la sparatoria

Far West ai Tamburi, Caforio ricorre al Riesame: «Non ci fu alcun metodo mafioso»

francesco casula

Gli avvocati hanno presentato ricorso dopo l’ordinanza del gip

Nessun metodo mafioso da parte di Michele Caforio nello scontro a fuoco che portò alla morte del 45enne Carmelo Nigro. È quanto sosterranno dinanzi al tribunale del Riesame di Lecce gli avvocati Pasquale Blasi e Franz Pesare che assistono Caforio, omicida reo confesso, e arrestato dalla Squadra mobile nelle ore successive al far west alla “case parcheggio” al rione Tamburi nel quale, oltre a Nigro, perse anche la vita il 34enne Pietro Caforio, fratello dell'indagato.

Nell'ordinanza del gip di Lecce Angelo Zizzari emessa alcuni giorni fa, il magistrato ha pienamente confermato le conclusioni del gip di Taranto Giovanni Caroli che aveva ritenuto il delitto aggravato dalle modalità mafiose contestate dai pubblici ministeri Milto De nozza della Dda di Lecce e Salvatore Colella della procura ionica.

Tutto è cominciato da un diverbio per lo smercio di stupefacenti nella zona: il gruppo legato a Nigro avrebbe provato a «umiliare» gli avversari, incontrandoli pubblicamente in strada e minacciandoli con una pistola, ma soprattutto offendendo il loro prestigio criminale indicandoli come «morti» o «falliti». Parole che hanno scatenato la reazione di Pietro Caforio che si sarebbe scagliato contro Nigro che, secondo quanto ricostruito, avrebbe aperto due volte il fuoco colpendolo al torace e in pieno volto: Caforio è morto pochi giorni dopo in ospedale. La vista del fratello colpito ha causato l'intervento di Michele Caforio che avrebbe prima picchiato e poi disarmato Carmelo Nigro: e poi, dopo avergli rivolto l'arma contro, avrebbe sparato due colpi colpendolo anche lui alla testa e al petto. Nigro, detto «Scianghino» è morto sul colpo, ma l'azione non si sarebbe conclusa lì. I proiettili come detto avrebbero raggiunto anche il figlio della vittima, ma fortunatamente senza gravi conseguenze. Non solo. Michele Caforio, infine, avrebbe avvicinato anche un'altra persona, Vincenzo Fago detto «il nanetto» e avrebbe esploso verso di lui un solo colpo di pistola al ginocchio.

Le indagini della Polizia, con il supporto degli investigatori dell'Arma dei carabinieri, hanno permesso i breve tempo di chiudere il cerchio sulla vicenda: nonostante il clima di omertà, hanno infatti individuato Michele Caforio in un appartamento in centro. Gli investigatori sono riusciti a entrare nell'edificio a bloccarlo mentre era sulle scale che conducevano al terrazzo forse per darsi alla fuga. L'uomo inoltre, indossava abiti diversi da quelli che durante il conflitto a fuoco si erano macchiati di sangue: un elemento che per i pm Colella e De Nozza era indicativo del fatto che stesse cercando di eludere le attività investigative.

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