tour del gusto
Il pranzo della domenica degli italiani è un modello che piace in Usa: parola del New York Times
Un numero del magazine è stato interamente dedicato a storie e usanze del cibo italiano
C’è perfino una celebre commedia del 2003 diretta da Carlo Vanzina, dal titolo “Il pranzo della domenica”.
Momento sacrale, usanza all’italiana per eccellenza, della tavola domenicale s’è parlato di recente anche sul New York Times, come di «una tradizione seppur mutata nel tempo, resta sempre tale», come si legge nel commento a firma di Frank Bruni sul numero di maggio del magazine americano, interamente dedicato al cibo italiano. Celebrato come il pasto che da secoli unisce gli italiani in ogni angolo del mondo, il quotidiano internazionale ha raccolto alcune testimonianze eccellenti, fra le quali anche quelle dell’imprenditore Brunello Cucinelli, di Ghali e Nina Yashar. Il rapper e la gallerista, in particolare, hanno raccontato le abitudini delle loro tavole milanesi, fra cultura italiana e usanze autoctone (tunisina e iraniana). Il fil rouge c’è, nonostante le differenze geografiche e generazionali: «Se ci si siede a tavola insieme, va tutto bene», sentenziano gli intervistati, che hanno spiegato di aver voluto conservare un legame con la tradizione italiana del pranzo della domenica, ritenuta fra le più antiche in assoluto, simbolo di unione e convivialità. La lentezza del settimo giorno, vocato anche religiosamente al riposo, la concomitanza con le sacre celebrazioni della Pasqua e del Natale, fanno di questa giornata un unicum da celebrare con un menù tradizionale. Invidiato in tutto il mondo, il pranzo della domenica conserva una liturgia particolare, che viene illustrata dal giornalista americano di origini italiane come “pleasure of the table” (il piacere della tavola), che non ha un analogo inglese, «perché i britannici e gli americani non conoscono quel piacere come lo conoscono gli italiani». Frank Bruni, così, si abbandona a un ricordo d’infanzia: «Ricordo le domeniche quando mia nonna Angelina Bruni, immigrata a New York dal Sud Italia, trasformava la cucina e la tavola in un caos di pietanze e di specialità italiane, come le lasagne, le melanzane, le polpette, i calamari, il pollo, gli affettati. Non si trattava di un pranzo a più portate, quanto di un ricatto emotivo», ha scritto ironicamente il giornalista del NYT.
Eppure, già una quindicina d’anni fa, quando Facebook non aveva ancora fatto capolino nelle vite di tutti noi, Luciano Pignataro riportava nel suo blog le risultanze di una ricerca condotta dall’Accademia della Crusca proprio sul mito del pranzo della domenica mai tramontato: «Si registra l’usanza di sedersi attorno al tavolo per gustare un menù simile a quello di mezzo secolo prima per il 52% delle famiglie italiane: antipasto di salumi misti, pasta asciutta o ripiena, arrosto, patate e torta di mele –; scriveva il gastronomo campano - Vent’anni di sperimentazioni e mode alimentari non sono riusciti a intaccare il rito di un appuntamento fisso per gli italiani, caratterizzato da menu ispirati alle cucine regionali e tipiche, che trova nel Sud il suo baluardo più forte». Che il pranzo della domenica sia difficile da scardinare, effettivamente, lo pensiamo ancora oggi.