La gazzetta delle donne
Pozioni magiche e zuppe afrodisiache
Con il bacio e con il morso noi assaggiamo l’altro saziandocene
«H o fame di te». Quante volte abbiamo dedi- cato queste parole al nostro amato? La fame d’amore ha attraversato i secoli per- ché la fame, proprio come l’amore, è una pulsione intima, primordiale dell’uomo. Divorare l’oggetto d’a- more significa desiderarlo, posse- derlo. Con il bacio e il morso noi assaggiamo l’altro, saziandocene. Mangiare, nell’intimo più profondo, è una pulsione che ha la stessa radice dell’amore, proprio come il primo nutrimento materno. Chi può negare, inoltre, che quando ci si innamora cambia il nostro rapporto con il cibo? Si mangia troppo o si mangia troppo poco. Senza amore, così come senza cibo, nessuno può vivere. «Il buon cibo è esplorazione, passione, seduzione, e diventa nutri- mento per le nostre illusioni», soste- neva l’antropologo Marino Niola. In effetti, senza tavola non c’è storia e non c’è amore. Una verità asso- luta, questa, che è stata raccontata per decenni dalla cinematografia italiana e internazionale. Saprebbe spiegarlo alla perfezione Babette Hersant, protagonista dell’iconico film Il Pranzo di Babette. Sfuggita alla repressione della Comune di Parigi, la cattolica parigina ringra- zia le anziane sorelle danesi per l’ospitalità con un gesto d’amore memorabile: utilizzare il denaro vinto alla lotteria per preparare un sontuoso pranzo da offrire a tutta la comunità. Il raffinato e commovente film del 1987 firmato da Gabriel Axel, ancora oggi, attraverso la sto- ria della cuoca generosa, veicola un concetto fondamentale: il pasto può diventare “festa” e al tempo stesso riscatto di errori e colpe, oltre che espressione massima di amore per l’altro. L’amore può essere anche tanto dolce, proprio il cioccolato: accade nel celeberrimo Chocolat del regista Lasse Hallstrom, tratto dall’omonimo romanzo di Joanne Harris. Se il cioccolato rimane sempre lo stesso, ad evolversi sono i sentimenti, le reazioni che que- sto provoca nei vari personaggi. Il cibo può anche fare miracoli, però. Come in Mangia, Prega, Ama con Julia Roberts protagonista, che si abbandona a un piatto di spaghetti per riconnettersi con se stessa, mentre in sottofondo risuona Bee- thoven. Insomma, cinema, cucina e amore ci hanno regalato narrazioni imperdibili sul piccolo e grande schermo: dagli indimenticabili primordi di Totò e Alberto Sordi con la La Grande Abbuffata a Sapori e Dissapori, in cui il sentimentalismo umano diventa l’ingrediente prin- cipale di una serie infinita di piatti deliziosi. Il cibo è sempre simbolo d’affetto potente, elemento fondante di intimità e connessione emotiva e amorosa. Non tutti conoscono la passione per la cucina e i piaceri della vita di Isabel Allende. In Afrodita. Racconti, ricette e altri afrodisiaci, l’autrice cilena, nota per il suo stile evocativo, ci trasporta in un mondo incredibile fatto di pozioni d’amore, zuppe ristoratrici e ingre- dienti capaci di risvegliare i sensi, in un racconto sempre giocoso e mai malizioso. Le materie prime utilizzate, sia per proprietà che per attribuzioni popolari e culturali, vengono definite “afrodisiache”. È il caso dell’avocado, che era ritenuto stimolante, tanto che i sacerdoti cattolici ne proibirono l’uso ai fedeli. O come il miele (non a caso si parla di “luna di miele” per i novelli sposi) che stimola la produzione degli ormoni sessuali. Allende, in effetti, passa in rassegna questi ingredienti, raccontando come questi contribui- scano a conservare la specie, pro- vocando conflitti o ispirando l’arte, ma sempre con la stessa radice: l’istinto umano della sopravvivenza. Il viaggio letterario alla scoperta del rapporto simbiotico di cibo e amore potrebbe continuare all’infinito, toccando Gabriel Garcìa Màrquez (e il suo Cent’anni di solitudine) e passando per Laura Esquivel, che in Come l’acqua per cioccolato ci parla del grande amore tra Tita e Pedro. Cibo e amore sono presenti nel racconto della disobbedienza di Adamo ed Eva, riportato nel Libro della Genesi, dove il verbo “man- giare” ricorre più volte. Anzi, sem- bra quasi che il peccato originale abbia a che fare con questa attività, essenziale e irrinunciabile nella vita delle persone. Sono presenti anche nella mitologia, sia greca che romana, dove mangiare non signi- ficava soltanto nutrirsi fisicamente, ma simboleggiava un ristoro per anima e cuore. Pensiamo al nettare e all’ambrosia, cibo prediletto degli dèi dell’Olimpo. A dominare erano proprio Afrodite, dea dell’amore e della bellezza, indiscutibilmente associata al cibo, e Bacco, dio del vino e dell’ebbrezza. Nutrimento e condivisione erano la logica di base di tavolate intere, spesso condivise anche con stranieri e vagabondi. Ma l’amore per il cibo (e il cibo d’amore), “che passa attraverso lo stomaco”, come recitava un vecchio proverbio popolare, ha veramente toccato ogni arte. Dalla pittura (Natura morta con frutta di Caravag- gio, Il bacio di Hayez) alla musica, dal teatro alla danza. E una ragione c’è. «Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene se non si è mangiato bene», scriveva Virginia Woolf. E come darle torto.