BARI - L’ultimo volo. Potremmo chiamarlo il riposo del “guerriero”, soprannome dato dalle fiamme gialle all’elicottero AB412HP. Per 20 anni ha vigilato dall’alto, osservato, inseguito gli scafisti, protetto i finanzieri che operavano per mare e per strada. A caccia di contrabbandieri, trafficanti di droga e di uomini. Ma adesso anche per lui è arrivata l’ora del “congedo”. Con (tanto) onore. Chiudendo la carriera con un (gradito) ritorno in Puglia 20 anni dopo. «C’è un po’ di emozione, è un elicottero che ha significato tanto per la guardia di finanza, il reparto, e per me in particolare», racconta il generale di brigata Armando Franza, comandante del Reparto operativo aeronavale di Bari, l’alto ufficiale che, da giovane capitano, ha pilotato tante volte la gloriosa macchina erede degli elicotteri utilizzati dall’esercito americano in Vietnam.
Alle migliaia di ore volo, dunque, se ne aggiungono poche altre in una tiepida tarda mattinata di fine febbraio. Nella Sezione Aerea del Corpo, breve briefing sull’itinerario, altrettanto rapido passaggio sulle norme sulla sicurezza rivolto a chi non è addetto ai lavori, e poi, appunto, in volo. Si accendono i motori, le eliche iniziano a girare vorticosamente, il rumore in cabina diventa importante. E poi, quando meno te lo aspetti, l’asfalto si allontana sempre di più. «La sua capacità - spiega il generale Franza, pugliese di Santa Maria di Leuca, prima di indossare tuta, casco e cuffia - era volare tanto, volare di notte senza essere visto e sentito, caratteristica che ha consentito grandi vantaggi tattici soprattutto nella lotta al contrabbando».
È stato tra i primi mezzi a montare telecamere termiche “Filir” e radar “Benedix” che consentivano di avvicinarsi a possibili TOI (“Target of interest”, possibili obiettivi) praticamente senza essere visti. Dal cielo forniva indicazioni ai mezzi delle fiamme gialle dislocate in mare o a terra, seguendo passo dopo passo i motoscafi potentissimi dei contrabbandieri, il rapidissimo sbarco delle cassette di sigarette sugli scogli da parte di un mini esercito di “manovali”, il trasporto su mezzi blindati che scomparivano in nascondigli ricavati nelle campagne delle province di Bari e Brindisi. Ben presto, quella falsa aria “romantica” di un commercio illegale che causava danni ingenti ad altre casse, quelle dello Stato, lascia spazio ad un’aggressività senza precedenti perché giravano soldi, tanti soldi. Altro che “welfare” da tollerare. «Ogni motoscafo, carico di sigarette compreso, sequestrato dalle forze di polizia causava un danno alle organizzazioni criminali per una cifra compresa tra 1 e 1,5 miliardi di vecchie lire», spiega Franza.
Ecco perché l’asticella si alza pericolosamente. I contrabbandieri si diventano più aggressivi. Sui loro fuoristrada spuntano mostruosi rostri in grado di speronare chiunque si frapponeva tra loro e lo «stoccaggio» del carico che poi, altri “operai” avrebbero prelevato per poi vendere le sigarette agli angoli delle strade. Cittadini indifesi che hanno la sfortuna di incrociare il loro percorso restano feriti. Alcuni militari perdono la vita nell’adempimento del dovere, combattendo in prima linea per ripristinare la legalità in una terra che, negli Anni ‘90, era teatro di traffici illeciti tra le coste balcaniche e italiane. L’ultimo viaggio del Guerriero coincide con un dolorosissimo anniversario: 25 anni fa morirono il vicebrigadiere Alberto De Falco, 33 anni, e il finanziere scelto Antonio Sottile, 29 anni, travolti a nord di Brindisi da un fuoristrada blindato dei contrabbandieri mentre i due militari erano in servizio su una fragile Fiat Punto della Guardia di Finanza. «Quell’episodio mi tocca personalmente, quella notte da giovane capitano ero in volo - spiega Franza - Non si può immaginare il dolore che può rappresentare la morte di una persona con la quale hai lavorato sino al giorno prima. Quel periodo ha lasciato delle tracce che restano con noi, i colleghi che non ci sono più sono eroi moderni che hanno affrontato per un certo periodo il nemico in modo impari. Rappresentano un ponte tra passato e presente, proiettato su un futuro costruito sugli stessi valori che continuano a motivarci ogni giorno prima di salire a bordo».
Il Corpo si attrezza con mezzi più potenti. Scatta l’operazione Primavera. In Puglia arrivano 2.000 uomini e mezzi finalmente adeguati per combattere quella “guerra”. Scattano presto arresti e sequestri. In campo (anzi in cielo) scende (anzi, sale) anche lui, il Guerriero. «Il mezzo serviva anche per autoprotezione - spiega Franza - ovvero evitare che qualcuno si facesse male controllando dall’alto cosa accadeva. Tantissime le operazioni di cui resta il ricordo. Di notte, dopo i sequestri, con i colleghi rivivevamo parole e gesti. Qualcuno oggi in pensione qualcuno non c’è più, di certo è stato un periodo meraviglioso da un punto di vista professionale, umano e affettivo».
Il contrabbando, in quelle forme così violente, è sconfitto da tempo. Per il Guerriero è tempo di congedarsi. Al suo posto c’è l’AW 139 custodito nell’hangar della Sezione Aerea a due passi dall’aeroporto. Più sottile, leggero, tecnologico con attrezzature digitali sofisticate e all'avanguardia. «Abbiamo voluto modernizzare la macchina, renderla tutta digitale, meno pesante più articolata ma la strategia e la tattica di contrasto ai traffici illeciti non cambia», spiega Franza. A bordo prosegue il breve sorvolo, Bari da qui è ancora più bella. Il generale Franza e il copilota comunicano via radio con i passeggeri. Ogni tanto si girano alzando il pollice per sapere se è tutto ok. La pista si avvicina sempre di più, l’atterraggio è morbidissimo, sembra di stare ancora in cielo. Le pale rallentano, il rumore si abbassa sino a scomparire. È il momento di scendere. L’hangar si apre e i due elicotteri, il vecchio Guerriero e il giovane allievo, sono uno di fronte all’altro. Quasi un passaggio di consegne imposto dalla tecnologia nel nome di valori, quelli del Corpo, che restano immutati. Il Guerriero, ora, può riposare.