Lutto
Bari, la lirica dice addio all'impresario Travaglio
Organizzò le 'stagioni' del Petruzzelli dopo l'incendio
La sua impresa lirica «Il palcoscenico» aveva «soccorso» il teatro Petruzzelli negli anni più cupi, quelli successivi al rogo, di fatto impedendo la sospensione delle stagioni baresi ed è anche per questo che Antonio Travaglio, Tonino per gli amici, merita di essere ricordato con qualcosa di più di un semplice necrologio. Travaglio si è spento ieri a 78 anni, in questo periodo buio nel quale anche la morte sembra destinata a dover far parte di un semplice computo numerico o statistico che dir si voglia. E con ogni buona probabilità, sebbene negli ultimi tempi non facesse nulla per nascondere l’amarezza che provava nei confronti del nuovo mondo dello spettacolo, lo ha fatto col dispiacere di sapere che quei palcoscenici sui quali si era impegnato elargendo energie e idee a profusione erano ancora stretti nella morsa della pandemia.
Per strano che possa sembrare, Travaglio aveva iniziato a lavorare nella Finanza, prima di decidere di impegnarsi a tempo pieno nel mondo della lirica. Un’attività, la sua, svolta con la consapevolezza di doversi occupare di tutto, dalla lirica cosiddetta «di provincia» o «minore» – che non per questo richiedeva poco impegno – a quella di più alto rango. E questo suo saper operare a tutti i livelli lo aveva portato anche ben oltre i confini regionali, collaborando con artisti di primo piano.
Tuttavia il suo legame con Bari lo aveva portato a gestire le stagioni liriche di tradizione del Teatro Petruzzelli dal 1996 al 2001, subentrando a una breve avventura abbastanza sciagurata che era stata al centro di polemiche accese, in particolare dopo una Tosca al Castello Svevo. Erano anni difficili, nei quali sembrava che nulla potesse soddisfare le aspettative dei melomani, la cui principale amarezza, insieme al rimpianto per gli sfarzosi allestimenti della gestione Pinto, derivava dal fatto di dover peregrinare continuamente in sedi di fortuna. Ma Travaglio era a suo modo un combattente e seppe resistere anche a un bel po’ di bordate che gli vennero riservate quando, davanti all’impossibilità di poter disporre di sedi adeguate oltre al piccolo Piccinni, decise di organizzare la lirica estiva nello Stadio della Vittoria, facendo digrignare i denti a più d’un purista.
Fu così che, con il palcoscenico allestito… a centrocampo e le prove persino negli spogliatoi, andarono in scena, fra le altre, una Turandot diretta da Michele Marvulli, una Bohème affidata a Carlo Franci e ancora una Cavalleria Rusticana.« “Sapeva come valorizzare gli artisti – ricorda Gregorio Goffredo, in quegli anni con lui come pianista di sala e direttore di palcoscenico – e soprattutto era minuzioso, attento a ogni minimo dettaglio».
Ma a forza di vivere in quel mondo, Travaglio aveva accarezzato anche l’attività di autore, arrivando persino a tradurre la sua devozione per Padre Pio in un’azione drammaturgica a sua firma, dedicata al Santo di Pietrelcina e musicata dal direttore d’orchestra Nicola Samale per la regia di suo figlio, Luigi Travaglio, anch’egli attivo nel mondo della lirica. Il debutto, nel 2016, venne affidato all’Orchestra sinfonica della Città metropolitana, con la quale Travaglio collaborò anche in occasione delle stagioni liriche estive del Comune di Noicattaro. Il suo ultimo copione, rimasto poi rimasto irrealizzato, era legato alle celebrazioni per il centenario dell’Acquedotto pugliese: un’opera lirica breve, sempre musicata da Samale. Ed è probabilmente anche l’ultimo impegno creativo al quale si fosse accostato.