MASSAFRA - «Noi come i profughi ucraini? Sì, è questa la condizione che stiamo personalmente vivendo. Per colpa del fuoco, non quello prodotto dalle bombe, ma il fuoco generato da un incendio che in pochi minuti ha spazzato la casa della nostra vita». Il quarantaduenne Salvatore Zecchino racconta alla «Gazzetta» la sua prima Pasqua vissuta lontano dalla dimora di famiglia. Forzatamente lontano perché l'11 aprile scorso, attorno alle 14.30, le fiamme partite da un deposito di materassi del piano terra si sono «inghiottite» lo stabile fatto di diciannove appartamenti abitati della palazzina di via Trento 135. Attorno alle 21.30, dopo una intensa operazione di soccorso fatta da 12 autobotti dei Vigili del Fuoco del comando provinciale di Taranto - con uno schieramento di mezzi giunti a rinforzo da Martina Franca, Castellaneta e Bari oltre agli uomini della squadra del Porto jonico - le fiamme sono state domate «ma il fumo, con la fuliggine e l'odore acre, aveva già raggiunto tutta la cittadina di Massafra» ricorda Zecchino oggi dalla sua casa dove da quel lunedì «maledetto» ha dato ospitalità ai suoi genitori - Giovanni e Adele, 71 e 63 anni, più il fratello 26enne Gianluca – con i quali oggi trascorre una Pasqua «dolorosa ma nell'unione grazie al senso di appartenenza familiare». (le sue unità ritratte oggi nel pranzo pasquale in foto, compreso un figlio frate)
Lo stabile di una vita, adesso sporcato di nero
Come spiega nella sua testimonianza Zecchino, «noi in quello stabile di via Trento ci abitiamo dal 1983, quando è stato costruito da una cooperativa della Polizia Locale dell'epoca e infatti a Massafra è identificato come il palazzo dei vigili». Nessuno di quella novantina di inquilini poteva immaginare che un giorno le fiamme avrebbero «invaso» la loro quotidianità tra le quattro mura, costringendoli a scappare per sopravvivere. «Tutto è accaduto in un pochi attimi. Io non ero in casa, ma fuori a lavoro. Attorno alle 15 ho scoperto dai primi video postati sui social il palazzo dei miei genitori in fumo. Mi sono così precipitato allo stabile e già tutti gli abitanti, compresi i miei tre familiari, si erano messi in salvo con un'evacuazione di massa improvvisata. Successivamente sono arrivati i soccorsi e fortunatamente non necessari per salvare vite umane visto che nessuno, a parte una signora anziana che ha patito l'aspirazione del fuoco, lamentava conseguenze di salute. Per come ci hanno detto, la fortuna è stata che quel tipo di vento in atto in quel momento, ha permesso che le fiamme non si concentrassero sullo stabile ma lo lambissero».
Adesso la palazzina di quattro piani è un rudere nero. I primi sopralluoghi da parte delle forze dell'ordine e degli inquirenti hanno accertato che, oltre al deposito del piano terra da cui è divampato il rogo, due appartamenti dello strato rialzato sono fuori uso, dunque non più abitabili. Oltre ai danneggiamenti provocati agli altri alloggi, sino a quello del quarto livello abitato dai Zecchino, come testimonia il figlio Salvatore: «Il giorno dopo l'incendio, al mezzogiorno del martedì, ogni condomino ha avuto la possibilità di entrare in casa e, in pochi minuti, verificare lo condizioni strutturali e recuperare i propri beni di primaria necessità, a partire da documenti ed effetti personali». Una volta dentro la casa danneggiata dal fumo, come ammette Zecchino, «la sensazione è che non ci potremo più tornare ad abitare».
L'inchiesta sul rogo
L'11 aprile scorso, nel primo pomeriggio, attorno alle 14.30, dal deposito del negozio di arredamenti casalingo «L'angolo dei sogni», tra materassi e poltrone, è divampato un incendio che si è elevato sull'intero stabile di via Trento 135, una zona piuttosto trafficata di Massafra, terza cittadina per popolazione del Tarantino con i suoi 33mila abitanti. Dopo i soccorsi che hanno domato lungo sette ore le fiamme, è scattata l'inchiesta da parte della Procura di Bari sulle ragioni e gli eventuali colpevoli della combustione che di fatto coinvolge diciannove famiglie dell'edificio. Sotto e attorno il quale, soprattutto di notte, i figli dei proprietari sfollati fanno a turno la vigilanza per timore di possibili rapine. «Il palazzo ha bisogno della sorveglianza che le forze dell'ordine ci avevano assicurato» fanno sapere i condomini di via Trento 135.
L'accoglienza ai profughi della propria città
Come passano la Pasqua i profughi ucraini? La domanda può essere riscritta in chiave italiana, pensando al «caso-Massafra» visto che una novantina di persone, oggi, trascorrono per la prima volta le loro feste lontano dalla cara vecchia casa. Succede alla famiglia Zecchino per la quale il figlio ha messo a disposizione il proprio appartamento «dove sono andato a vivere da solo da un mese». I Zecchino sono una della decina di sfollati, metà dell'appartamento di via Trento che, da subito, nel lunedì dell'incendio, ha trovato ospitalità in alloggi di parenti o amici. L'altra metà, dopo che la prima sera ha trovato ricovero e cibo nello spazio allestito dal Comune al Palazzetto dello Sport, è stata accolta in dimore di estranei come un nucleo familiare messo in contatto dalla famiglia Zecchino con una coppia di amici che ha offerto ospitalità in un proprio appartamento fino a quel momento vuoto. Qui, vicino al Santuario «Gesù Bambino» di Massafra, hanno trovato accoglienza, come esuli, un nucleo parentale composto da una signora vedova con i due figli e la nonnina malata bisognosa di assistenza.
Ad un'altra famiglia, un assessore comunale ha messo a disposizione un'abitazione nel centro storico. Per loro quella di oggi è una Pasqua che non dimenticheranno mai. Per il doloroso ricordo della loro casa, misto alla commozione dell'accoglienza ricevuta. Sì perché, come sottolinea il signor Zecchino, «dal dopo incendio la comunità massafrese si è stretta attorno alle famiglie sfollate, con il Comune che ha messo a disposizione il supporto logistico, con gli aiuti di qualsiasi genere da parte dei cittadini ed i buoni acquisto volontariamente offerti dai commercianti».