«Ciarderie»
Dite buongiorno ma... col punto interrogativo!
Ci mancherebbe altro. Oddio, non possiamo sapere i fatti di tutti quanti. Probabilmente, qualcuno sentendosi augurare un buongiorno, userebbe termini dedicati a qualcuno con fervore
Buongiorno! Augurare un buongiorno fa sempre bene. Ci mancherebbe altro. Oddio, non possiamo sapere i fatti di tutti quanti. Probabilmente, qualcuno sentendosi augurare un buongiorno, userebbe termini dedicati a qualcuno con fervore.
A chi? A cudd, a chedd, a chidde, a chess, a chisse, a cuss!
Bisogna capire gli stati d’animo delle persone e quindi non si può dare il buongiorno proprio a tutti. Alcune volte conviene chiedere prima: buongiorno?
Giusto per una questione di educazione. So benissimo che un saluto è salutare, però va usato con cautela, come fosse una medicina, uno sciroppo, un’aspirina, un clistere. Perché certe volte può rischiare di diventare… una supposta. Vabbè, comunque fate come vi pare.
Veniamo a noi: oggi è un altro lunedì e tanto per cambiare ho acceso Facebook e ho letto uno che addirittura ha scritto «ciao mondo!».
Io mi chiedo si può? Sì, si può! Ormai Facebook lo hanno tutti e offre il rischio che addirittura uno da Berlino o Hong Kong o Novi Ligure ti possa rispondere con un: «Grazie, altrettanto?».
Fa nulla se non lo conosci. Addirittura due sconosciuti possono arrivare - grazie a Facebook - pure a sposarsi.
Per esempio ho saputo che in Italia un settentrionale ha sposato una meridionale. Si può? Sì, si può! Oggi tutto è possibile.
Sono rimasti però alcuni che Facebook non lo hanno e si sposano da soli. È successo! In Italia può accadere di tutto. Una donna ha organizzato tutto il suo matrimonio. Fiori, addobbi, parrucchiere, auto decappottabile, barattoli attaccati dietro la marmitta, banda musicale, organo a canne, con l’Ave Maria di Schubert, invitati, chiesa, confetti e riso in quantità. Bene, la sposa è arrivata all’altare, il prete l’ha accolta e però stranamente lo sposo non c’era. Tutti hanno pensato ad un solito ritardo.
Beh, dopo un’ora il prete si è deciso e ha chiesto alla sposa:
- E lo sposo?
- Non c’è!
- Come non c’è?
- No, non c’è!
- E quindi?
La sposa con aria soddisfatta in mezzo al brusio degli invitati ha risposto: «Mi sposo da sola!».
Ecco, anche questa è una soluzione, e io aggiungerei, certamente salutare.
La sposa ha continuando aggiungendo a giustificazione della scelta di sposarsi da sola, che lo sposo non era un parente, ma un estraneo, chiedendo come avrebbe fatto a dormire con uno qualunque nello stesso letto; perché avrebbe dovuto cucinare per un estraneo, lavare le mutande, stirare le camice, andare per forza con lui in vacanza. Addirittura fargli fare «le cose di Gesù», magari solo quando decideva lui; andare a mangiare per forza a casa della mamma che puntualmente cucina meglio di qualunque moglie.
Insomma la sposa si è chiesta perché sottoporsi a tutte queste angherie. E ha concluso così: «Il matrimonio è mio e me lo gestisco io!».
Una volta è successo ad una coppia, marito e moglie. Erano in barca che stava affondando. La moglie fu costretta, per rimanere a galla, a buttare via la dentiera del marito in mare per alleggerire il peso. Insomma, sono fastidi che uno, riflettendo bene, può evitarsi.
L’importante è che ci sia l’amore. L’amore? Che cos’è l’amore?
L’amore è: paroloni in principio, paroline durante, parolacce poi!
Comunque abbiamo parlato della donna e del matrimonio, dal punto di vista della sposa. E dal punto di vista dello sposo? Ecco un esempio.
Tra amici: «Perché lavi i pavimenti? Hai licenziato la domestica?». -«No, l’ho sposata!».
La stessa conversazione spostata tra donne amiche, una delle quali ex-domestica, potrebbe essere la seguente: «Guadagni di più adesso?»
–«No ora lavoro gratis!».
– «Come mai?».
– «Mi sono sposata!».
Beh, auguri!