L'intervista
«Io, Dodi Battaglia, fra i trulli e il mare mi sento a casa»
Il chitarrista a Trani per San Silvestro
«E il Capodanno lo passo in Puglia, a Trani: verrete a vedermi e, soprattutto, a sentirmi?». Dodi Battaglia, entusiasta dell’invito rivoltogli dal Comune di Trani che in questi giorni ha preannunciato un fine-inizio anno pirotecnico per tutti. E il chitarrista, felice dell’invito, non sta più nella pelle. «In Puglia mi sento come a casa; proprio di recente da queste parti ho compiuto un tour da turista piuttosto che da musicista: oltre alla stessa Trani, sono stato a Otranto, Bitonto, Alberobello, Martina Franca, giri fra i vicoli; ma anche Lecce, Taranto, Bari, Brindisi, Foggia, città nelle quali ho tenuto non ricordo nemmeno quanti concerti con i Pooh».
C’è un motivo che la lega alla Puglia.
«A Bologna, la mia città, ho un sacco di amici pugliesi; a volte provo a parlare uno slang più o meno pugliese, ma sono una frana: in effetti mi viene un accento che sta fra Banfi e Abatantuono».
L’ultima volta l’abbiamo incontrata, lo lo scorso febbraio, ci aveva nascosto il nome del regista del suo spettacolo teatrale che ovunque sta facendo «sold out»: «Nelle mie corde - Canzoni e sorrisi».
«Fausto Brizzi, un grande: sono orgoglioso di averlo incontrato e stabilito con lui un rapporto di grande stima: lui è stato un fan dei Pooh, conosce la nostra storia e le nostre canzoni; la base di partenza è stata quella giusta, abbiamo convogliato le nostre idee su un tavolo per avere alla fine quello che è Nelle mie corde: un racconto di musica, aneddoti e confronti, con un “guastatore”, che poi è una bravissima cantante-attrice, Eleonora Lombardo: mi provoca, mi dà del “lei”, mi prende affettuosamente in giro e io devo difendermi con assoli e canzoni».
A proposito di assoli, ne dica uno.
«Quello storico, che tutti amano è Parsifal, ma nello spettacolo tiro fuori quello che la gente non si aspetta, il riferimento a canzoni che hanno segnato la mia vita, mi hanno consigliato di riporre in un angolo la fisarmonica, il mio primo strumento, un regalo che ebbi a quattro anni: colpa di Jimi Hendrix che incrociai sullo stesso palco, una leggenda, e gli Shadows…».
Cosa farà a Trani?
«Quello che so fare meglio, suonare e cantare: lo faccio da più di cinquant’anni, imbraccerò qualche mia chitarra, non tutte e sessanta, quelle che ho menzionato nel mio libro, anche quello andato niente male: è da quel titolo, Le mie sessanta compagne di viaggio, che ha preso le mosse lo spettacolo teatrale».
In realtà vorremmo una piccola anticipazione sul programma di Capodanno.
«Di sicuro ci divertiremo, canterò quelle canzoni che il pubblico si aspetta che io canti, ma anche qualche piccola licenza con assoli che non mancheranno di stupire: con queste dita dico ancora la mia, sono stato o non sono stato (scherza, ndr) “il miglior chitarrista dei Pooh”, la formazione musicale più amata dagli italiani?».
Che effetto fa, guardarsi indietro, ripassarsi centinaia di concerti, decine di album e cento milioni di copie vendute in tutto il mondo?
«Grande sensazione, bello aver lasciato il segno, incontrare il pubblico che non ha mai abbandonato i Pooh; ma bello anche incontrare i ragazzi che amano le band e ti fanno le domande amorevolmente più impegnative: come, per esempio, “Cosa dobbiamo fare perché la Stratocaster ci dedichi una chitarra?”. E io, serio: prima imparate a suonare, ma abbiate rispetto dello strumento, prima o poi qualcuno si accorgerà di voi».
Ha una figlia, genero e nipoti negli Stati Uniti dove si reca spesso. Che effetto le fa quando la chiamano «doc»?
«Si riferisce alla laurea honoris causa conferitami a Matera? È stato il coronamento di cinquant’anni di attività, un traguardo del quale vado fiero; non sembra, ma quel “pezzo di carta” fa la differenza, è un riconoscimento attribuitomi da docenti universitari; ma non chiamatemi “dottore”, altrimenti mi sento preso per il naso come fa in teatro Eleonora, la mia partner nello spettacolo Nelle mie corde».