Roma Sud
Le due donne che hanno «custodito» il folklore
L’avventura intellettuale di Rina Durante e Giovanna Marini
Se la magia incantatrice dei sacri misteri folkorici meridionali ha trovato una custodia contemporanea, una cura che ne ha permesso la sopravvivenza e la trasmissione intergenerazionale, due donne hanno ricoperto un ruolo speciale affinché sia potuto accadere. Due intellettuali, a cui la parola «popolare» è apparsa subito come qualcosa di prezioso, da tutelare e proteggere; a dispetto di una teoria a volte prevalente che preferisce rinchiudersi nell’osservazione ombelicale/perpetua di schemi accademici, rigidi, se non chiusi in sé stessi.
Caterina Durante, per tutti Rina, diceva di considerarsi «moderatamente antropologa, al servizio di qualcosa che non ha niente a che vedere con l’antropologia. Tutte queste ricerche mi servivano per arricchire il mio repertorio di storie, di immagini, di fatti, di personaggi di cui mi sarei servita come narratrice; io sono una scrittrice, una raccontatrice».
E raccontare, entrando nel cuore delle storie, è stata la missione che ha percorso, fino alla sua scomparsa, ormai quasi vent’anni fa. Originaria di Melendugno, fu insegnante e scrittrice, giornalista e poeta, «militante culturale appartenuta a una stagione forse irripetibile della letteratura salentina, e più in generale pugliese» come ricordava Alessandro Leogrande.
A Roma, dove insegnò letteratura tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, entrò in contatto con la contestazione e i movimenti giovanili e conobbe Giovanna Marini, l’altra intellettuale italiana che ha messo al centro della propria opera la musica popolare, tanto da artista quanto da insegnante alla Scuola Popolare di Musica di Testaccio. Marini conosceva Pasolini e Calvino, frequentava gruppi di avanguardia musicale come il collettivo Cantacronache, il progetto musicale che coinvolse nei testi personalità come Umberto Eco e Gianni Rodari.
Ma fu Durante a invitarla nel Salento, come ha ricordato la cantautrice romana in un’intervista: «Venni nel Salento su consiglio di Rina Durante che mi invitò a cominciare il mio viaggio da qui e conobbi un gruppetto di musicisti che allora suonavano intorno a lei, il primissimo Canzoniere Grecanico. Conobbi Luigi Chiriatti, Luigi Stifani e tanti altri. Andavo in giro con una mia amica sedicenne che sua madre, Miriam Mafai, mi aveva affidato perché non aveva voglia di andare a scuola. Avevo comprato una macchina per questi viaggi, una specie di bidone, e siamo andate a fare ricerche in giro per il Salento un po’ all’avventura, mangiando fichi d’india e dormendo anche in macchina». Personalità trasversale, capace di accogliere la lezione di intellettuali come Ernesto de Martino e Rocco Scotellaro, Rina Durante fu autrice di un romanzo.
La malapianta (fortunatamente ripescato un paio di anni fa dalla casa editrice AnimaMundi), che tiene insieme sperimentazione e realismo, con uno sguardo obliquo e originale sul mondo contadino travolto dai sommovimenti intervenuti nel corso del Novecento.
Con un’attenzione quasi sacra al potere della parola e della scrittura, da lei definita «un corpo a corpo con la lingua, doloroso e faticoso». Un lavoro, quello svolto con il Canzoniere Grecanico Salentino, che ha ottenuto nel tempo riconoscimenti di straordinario prestigio da testate come il «New Yorker» e il «New York Times», che definì il Can- zoniere un tornado di suoni e voci; un tornado che a distanza di tempo non ha smesso di agitare il vento intorno a noi.