L'intervista
«Memorie di un uomo qualunque», Gianluca De Rubertis celebra con Morgan la quotidianità e i piccoli gesti
Il cantautore salentino racconta la genesi spontanea del singolo, nato osservando un televisore a volume spento. E c'è un album in lavorazione
Un gesto umano, semplice e necessario, capace di illuminare la verità che spesso sfugge nell’immediatezza del vivere. È il senso di «Memorie di un uomo qualunque», nuovo singolo del salentino Gianluca De Rubertis insieme a Morgan, un brano che nasce come meditazione sul quotidiano, in cui infanzia, età adulta e maturità sono venature dello stesso percorso. Un racconto in musica che il cantautore (che ha raggiungo il grande successo con il duo Il Genio, insieme ad Alessandra Contini) costruisce con figure essenziali e simboliche: la donna che custodisce, l’uomo segnato dalle prove, il bambino che immagina se stesso adulto, l’animale che incarna una paura antica, il nonno che forgia il mondo tramite i suoi racconti. Il singolo anticipa un disco in lavorazione e inaugura una nuova stagione live che vedrà il cantautore in un lungo viaggio per l’Italia, per tornare poi il 28 dicembre a Melpignano, il 4 gennaio a Giovinazzo, il 5 a Torre Santa Susanna per poi chiudere il 18 a Corato.
De Rubertis, come è nata «Memorie di un uomo qualunque»?
«In maniera del tutto spontanea, anzi è uno di quei pochi casi in cui è venuto prima il testo, versi affiorati dal nulla mentre osservavo la televisione. Dico "osservavo" perché c’era il volume spento, lo faccio spesso, guardandola come si guarda un oggetto. Con Marco spesso su WhatsApp ci mandiamo le canzoni nuove, a lui è piaciuta subito, mi ha detto delle belle cose, ed è balenata quest’idea».
Quindi è stato Morgan a voler entrare nel progetto?
«Sì. Lo conosco da quando ero ragazzo, anzi la bellezza di questa cosa è proprio che ti ritrovi a fare una canzone con un artista che ascoltavi. Nei primi anni 2000 andavo in giro con gli Studiodavoli, lui era uscito con Canzoni dell’appartamento, un disco che quelli che amano un certo tipo di qualità nella canzone considerano rilevante. Quindi arrivare a fare una canzone insieme è bello. Un po' di anni fa mi ha invitato come polistrumentista a Cantautoradio su Radio 2, ho suonato tante volte ai suoi concerti anche con la band, si è costruita una bella amicizia fatta di stima per la musica, di amore e di cose semplici».
Nel testo c'è l'immagine ricorrente della carezza, un tema non così tanto affrontato nella musica. Può avere diversi significati...
«Credo ci sia un motivo per cui non venga affrontata, oggi tendiamo a dimenticarci delle cose piccole, trainati dai trend, da questi maremoti, non riusciamo più a fermarci un attimo per capire che in una briciola ci sono interi universi. E che quindi in una carezza, nelle cose piccole, si nascondono cose grandiose. La carezza è un po’ questo: può essere furba, un po' ruffiana, più incerta ma completamente sincera. Però è un gesto piccolo, che nasconde qualcosa di grandissimo».
Il titolo della canzone fa pensare un po' al tema dell’ordinarietà, della routine. Molti la sottovalutano, poi la rimpiangono quando nella vita succedono determinate cose. Che rapporto ha con l’ordinarietà?
«Intanto ormai la quotidianità si accavalla un po' con quello che vediamo sui social o sui telegiornali, ed è una cosa atroce. Io per esempio dopo vent’anni sono tornato in Salento anche perché ci sono delle cose impagabili a cui non diamo valore. Possibile che bisogna sempre arrivare a trovarsi un letto di ospedale prima di valutare la potenza di certe cose? Talmente piccole, quasi ininfluenti, e poi alla fine sono le cose che ci mancheranno di più».
Il tour la sta portando un po’ in giro, che atmosfera sta cercando di costruire? Più intima, più narrativa?
«Questi sono live piano e voce. Poi da marzo–aprile andiamo in full band, perché dovrebbe uscire l’album. I concerti di queste settimane già per loro costituzione sono sicuramente più intimi, in club piccoli dove si respira un contatto col pubblico molto diretto».
C'è un disco, quindi. E altri progetti o speranze per questo anno in arrivo?
«Credo che l'importante sia lavorare bene, essere sinceri, far uscire fuori cose che ci rappresentano, aderenti al nostro modo di aggrapparci alla vita. Non so, vedo tante bugie nella musica, forse una quantità di cose che non è che non hanno senso di esistere, ma magari a volte, anche dei nostri gesti quotidiani, di qualcosa ci pentiamo. E anche musicalmente forse qualcuno potrebbe pentirsi ogni tanto di cose inascoltabili».