così, da questo Sud, s’immagina il cammino dall’Adriatico a Roma, dal Mediterraneo al centro delle vicende imperiali. Le pietre e la memoria, il mare e l’entroterra: nessuna strada forse ha il potere di collegare mondi così diversi e così affascinanti, ere storiche e commerci, epopee e battaglie, opere ingegneristiche e resti archeologici straordinari.

Sulla Via Appia sembrano poter convivere i “fantasmi” di mondi arcaici. Mette i brividi pensare alla magnificenza di questa opera infrastrutturale che fu realizzata tra il IV e il III secolo a.C. e che non smette mai di raccontare e di raccontarsi: qui sono stati crocifissi schiavi, qui hanno dominato imperatori come Augusto, come Adriano o come Traiano, il quale fu artefice della diramazione Appia Traiana, quella appunto che da Benevento attraversava la nostra Puglia. E poi il Medioevo, i Crociati, l’eroismo di quelle genti e l’orgoglio di Federico II che partiva verso la Terra Santa. Una gloria infinita che non si riesce a raccontare tutta, nemmeno quando - come accaduto di recente - si “festeggia” la Storia illuminando di ocra e blu le colonne della Via Appia brindisina proiettando immagini storiche sulla facciata del Teatro Verdi o celebrando quell’“Appia Day” che tenta di risollevare dall’oblìo una magnificenza unica al mondo.

Negli ultimi anni, la memoria sembra finalmente nella fase del recupero. Proliferano iniziative: non solo le luci dell’“Appia Day” (dell’Associazione “Brindisi e le antiche strade”, in collaborazione con la “Società di Storia Patria per la Puglia” e “Community HUB - Brindisi) ma anche e soprattutto le mostre, i convegni, gli eventi. Sarà stato il “trend” dell’Anno Europeo dei Cammini, saranno state la moda delle camminate (non solo a Santiago di Compostela) e la diffusione dei vari Cammini europei, ma il risultato è che l’Appia per fortuna rivive. Dal 14 luglio è attesa la grande mostra fotografica, documentaria e multimediale «L’Appia ritrovata. In cammino da Roma a Brindisi» di Paolo Rumiz e compagni. Dopo la prima tappa a Roma (nell’ambito del Festival della Letteratura di Viaggio), a Santa Maria Capua Vetere (mostra promossa dalla Regione Campania), a Taranto, Benevento e Melfi (mostre promosse dal Servizio II - Segretariato Generale del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nell’ambito del progetto “Appia Regina Viarum”), torna nuovamente in Puglia l’iniziativa prodotta nel 2016 dalla Società Geografica Italiana, che riscopre e racconta quella che è la prima grande via europea. Un racconto di viaggio, se vogliamo, visto che a percorrere a piedi la “Regina Viarum” nell’estate 2015 sono stati Paolo Rumiz, Riccardo Carnovalini, Alessandro Scillitani e Irene Zambon.

La mostra, che si terrà al Teatro Verdi, sarà l’occasione per lanciare un nuovo circuito turistico culturale del centro storico della città di Brindisi, come l’area archeologica S. Pietro degli Schiavoni (conservata al di sotto del Teatro), la Sala della Colonna di Palazzo Granafei Nervegna, il Museo Archeologico Francesco Ribezzo e le Colonne Romane in Via delle Colonne. Insomma, una strada verso la conoscenza, a partire da quel racconto di Rumiz che è entrato nel cuore dell’Appia e della sua lunghissima storia. Perché l’Appia? «Ci mancava solo che Brindisi fosse assente in questa nostra storia», racconta il giornalista e scrittore che all’Appia ha dedicato anche il libro omonimo, uscito per Feltrinelli.

L’idea di focalizzarsi su questo tema è nato proprio qui, a Brindisi, spiega Rumiz: «Non posso dimenticare il nostro arrivo nel giugno del 2015. Lì ho capito che il viaggio non finiva in quel punto, e che la Gran Via mi chiamava ancora. A Brindisi è nata l’idea del libro. A Brindisi è ripartito un mese dopo un viaggio di ritorno con incontri caldissimi con le comunità locali. Ricordo che c’era la festa del patrono, le strade erano piene di popolo, bande, tamburi, majorettes. Mi sono detto: l’Appia non se la filerà nessuno. E invece no! In un chiostro medievale è arrivata un sacco di gente, sono piovute tante domande. Era il segno che Appia non era solo archeologia, ma il segno di una confederazione di città e paesi allineati su un’unica linea, e che quella confederazione poteva far uscire il Sud dalle sue divisioni. Avevamo toccato un simbolo, e quel simbolo si imponeva con forza inattesa».

Perché Brindisi è questo. È voglia di rinascita, voglia di uscire dai propri confini, che un tempo erano senza limiti. «Brindisi - sostiene Rumiz - periferica persino per la Puglia, ritrovata la sua centralità mediterranea, la sua fierezza. Che soddisfazione! A Brindisi è nata l’idea di una mostra. Nessuno di noi ne aveva mai organizzata una, ma lì capimmo che non potevamo sottrarci. Appio Claudio ci comandava ancora! Questo nostro ritorno a Brindisi è la chiusura di un cerchio perfetto e spero segni l’inizio di una nuova avventura, l’esportazione della mostra all’estero, impostata col precedente governo. Vediamo come andrà a finire».

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