L'operazione

Il pentito barese Milella continuava a occuparsi di droga: arrestato dalla Dda di Genova

Luca Natile

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Il collaboratore di giustizia che ha permesso di ricostruire la guerra di mala del quartiere Japigia coinvolto in un traffico internazionale di stupefacenti

BARI - I carichi di cocaina partivano dalla Spagna ed entravano in Italia nei doppifondi di automobili «pulite» condotte da corrieri insospettabili (o quasi) attraverso i valichi doganali di Piemonte e Liguria. Destinazione le città italiane di Torino e Genova da dove lo stupefacente veniva smistato poi a La Spezia, Lodi, Bergamo, Lecce, Salerno, Monza e infine Bari. Migliaia di chilometri con un biglietto di sola andata. A tessere le fila di una parte rilevante di questi traffici, secondo la Dda di Genova, c’era una cupola composta da collaboratori di giustizia pugliesi e loro familiari sottoposti a programmi di protezione, tra i quali spicca il nome di Domenico Milella, ex braccio destro di Eugenio Palermiti: la moglie Maddalena Cassano avrebbe offerto supporto logistico.

I detective della Squadra mobile di Genova si sono interfacciati con gli omologhi della Mobile di Bari diretti dal primo dirigente Filippo Portoghese, riuscendo così a ricostruire uno dei principali tronconi dell’inchiesta (l’altro ha portato la Direzione distrettuale antimafia di Genova direttamente in Piemonte) che ieri ha visto nove diverse Questure italiane e la Policia nacional spagnola dare esecuzione a 16 ordinanze di custodia cautelare in carcere, di cui dodici in Italia: due hanno raggiunto gli indagati già in stato di detenzione.

Questi gli arrestati in Italia: Lorenzo Moro, Francesco Keoma Iemma, Salvatore Celi, Gabriele Lavozza, Filomena Donofrio, Antonio Masotina, Davide Defraia, Jessica Rinaldi, Andrea Mola, Ramadan Osman, Davide Lauria Pellegrino. Ci sono poi i baresi Domenico Milella, già citato, Domenico Lavermicocca, Vito Tritta, Ivan Loiacono e Giuseppe Quarta. Indagata per concorso esterno anche Maddalena Cassano, come già detto moglie di Milella. Sul capo degli indagati pendono a vario titolo le accuse di traffico internazionale droga, spaccio, rapina, ricettazione e violazione delle norme in materia di armi.
Milella, che si è pentito nel 2020, è diventato una spina nel fianco dei clan baresi e in particolare di quelli di Japigia. I suoi racconti hanno permesso di fare luce su numerosi omicidi, ma hanno anche rinforzato l’indagine Codice Interno sui rapporti tra mafia e politica a Bari e sono finite persino nei fascicoli sulla mafia garganica.
L’inchiesta è partita da un episodio datato 17 dicembre 2022. Questa la ricostruzione. Siamo a Genova, nel parcheggio sotterraneo del supermercato Basko, quartiere di Molassana che confina a sud con il quartiere Marassi dove sorge lo stadio. Un militare della Guardia di finanza fuori servizio nota tre uomini discutere animatamente. Sono a bordo di una grossa Jeep e all’improvviso i due passeggeri aggrediscono l’uomo seduto al posto di guida. Il militare interviene e riesce a bloccare uno dei due aggressori che si divincola e tira fuori dalla tasca un coltello.

Il finanziere esita e l’uomo con il coltello si infila tra le auto parcheggiate. Riesce a raggiungere il complice che è già salito su una automobile (quella utilizzata per raggiungere il parcheggio dove evidentemente aveva appuntamento con il terzo uomo) e insieme si allontanano. L’autista della jeep nel frattempo si dilegua abbandonando il fuoristrada. Trascorrono pochi minuti e sul posto arrivano le Volanti e la Scientifica. Scoprono che la vettura ha un doppiofondo, dentro ci sono sei chili di cocaina, soldi contanti e una pistola. Il caso passa alla Narcotici che scopre chi ha organizzato quella consegna. Si tratta, come già detto, di un gruppo di pugliesi. Dentro c’è Milella. Sarebbe stata sua l’idea del tentativo di rapina al corriere di droga nel quale avrebbe coinvolto il genero (sottoposto a programma di protezione), e altre due persone, rispettivamente un collaboratore di giustizia e un ex collaboratore di giustizia.

Da questo episodio parte l’inchiesta che stabilisce l’esistenza di due canali di approvvigionamento della droga dalla penisola iberica. Il primo ha il suo centro a Torino da dove l’organizzazione riesce a fare entrare carichi di cocaina, hashish e marijuana attraverso i valichi di Ventimiglia e del Piemonte. Il secondo è nelle mani del gruppo pugliese, dimorante sia in Liguria, che in altre parti d’Italia.

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