L'intervista

«Caldo Cotone», Marea si confida con il suo pianoforte

Bianca Chiriatti

Esce oggi per Dischi Uappissimi l'EP d'esordio della cantautrice e pianista barese. Cinque «canzoni cerotto» che evocano intimità e tenerezza

Un equilibrio tra un calore che consola e un dolore che insegna, con voce intensa e delicata e un pianoforte al centro. Nasce così Caldo cotone, l’EP d’esordio della barese Marea, disponibile da oggi, 7 novembre, per Dischi Uappissimi. La cantautrice e pianista Mariachiara Gianfelice firma un lavoro capace di raccontare con delicatezza le sfumature dell’amore e del distacco: cinque brani come cinque confessioni, dove ogni nota diventa carezza e ferita insieme.

Marea, qual è stato il processo creativo di questo lavoro?

«È abbastanza distribuito nel tempo: ci sono brani più vecchi, come "Marea", uno dei primi che ho scritto e da cui ho anche preso il mio nome d’arte, e altri più recenti. Il processo creativo in sé è il mio posto, il mio rifugio, il mio spazio libero: è un momento in cui credo di elaborare emozioni e storie, di ascoltarmi e tirare fuori quello che ho imparato. Un momento di riflessione, ma anche abbastanza spontaneo, una specie di sfogo».

Il titolo evoca calore, morbidezza, ma anche una certa fragilità. Perché l'ha scelto?

«Sono sensazioni di intimità, rifugio, coccola. In qualche modo sono canzoni che, parlando con i miei amici, ho definito “canzoni cerotto”. Brani che vogliono essere un abbraccio, legati a momenti di relazioni e fragilità umane condivisibili. Non solo relazioni amorose, ma quella con se stessi, l'accettazione di sé, lasciare andare le cose che succedono».

C'è un elemento costante nell'EP: il pianoforte, lei nasce come pianista. Che rapporto ha con lo strumento?

«Mi confido un po’ con lui, è quasi un amico. Ho una formazione classica, ho studiato in Conservatorio per anni a Bari, e chi studia musica per molte ore al giorno crea un legame profondo con il proprio strumento. Nel disco abbiamo registrato proprio con il pianoforte di casa mia: sette microfoni, registrando il pedale, la meccanica, tutti i suoni, perché volevo che chi ascoltasse il disco entrasse un po’ nella mia “stanzetta” e sentisse quello che sento io quando compongo. Per me era importante far percepire questa “amicizia”: questo disco parla di legami e di amore, volevo fosse più autentico e sincero possibile».

Come è nato invece il desiderio di cantare e scrivere canzoni?

«È arrivato col tempo. "Marea" l'ho scritta per caso, improvvisando al pianoforte. Poi ho studiato anche Lettere, sono appassionata di poesia, e probabilmente da questo è nata l’esigenza di esprimere cose più personali, più vicine al pubblico. Vedevo la musica colta — che adoro — un po’ distante dalla vita quotidiana. Cercavo un linguaggio più vicino alle persone e ho unito questi due mondi. Mi sento un po’ ibrida».

Quali sono stati i suoi ascolti nel tempo?

«Oltre al repertorio classico — soprattutto l’Opera, di cui sono grande appassionata — da bambina ascoltavo Lucio Battisti, De Gregori e Suzanne Vega, grazie a mia madre. Poi ho ascoltato tantissimo Elisa, che è stata un po’ la mia mentore. Da grande ho iniziato ad apprezzare Pino Daniele, Carmen Consoli, Bennato e Lucio Dalla. Ho anche brani più ironici e autoironici, a volte un po’ polemici. Probabilmente Bennato mi ha influenzata anche in questo».

Ha deciso di restare in Puglia, regione molto vivace musicalmente. È stata una scelta consapevole?

«Sono felicissima, la Puglia mi dà tantissimo. È una sfida, perché non mi piacciono le cose facili, ma amo costruire qui. Oggi vedo possibilità, è difficile ma stimolante. Bari è una città sempre più europea e culturalmente offre tanto. Probabilmente non è il centro del mondo come Milano o Roma, ma io sono contenta di dare il mio contributo qui. Spero di poterci rimanere, pur viaggiando, perché viaggiare è sempre bello — soprattutto attraverso la musica».

Il suo nome d’arte evoca il mare, il suo movimento costante. Cosa le piacerebbe lasciare con questo disco?

«Tanta dolcezza, umanità e fragilità. Penso ne abbiamo bisogno».

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