L'intervista

Alberto Urso torna con «Come noi mai»: «Un singolo che si è scritto da sé. Oggi mi autoproduco, voglio essere libero»

Bianca Chiriatti

Voce potente e tecnica impeccabile, dopo «Amici» ha mantenuto i contatti con Maria De Filippi, «Ci sentiamo, mi dà tanti consigli». Il nuovo brano parla d'amore: «Sono un ragazzo vecchio stampo, i miei sono insieme da 45 anni»

Si intitola «Come noi mai» il nuovo singolo di Alberto Urso uscito oggi 5 dicembre (Dischi dei Sognatori/Urso Label, distribuzione Warner/ADA Music Italy), un ritorno intimo e potente all'autenticità del polistrumentista e cantante lirico, scritto da lui stesso mettendo a nudo le sue fragilità. Una pioggia improvvisa, una pausa nel caos quotidiano e un dolore d’amore che resiste oltre la fine, che continua a vivere nei ricordi, nelle canzoni e nei gesti quotidiani che diventano improvvisamente lontani: il brano ripercorre una storia sospesa tra nostalgia, rimpianto e desiderio, evocando momenti di intimità delicata – dormire nella stessa stanza ma in letti separati, parlarsi in silenzio – e la consapevolezza che ciò che è stato non scompare davvero.

Alberto, ci racconta un po' come è nata «Come noi mai»? Che immagine ha voluto restituire?

«Sto bene, non vedevo l'ora che uscisse questo brano e spero si faccia sentire. L'ho scritto a Milano, ero in macchina, stavo camminando, mi sono fermato e mi sono reso conto che avevo già testo e melodia, è uiscito praticamente da solo. Stavo passando un momento di rabbia, paura. Ho lasciato da parte fragilità e ho lasciato spazio alle mie emozioni».

Le generazioni di oggi in che direzione esplorano le zone d'ombra dell'amore?

«Esistono tante sfaccettature dell'amore, anche se è unico e universale. Ho una visione dell'amore un po' diversa, vedo quello che c'era ai tempi dei miei genitori, dei nonni, mi sento un po' "vecchio stampo". Sono legato a valori diversi, mia madre e mio padre sono insieme da 45 anni, ho una famiglia solida e un bel concetto d'amore...».

È sempre trasparente nel trasferire le emozioni in musica, come è cambiato rispetto all'inizio il suo rapporto con la scrittura?

«Sicuramente ho una consapevolezza diversa rispetto all'esperienza di "Amici". Mi sento più maturo anche nei testi, nello scrivere e fare musica. Però cerco sempre di affiancarmi anche ad altri autori, perché amo condividere, avere una visione esterna, un supporto e una visione diversa, per capire se sono troppo diretto o troppo semplice. Amo ricevere consigli, prospettive più lucide da chi non è coinvolto direttamente, li accetto e sono aperto alla scrittura condivisa».

Ha una voce straordinaria ed è tecnicamente fortissimo. Anche se oggi tende un po’ di più al pop, la formazione classica ha ancora peso ha in quello che fa?

«Ho studiato tanto pianoforte, sax, batteria, sono laureato in canto lirico. Però alla fine la tecnica non è tutto nella vita, soprattutto quando si vogliono scrivere canzoni: è importante emozionare, essere veri per arrivare al pubblico. L'acuto, la tecnica vocale operistica, ma alla fine è la comunicazione emotiva che fa la differenza. Se la canzone arriva dritta al cuore, funziona: avere padronanza della propria voce è fondamentale, ma alla base l'importante è emozionare».

In tutti questi anni di carriera ha calcato palchi importantissimi anche oltreoceano. Che differenza c’è tra l’impatto con il pubblico in America e Canada rispetto a quello italiano?

«Sono molto diversi. Il pubblico americano e canadese è più legato allo stile pop-crossover, qui stiamo attraversando un momento di rap e trap, anche se chi ama lo stile che faccio io è molto affezionato, costante e fedele. Io spero di avere la mia nicchia di persone che mi vogliono bene e di continuare a fare quello che faccio senza seguire mode o cambiare. Le persone devono sapere che quando ascoltano me si trovano davanti a questo tipo di canzoni».

Invece dell’esperienza di «Amici» cosa le è rimasto? Ha ancora contatti?

«Sì, alcuni. Maria la sento spesso, mi dà un sacco di consigli e mi supporta tantissimo. Quando torno in trasmissione mi sento a casa. Mi è rimasto tutto, cerco di prendere quello che ho imparato e assimilato e lo porto in giro per i concerti nel mondo, quel programma è una scuola a tutti gli effetti. Sarò sempre grato a Maria e a chi mi ha dato questa opportunità».

L'identità artistica l’ha costruita anche con la sua etichetta. Perché ha scelto di lavorare in autonomia? Aveva bisogno di libertà?

«Esattamente. Oggi la musica è diventata un algoritmo, siamo tutti lì a seguire cosa funziona o no. Io sono dalla parte della musica e delle emozioni. Quando voglio far uscire una canzone che sento mia, non bado ai numeri o ai meccanismi del mercato. Per questo ho deciso di autoprodurmi e aprire la mia etichetta: voglio essere libero, senza stress, e fare canzoni che mi rispecchiano».

È iniziato dicembre e si tirano bilanci: per il prossimo anno quale obiettivo artistico le piacerebbe raggiungere?

«Vorrei fare tanti concerti in giro per il mondo, ma soprattutto in Italia, dipendesse da me ne farei uno al giorno. Amo cantare dal vivo, esibirmi con il pubblico, toccarlo con le mie mani. Questo è il mio obiettivo».

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