L'intervista

«Milano Temporale», la «nuova era» di GionnyScandal: «La mia musica sta evolvendo, sono grato di avere fan che mi seguono da 10 anni»

Bianca Chiriatti

Con l'anno nuovo arriva il Saudade Tour nei club di tutta Italia: «Ho cambiato produttore, ora i pezzi sono molto più "suonati", anche se mantengo la mia firma nei testi e nello stile»

C’è chi a Milano scappa dalla pioggia, e chi ci resta dentro, racconta ndo amori reali, dove la vulnerabilità diventa la più autentica forma di coraggio. È GionnyScandal, tornato con il nuovo singolo «Milano Temporale» (Daylite Records/ADA Music Italy), un brano che mescola sonorità pop e urban con sfumature acustiche e malinconiche. Il risultato è una canzone che scorre come una lettera sotto la pioggia: sincera, lucida e tremendamente umana. E proprio di presenza, di connessione e di vita condivisa parlerà anche il “Saudade Tour” 2026, organizzato da Plasma Concerti, che lo vedrà portare la sua musica nei club italiani per festeggiare dieci anni di carriera:

  • 7 febbraio – Verona – The Factory

  • 8 febbraio – Pisa – Lumière

  • 20 febbraio – Torino – Bunker Club

  • 23 febbraio – Catania – Ecs Dogana (nuova data)

  • 15 marzo – Milano – Magazzini Generali (data speciale)

Biglietti già disponibili su linktr.ee/gionnyscandaltour

Lei ha sempre avuto una scrittura molto intima, com’è nata questa canzone?

«Questo brano rappresenta una nuova era per me. Ho iniziato a lavorare con un produttore diverso, ho preso una piega più strumentale, chitarre vere, batterie vere... Sto evolvendo».

Quindi la sua musica sta prendendo una nuova direzione?

«Esatto, ma mantenendo sempre la mia firma nei testi, nelle topline e nello stile. Era però arrivato il momento di cambiare aria, ho sentito l’esigenza di sperimentare, di provare qualcosa di nuovo».

Nei suoi testi colpisce molto la capacità di rendere immagini quasi fotografiche. Da dove trae ispirazione?

«Dipende. Per esempio, Milano Temporale è nata da una scena reale. Vivo in Brianza, ma sono praticamente ogni giorno a Milano. Un giorno ero in taxi, stavo tornando a casa, e ho visto una ragazza sotto la pioggia, l’unica senza ombrello. Mi ha colpito il fatto che nessuno si sia avvicinato a coprirla. Da quella scena mi è venuto in mente il titolo. Poi, da lì, il testo è nato dalle esperienze, passate e presenti. Come dico sempre, apro questa “valigia astratta” dove conservo tutti i miei ricordi, e da lì scrivo i miei pezzi».

Bello anche il tema del “restare” quando sarebbe più facile andarsene...

«Restare o andarsene è un tema molto soggettivo. Sarà che sto diventando più adulto, ma è come se quella fiamma della ricerca continua di una relazione si fosse un po’ spenta. Da ragazzi si ha sempre bisogno di qualcuno per sentirsi completi, poi col tempo capisci che non serve cercare per forza una persona da conquistare. Oggi vivo le relazioni in modo più sereno, senza quella costante necessità».

In questo singolo parla di Milano, ma nelle sue vene scorre sangue del Sud, della Basilicata. Quanto la influenzano i luoghi? Ne ha uno speciale?

«Sono molto legato alla città dove vivo, Meda, in Brianza. Sono cresciuto qui e non riuscirei mai a vivere stabilmente in una metropoli con traffico, rumore, stress. Qui la domenica ti svegli e senti gli uccellini. La maggior parte dei miei pezzi li scrivo in studio, di notte, ma mi capita anche di scrivere in macchina o in aereo. Seguo l’ispirazione».

Il pubblico la segue con grande affetto da anni. Ha una fanbase solida, che rapporto ha con loro?

«Dico sempre che sono fortunato ad avere una fanbase così, vedo spesso facce che conosco da anni. Alcune persone mi seguono dal 2015, li ho visti crescere, e questo mi emoziona. È difficile mantenere un pubblico fedele per tanto tempo senza “cambiare bandiera”. Quindi sì, sono felice e grato».

Fa musica da oltre dieci anni. Se potesse incontrare il GionnyScandal di dieci anni fa, che complimento gli farebbe?

«Penso mi direi semplicemente: “Bravo. Continua a fare quello che volevi fare, ascolta te stesso e non i giudizi degli altri”. Ed è quello che ho fatto, alla fine».

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